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ASCOLI SATRIANO (Fg): Torna alla luce una mensa gioiello – E’ come quella dell’Ultima Cena.

Era il modo di banchettare dei ricchi Romani nel tardo impero, tutti distesi su un solo gran divano semicircolare, lo stibadium, che girava attorno ad un tavolo circolare. Un modo più intimo e selettivo dell’usuale triclinio con grandi letti rettangolari per più persone. Più adatto ad una società che dal IV secolo in poi si faceva sempre più esclusiva ed elitaria. Gran lusso solo per pochi, questo era lo stibadium. Ne parlavano tutti gli autori della tarda antichità ed è raffigurato su pitture, mosaici, rilievi. Diventa il modo classico di dipingere l’Ultima Cena (il banchetto più esclusivo di tutti) con Gesù al posto di estrema destra riservato al commensale più importante. Uno schema che rimarrà inalterato per tutto il medioevo fino a Leonardo da Vinci.

Ma finora nessuno stibadium era sopravvissuto fino ai giorni nostri. Erano generalmente mobili di legno con cuscini, e nelle ville antiche rimane al massimo lo spazio semicircolare dov’erano collocati. Solo in due ville, a Roma ed in Spagna, vicino Cordoba, si sono trovati basamenti semicircolari in muratura molto semplici.

Ora invece in Puglia, nella villa di Faragola, vicino ad Ascoli Satriano, è venuto alla luce uno stibadium in muratura veramente eccezionale, costruito apposta per la sala da pranzo della villa e tutto rivestito di marmi pregiati. E con la fronte decorata a mosaico con marmi colorati, tessere di vetro e foglia d’oro, ed ai lati due bassorilievi con menadi danzanti e serpenti. Una vera ostentazione di ricchezza con persino l’acqua corrente a tavola che veniva raccolta in una vasca al centro. E’ stata proprio l’acqua a trarre inizialmente in inganno l’archeologo Giulio Volpe dell’Università di Foggia, che da tre anni scava la villa di Faragola e presenta oggi ad Ascoli la bella scoperta.

“Ero convinto che fosse una splendida fontana a decoro della grande sala rettangolare – racconta- anche se non capivo bene dove si potessero collocare i triclini”.

Mentre ora tutta la scena risulta chiara. I commensali, distesi sullo stibadium al fondo della sala, ammiravano i servitori giungere scenograficamente con le portate oppure spettacoli di musici, danzatori e giocolieri. E tra uno spettacolo e l’altro ammiravano di fronte a sé i “tappeti di vetro” inseriti tra i marmi colorati del pavimento, cioè lussuosissimi pannelli fatti di tante lastre di vetro con preziosi inserti in avorio, marmi e legni pregiati. Un’opera di fattura orientale raffinata e rarissima, ce ne sono solo a Corinto e il piccolo tondo coi pesci di Rimini. Che sono però di solo vetro e decoravano pareti, non pavimenti come a Faragola.

“Opere così delicate e fragili poste snobisticamente a terra sono un’ostentazione di ricchezza incredibile, una vera stravaganza”, continua Volpe. “Anche un po’ kitsch. I ricchi Romani avevano gusti grossolani”.

E i signori di Faragola erano ricchi davvero, membri dell’antica e potente famiglia senatoria degli Scipioni Orfiti. Grandi latifondisti che rifornivano di grano Roma e, specie dal IV sec. d.C. in poi, vivevano più nella loro tenuta di campagna che in città. Perché allora le relazioni, i giochi politici, si tessevano in villa e non nell’urbe. Si passava la giornata con ospiti illustri a pranzo o alle terme, e infatti quest’anno a Faragola sono venute alla luce terme grandi e bellissime con marmi e mosaici, sale per giochi e palestre. Ancora gran lusso.

Faragola era la Piazza Armerina di Puglia.

Fonte: La Repubblica 03/08/2005
Autore: Cinzia Dal Maso
Cronologia: Arch. Romana

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