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Film: The Dig. La nave sepolta e la bellezza del tempo come antidoto all’incertezza.

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Scorrendo la home di Instagram, mi sono imbattuto per caso in una foto: la scoperta della statua di Antinoo – un giovane greco noto per la relazione sentimentale avuta con l’imperatore romano Adriano – durante gli scavi archeologici dell’antica città greca di Delfi (1894). Al centro dell’immagine, l’antico busto eretto in posizione verticale; ai due lati, volti di gente stupefatta. Malgrado lo scetticismo iniziale, è possibile che io abbia inconsciamente scelto di dare una possibilità a La nave sepolta (The Dig), l’ultima fatica del regista australiano Simon Stone, spinto da un bisogno istintivo di rinvenimento, e quindi sì, di meraviglia. Stare ad osservare attentamente quella fotografia, e per di più approfondirne la genesi, ha in un certo senso aiutato il coinvolgimento verso questo rigoroso progetto di ricerca.
LA NAVE SEPOLTA (THE DIG): NON UNA STORIA QUALUNQUE
Nonostante la trama possa sembrare noiosa, è un film per nulla pesante. The Dig ha un sapore delicato, uno di quelli che riesci a gustare fino in fondo senza neanche sapere il perché. Il tutto è reso pregevole dalle sfumature delle campagne inglesi e dal cast, in particolare dai due protagonisti, Carey Mulligan nel ruolo della proprietaria terriera Edith Pretty, e Ralph Fiennes, nei panni dell’archeologo autodidatta Basil Brown. Sarà proprio Edith, spinta dalle leggende locali che raccontano di un tesoro vichingo sepolto, a contattare Basil il quale, nel giro di poco tempo, scopre due cimiteri anglosassoni medievali e lo scheletro della nave funeraria lunga oltre 27 metri, appartenuta a re Raedwald, sovrano anglosassone dell’Anglia orientale del VII secolo. Il ritrovamento attira l’attenzione del British Museum, che invia sul posto l’archeologo Charles Phillips (Ken Stott), insieme agli assistenti Stuart Piggott e Peggy Preston (Ben Chaplin e Lily James).
LA NAVE SEPOLTA (THE DIG): QUEL PO’ DI FANTASIA CHE FA BENE
“Based on a true story”: è il monito di Simon Stone, anche se parte della storia è ampiamente romanzata. Ma poco importa. La cura dei particolari assume un’importanza che ha del minuzioso; per questo motivo, sarebbe un vero peccato stilare una lista delle differenze o inesattezze tra il romanzo e il lungometraggio. A firmare la sceneggiatura è Moira Buffini; a lei il merito di rivoluzionare enormemente un raffinato dramma d’epoca, abbandonando – soprattutto nella prima parte del lavoro – la consueta costruzione narrativa, tra teatro e cinema. Degni di nota, la fotografia di Mike Eley, conforme al periodo storico, e i curatissimi costumi di Alice Babidge, un’oasi di eleganza e piacere, quasi una rivendicazione pensata per gli occhi dello spettatore. Nessun abito, nessuna circostanza risulta banale, casuale; anche l’apparente sciatteria, dovuta al fango melmoso o alla polvere degli scavi, assume un’inguaribile raffinatezza.
LA NAVE SEPOLTA (THE DIG): OGGI COME IERI
The Dig è un’estensione della memoria, un cumulo di storie sfocate raccolte in un unico e grande significato. Nella primavera del 1940, con l’annuncio alla radio di Churchill, l’Inghilterra si appresta ad entrare nel secondo conflitto mondiale. Edith, sempre più stanca e malata, lascia in eredità il tesoro al British Museum, ma ad una condizione: Basil Brown deve essere riconosciuto come legittimo scopritore del tesoro. Ciò non avvenne, e il nome dell’archeologo è stato menzionato solo qualche anno fa. In un’intervista rilasciata alla BBC, Fiennes ci aiuta forse a capire come potremmo far nostro un messaggio così potente, un’esortazione dal sapore antico: “Penso che sia interessante che il film esca quando siamo in un altro periodo di incertezza a causa del Covid. Spero che le persone ne traggano un messaggio positivo, su ciò che possiamo ottenere attraverso uno sforzo e una determinazione comuni”. Nulla è per sempre. Ma l’archeologia, la cultura e la riscoperta del passato sembrano correre su un altro binario. Perché con fame di curiosità spesso si può consegnare alle generazioni future pezzi di storia necessari. Si può resistere alle bombe degli aerei, alle munizioni dei fucili. E sì, persino alla guerra.

Autore: Luigi Affabile.

Fonte: www.artribune.com, 16 feb 2021

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