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CALVI RISORTA (Ce). Mistero su una tomba rinvenuta nell’antica Cales.

C’è un mistero in quella sepoltura di 2000 anni fa trovata alla periferia di Calvi Risorta, l’antica Cales.
Un rebus che gli archeologi della Soprintendenza archeologica di Napoli e Caserta, guidata da Maria Luisa Nava, sono impegnati a risolvere scientificamente. Perché se non si fosse ritrovato quel frammento di vetro dalla sagoma del tutto particolare nella tomba a cassa sistemata venti secoli fa nel monumento funerario, tutto sarebbe filato liscio e il rinvenimento sarebbe stato archiviato come uno dei tanti che si fanno nell’area, peraltro ricchissima di antiche testimonianze.
Il fatto è che il vetro si mostra diritto e ben levigato. A questo dato si aggiunge l’altro presentato dalla cassa di sepoltura: un unico blocco di tufo ma con un’apertura, piccola, di forma quadrata nella parete laterale. Perché il vetro di quella forma e perché l’apertura, nel sarcofago, quindi?
«Per adesso – suggerisce Colonna Passaro, l’archeologa responsabile dell’area – possiamo solo fare delle ipotesi, che peraltro vanno sostenute con ricerche e comparazioni. Una di queste considera quel frammento di vetro, così caratteristico per lo spessore e la lavorazione presentata, come appartenuto a una teca, posta all’interno della sepoltura, e spaccata durante il riutilizzo della tomba per altre inumazioni».
La cassa, difatti, è stata trovata in un monumento funerario, di pregio, con sepolture multiple. L’edificio, con fronte affacciato lungo una delle vie poste fuori del perimetro urbano di Cales (consentivano al centro di collegarsi con la via Latina) è stato datato in un periodo compreso tra il secondo secolo avanti Cristo e il II secolo dopo Cristo e deve essere certamente appartenuto a una famiglia importante dell’area.
Tra le altre presenta la caratteristica di essere costruito a ipogeo, vale a dire che la camera delle sepolture è interrata in un banco di ignimbrite, prodotto vulcanico della maggiore eruzione esplosiva avvenuta nell’area campana quasi 40 mila anni fa.
Nel sarcofago, oltre ai resti umani si sono trovati anche gli elementi classici per i corredi tombali dell’epoca: vasetti di vetro, balsamari e colombine (boccette di profumo di vetro a forma di colomba; si spezzava il becco e si prelevava l’essenza) messi dai parenti del defunto. Un’altra ipotesi, difatti, considera anche che quel frammento di vetro possa essere derivato da uno degli oggetti descritti prima. Così come si pensa possa trattarsi di scheggia appartenuta al fondo piano di un’urna cineraria, che conteneva le ceneri del defunto.
Infine c’è ancora una eventualità, definita dagli addetti ai lavori di quasi nessuna probabilità, che vorrebbe il frammento vitreo appartenuto (caso unico al mondo per l’epoca) a una sorta di oblò – finestra di forma quadrata incastrata nell’apertura del sarcofago di tufo.
«Queste – dice l’archeologa – le ipotesi su cui lavoriamo. Qualunque sia il risultato, tuttavia, resta il fatto che dovunque mettiamo le mani, Cales ci restituisce il suo passato, perché anche dove troviamo una semplice tomba ci viene data la possibilità di capire qualcosa in più di un’area su cui si hanno pochissime notizie in quanto mai è stata fatta oggetto di indagini approfondite».

 


Fonte: Archemail Newsletter 08/06/2007

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