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FARNESE (Vt). La fortezza etrusca di Rofalco.

Nel territorio dell’antica città di Vulci all’interno della Selva del Lamone (nell’odierno Comune di Farnese) sono stati portati alla luce i resti del centro fortificato di Rofalco attivo dalla metà IV all’inizio del III secolo a.C. che controllava la Valle del Fosso Olpeta.
Il sito già noto negli anni settanta è stato oggetto di varie campagne di scavo a partire dal 1996.
La cinta muraria, di forma semicircolare e della lunghezza di circa 330 m, ricomprendeva un’area di circa un ettaro e mezzo.
La struttura difensiva, costruita con grandi blocchi poligonali di trachite basaltica a secco, risulta conservata con uno spessore di circa sei metri ed un’altezza di circa quattro metri. Sul lato esterno, nel tratto nord-occidentale, vi sono almeno tre grandi torri a pianta quadrangolare e struttura piena di circa sei metri di lato e rampe di accesso che dovevano portare al camminamento.
Le torri sono disposte a distanza irregolare. La porta principale di accesso (ad est), costituita da due ambienti a pianta quadrangolare, posti in successione dall’esterno verso l’interno, era protetta da una quarta torre.
Una larga strada in ciottoli di pietra vulcanica attraversava il sito da est ad ovest e collegava vari nuclei edilizi, organizzati su grandi isolati orientati secondo due allineamenti principali.
All’interno delle mura sono state scavate strutture abitative (ivi compreso un grande edificio a sei ambienti), magazzini (ed in particolare un grande magazzino composto da cinque vani di uguali dimensioni – 6,5 m di larghezza x 13 m circa di lunghezza – con tracce di grossi dolia), caserme, laboratori, cortili.
Sono state individuate anche due cisterne per le esigenze idriche degli abitanti. Nella zona centrale, in particolare, vi era una grande cisterna circolare di 4 metri di diametro all’interno di un complesso terrazzato.
Il sito ha restituito prevalentemente ceramica di impasto, in particolare medi contenitori (olle) e grandi recipienti (dolia), ma anche buccheri e ceramica a vernice nera.
Tra le attività produttive del sito risulta ben attestata la tessitura: in quasi tutte le aree abitative sono stati rinvenuti pesi da telaio (oltre 200, in gran parte raggruppati), fuseruole e rocchetti. La cd. area 0 in particolare ha restituito 76 pesi da telaio concentrati in due vani ed alcuni di questi erano disposti su file parallele ed allineati ad una delle pareti del vano. In tal caso, più che ad un uso domestico, si è pensato ad un laboratorio tessile specializzato.
Il sito aveva funzioni di controllo militare del territorio ed immagazzinamento di derrate alimentari.
Una buona parte delle aree indagate presenta strati di bruciato ed un altro possibile indizio della fine violenta della fortezza troverebbe riscontro nel rinvenimento di proiettili di fionda fittili (anch’essi con segni di bruciato) intorno all’area dell’abitato, specialmente nella zona della porta. Secondo un’ipotesi la distruzione della fortezza di Rofalco potrebbe essere collegata al trionfo De Vulsiniensibus et Vulcientibus del console romano Tiberio Coruncanio del 280 a.C.

Per approfondimenti sul sito e sulla fortezza:
– Orlando Cerasuolo Luca Pulcinelli, La Fortezza di Rofalco. Vita quotidiana degli ultimi etruschi, 2010;
– Orlando Cerasuolo, Luca Pulcinelli, Rofalco un Castellum vulcente di età ellenistica, Scienze dell’antichità, 2013;
– Marco Rendeli L’oppidum di Rofalco nella Selva del Lamone in La romanizzazione dell’Etruria il territorio di Vulci a cura di Andrea Carandini, Regione Toscana Electa, 1985, pagg.60 – 61;
– sito internet: Archeoquaderni.it, Fortezza etrusca di Rofalco.

Le immagini, oltre alla pianta del sito, riguardano le mura, la porta, la torre presso la porta ed il magazzino.

Autore: Michele Zazzi – etruscans59@gmail.com

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