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CAVOUR (To). L’epoca romana rivive nel museo.

Conclusi i lavori di restauro, durati quasi mezzo secolo, il complesso monastico dell’abbazia di S. Maria si arricchisce ora di un’altra preziosa unità: sabato 21 (alle 15,30) sarà infatti inaugurato (all’interno del chiostro) il Museo archeologico di Caburrum con la prima sezione dedicata al lapidario romano, il terzo per importanza in Piemonte.

È un’opera che il paese attendeva da anni, soprattutto per veder “ritornare” a Cavour tutti i reperti archeologici dell’antica Forum Vibii, frutto di ricerche e ritrovamenti, spesso casuali, avvenuti durante gli scavi nell’area abbaziale già ai tempi dei primi restauri, negli Anni ’60, e poi spostati a Torino (dal 2000) per il loro recupero.

«Ora tutto è compiuto», ci spiega l’ex-sindaco Fenoglio, pochi giorni dopo la conclusione anticipata del suo quarto mandato, ma soddisfatto per aver raggiunto il suo obiettivo: lasciare questa ricca eredità ai cavouresi, «grazie all’intervento delle Amministrazioni, delle Soprintendenze ai beni architettonici, archeologici e culturali, della Regione Piemonte e all’impegno della Compagnia di S. Paolo».

Memoria storica dell’abbazia e di questo museo, Fenoglio ci mostra gli atti pubblici del 1962, un primo “mattone” da lui posto per questo museo: «Ero da poco stato nominato sindaco. Tra i tanti problemi che allora attanagliavano Cavour c’era lo stato deplorevole in cui versava l’antico complesso abbaziale e la chiesa, ormai al limite del crollo. Visto che molti enti e numerosi privati insistevano per un interessamento del Comune al recupero, mi misi al lavoro».

La prima perizia della Soprintendenza, redatta nel 1959, indicava la somma di cinque milioni di lire necessarie per i lavori di consolidamento e restauro del tetto. Fenoglio: «Il Comune stanziò un milione e mezzo del vecchio conio. Occorreva trovare il resto. E poi era necessario acquistare il chiostro, appartenente a privati».

Gli appelli del ragioniere non caddero nel vuoto e, nel 1964, arrivarono sei milioni da enti vari (tra cui anche dall’allora Banca di Cavour) e 14 milioni furono stanziati dallo Stato. Fenoglio: «Potemmo così avviare i primi lavori per scongiurare il pericolo del crollo di questa chiesa, fondata nel 1037 da Landolfo, vescovo di Torino, frutto di modifiche, distruzioni e ricostruzioni sulla cripta altoromanica più importante del Piemonte, opera straordinaria a tre navate con una grande abside e con l’altare romano più antico del Piemonte».

Va da sé che la prima parte del museo si aprì proprio con il recupero di questo altare e di tutto l’arredo che gli stava rinvenendo attorno: pavimenti, mura e colonne. Tutti i reperti, emersi successivamente con gli scavi, per anni furono custoditi nei locali della chiesa; poi, nel 2000, la Sovrintendenza incaricò la Docilia di Torino, ditta specializzata nel restauro, di ricomporre tutti i pezzi che sabato torneranno a “casa” (ordinati e catalogati) e dimoreranno in decine di teche allestite nei locali dell’antichissimo tinaggio.

L’arch. Gabriella Margaira della Sovrintendenza: «Sono tutti elementi che risalgono al I sec. dopo Cristo. Tra i pezzi più importanti il museo ospiterà anche il calco di Drusilla, moglie e sorella di Caligola, una donazione dell’epoca forse, mentre qui a Cavour si cercava di realizzare le terme».

Troveranno suggestiva esposizione anche i resti di un “oppidum” romano, oggi visibile attraverso una teca di vetro sul pavimento del tinaggio. Margaira: «Questa sala (al piano terra) a ragione sarà dedicata al municipio romano “Forum Vibii Caburrum”, che qui sorgeva, fondazione legata alla presenza nell’area di un luogotenente di Giulio Cesare, governatore della Gallia Cisalpina, tra il 45 e il 44 a.C.».

Da ammirare saranno anche la stele in pietra con la lupa e i gemelli e la stele di “Quinto Magnus”.

Spiega ancora l’arch. Margaira che ha curato la realizzazione del museo, suddiviso in tre parti: «Sussidi didattici accompagneranno il visitatore nella ricostruzione delle vicende storiche e nella presentazione delle testimonianze materiali ritrovate e che documentano i periodi più antichi di questo territorio, in previsione di ampliare il percorso anche nel giardino e fin sulla Rocca, per scoprire elementi di arte rupestre direttamente nell’ambiente».

Nelle teche di vetro, per ora, troveranno spazio i diversi epitaffi, i corredi tombali, piccoli oggetti della quotidianità del municipio romano della Forum Vibii, comprese le anfore rinvenute durante una serie di lavori, a poche centinaia di metri dall’abbazia, e il lapidario, comprendente iscrizioni a carattere pubblico e privato dall’età romana all’alto Medioevo.


Fonte: L’Eco del Chisone 18/06/2008
Cronologia: Arch. Romana

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