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Angelo DI MARIO: Disco di Festo.

Come visto, nel mondo anatolico possiamo imbatterci in testi difficili, frammentari, spesso non del tutto traducibili, a causa della mancanza, anche tra questi, di sufficienti bilingui; ci possiamo trovare persino davanti al Disco di Festo, così enigmatico, a causa della sua unicità; nessun’altra iscrizione gli è simile; i monosillabi che la compongono rappresentano ideogrammi sconosciuti, non rintracciabili tra quelli in uso a quei tempi; certamente si sarà trattato di una prima scrittura, di un popolo scomparso, distrutto dal turno dei vincitori; anteriore sia alla lingua cretese Lineare A, sia a quella B; tuttavia penso che in qualche punto dovrebbe pure suggerire almeno minime corrispondenze.

Lo presento per dimostrare che non è poi tanto facile scovare le parentele, specie in questo caso.

Diciamo qualcosa sul Disco: fu trovato nel 1908 ad opera dell’archeologo italiano Luigi Pernier nello scavo del palazzo di Festos, ora al Museo di Iraklion, a Creta; subito attirò la curiosità di studiosi e dilettanti, ma conserva intatto fino ad oggi il suo mistero. Nell’impossibilità di attribuire un suono ad ogni figura, si è ricorso alla numerazione; anche questo sistema è oggetto di diverse attribuzioni; siccome il disco è rotondo; le parole corrono lungo una spira, sia da un lato che dall’altro; i ricercatori si sono detti: ma dove comincerà la scrittura? Dal centro? Dalla periferia verso il centro? Andando verso dove? Sono nati ovviamente gruppi contrapposti, ognuno per la sua strada, in su, in là, in giù. Ma a ben guardare, almeno i disegni (scrittura a ideogrammi, alfabetica o sillabica) che rappresentano un ideogramma comprensibile, procedono dal centro verso l’esterno, seguendo la destra di chi scrive; l’uomo che cammina (1), la testa crestata (2), la testa rasata (3), l’uomo con le braccia dietro la schiena (4), la persona, quasi di fronte, ma girata appena verso lo scrivente (5), la bambolina (6), la testa di maiale (19), la testa di capra (30), l’uccello che vola (31), il piccione (32); queste figure sono tutte rivolte nel senso del movimento destrorso, verso l’uscita, a partire dal centro; come dire che percorrono la via della spira andando verso l’esterno, l’uscita; quindi è impossibile un procedere retrogrado; chi scrive, riproduce l’immagine rivolta verso la sua destra; non scrive con un’immagine al contrario. Inoltre non rimane semplice lo scrivere andando verso il centro; si può arrivare troppo distante, o non bastare più la creta, oltrepassando il centro; al contrario, dal centro, si marcia con sicurezza; al limite, se non bastasse il disco preparato, rimane sempre la possibilità di aggiungere altra creta sufficiente; c’è poi persino il taglio sull’ultima spira, che separa la penultima, per continuare fino alla parola che chiude l’iscrizione; l’inversione, andare a destra, poi a sinistra, per salire, non va considerata proprio; altro problema, sembra quello che lo scriba abbia usato degli stampi, per il suo lavoro, strumento difficile da immaginare, suppongo non indicativo; nel caso invece fosse stato possibile, avrebbe dovuto costituire uno strumento idoneo a stampare più copie, più documenti, facilmente reperibili, se non se ne trovano, come pare, forse quel sistema fu fatto subito distruggere, magari per motivi religiosi…, contrari alla prassi sacrale; comunque mostro il Disco con la sequenza reperita su Internet, la cui scrittura, come accennato, per alcuni, dall’esterno, dopo un giro, svolta a sinistra fino al centro; il Godart invece parte dalla sillaba indicata con il numero 31 spingendosi fino al centro, secondo la numerazione che figura più sotto; comincia insomma dall’ultima parola, seguendo al contrario l’andamento della scrittura, delle figure; quella mia parte invece dal centro, dalla sillaba 31 (1), per giungere, per entrambe le facce, alla fine, posta nel solco d’uscita, estremo.

Louis Godart parte dalla fine, gira a sinistra, fino al centro.
Testo A: (dal basso, 31) 2-12-13-1-18/ 24-40-12/ 29-45-7/ 29-29-34/ 2-12-4-40-33/ 27-45-7-12/ 27-44-8/ 2-12-6-18/ 31-26-35-2-12-41-19-35/ 1-41-40-7/ 2-12-32-23-38/ 39-11/ 2-27-25-10-23-18/ 28-1/ 2-12-31-26/ 2-12-27-27-35-37-21/ 33-23/ 2-12-31-26/ 2-27-25-10-23-18/ 28-1/ 2-12-31-26/ 2-12-27-14-32-18-27/ 6-18-17-19/ 31-26-12/ 2-12-13-1/ 23-19-35/ 10-3-38/ 2-12-27-27-35-37-21/ 31-1/ 10-3-38

Numerazione delle parole: verso destra: B) 32-33-34-35-36-37-38-39-40-41-42; svolta a sinistra, verso il centro: d) 43-44-45-46-47-48-49-50-51-52-53-54-55-56-57-58-59-60-61

Louis Godart, dall’esterno, parte finale, gira a sinistra fino al centro:

Testo B: (da 61) 2-12-22-40-7/ 27-45-7-35/ 2-37-23-5/ 22-25-27/ 33-24-20-12/ 16-23-18-43/ 13-1-39-33/ 7-17-1-18 15-22-37-42-25/ 7-24-40-35/ 2-26-36-40/ 27-25-38-1/ 29-24-24-20-35/ 16-14-18/ 29-33-1/ 6-35-32-39-35/ 2-927-17/ 29-36- 7-8/ 29-8-13/ 29-45-7/ 22-29-36-7-8/ 27-34-23-25/ 7-18-35/ 7-45-7/ 7-23-18-24/ 22-29-36-7-8/ 9-30-39-18-7/ 2-6-35-23-7/ 28-34-23-25/ 45-7

Testo A: numerazione unica mia, sempre destrorsa, con le figure che camminano in avanti, dal centro alla fine: 1-2-3-4-5-6-7-8-9-10-11-12-13-14-15-16-17-18-19.20-21-22-23-24-25-26-27-28-29-30-31

Testo A: (da 1 > 31) 38-3-10/ 1-13/ 21-37-35-27-27-12-2/ 38-3-10/ 35-19-23/ 1-13-12-2/ 12-26-31/ 19-17-18-6/ 27-18-32-14-27-12-2/ 26-31-12-2/ 1-28/ 18-23-10-25-27-2/ 26-31-12-2/ 23-33/ 21-37-35-27-27-12-2/ 26-31-12-2/ 1-28/ 18-23-10-25-27-2/ 11-39/ 38-23-32-12-2/ 7-40-41-1/ 35-19-41-12-2/ 35-26-32/ 18-6-12-2/ 8-44-27/ 12-7-45-27/ 33-40-4-12-2/ 34-29-29/ 7-45-29/ 12-40-24/ 18-1-13-12-2

Testo B: dall’altro lato, a partire dal centro fino alla lineetta terminale, molto indicativa; se si osserva bene, infatti vi sono impressi quattro punti evidenti: 32-33-34-35-36-37-38-39-40-41-42-43-44-45-46-47-48-49-50-51-52-53-54-55-56-57-58-59-60-61

Testo B: (da 32 > 61) 19?-7-45/ 25-23-34-29/ 7-23-35-6-2/ 7-18-39-30-9/ 8-7-36-29-22/ 24-18-23-7/ 7-45-7/ 35-18-7/ 25-23-34-27/ 8-7-36-29-22/ 7-45-29/ 13-8-29/ 8-7-36-29/ 1-27-9-2/ 33-39-32-35-6/ 1-33-29/ 18-14-16/ 35-20-24-24-29/ 1-38-25-27/ 40-36-26-2/ 35-40-24-7/ 25-42-37-22/ 18-1-13-7-15/ 33-39-1-13/ 43-18-23-16/ 12-20-24-33/ 27-25-22/ 5-23-37-2/ 35-7-45-27/ 7-40-22-12-2

Nel testo A notevole la parola ripetuta due volte 21-37-35-27-27-12-2, sarà certamente il nome di un personaggio, di una divinità, composto da una radice (21-37), seguono cinque desinenze: la prima (35), una doppia (27-27), termina con due altre finali (12-2); potrebbe trattarsi anche di qualche voce verbale, tipo il cretese L. A (a-)DIK-i-te-te-du-Bu-re ‘hanno danneggiato’ (in -dabure, qualcuno, con uno stralcio omofonico, ci trova il dapurito- ‘il labirinto’; dapuritojo potinija ‘del Labirinto Signora’); se consideriamo il luogo del ritrovamento, la sicura predominanza dei Luvi nel periodo così antico, possiamo immaginare un sistema anatolico del tipo (–)-(–)-ka-sa-sa-na-ma, (–)-(–)-ka-ta-ta-na-sa, (–)-(–)-ka-na-na-ta-sa, (–)-(–)-na-sa-sa-ta-si…, gruppo desinenziale preceduto da due sillabe significanti, la radice monosillabica; proponiamo esempi, tanto per fornire generiche indicazioni formali: *SI-K-a-na-ta-ta-la-na, *A-R-e-ka-ta-ta-ra-sa…; *SA-R-a-ka-na-na-ra-sa, itt. MA-R-a-s-sa-n-da, luvio par-a-t-ta-n-za, ham-su-q-qa-la-ti.…urarteo qaBq-a-r()-su-()u-la-la-ni ‘avevano accerchiato’; notevoli le numerose uscite desinenziali in -12-2, ci confermano che in sostanza doveva trattarsi di una delle tante desinenze più note: -na-sa, -sa-na, -n-zi, -n-ti, -la-na, -ta-re… Considerare anche le parole articolate: 7-45/ 7-45=7/ 7-45=29; in evidenza, solo se si cammina dal centro verso l’esterno, stessa radice, più due diverse desinenze, o particelle (-k…); deve trattarsi di qualche particella introduttiva, o un dimostrativo: na-sa, nu-za,…na-() “dunque, e..”; oppure ‘questo’…, ‘di questo’…, ‘e/ con/ per questo’…”Questo qui/è di/ dedicato a/ posto per…”; infine va interpretata la lineetta trasversale che figura alla base dei seguenti segni iniziali; potrebbe trattarsi del determinativo I/ uomo, o altro: A) 35, 26, 1, 26, 26, 1, 38, 7, 18; B) 8, 7, 8, 7, 8, 5.

Anche le finali dovrebbero fornire una qualche indicazione: Testo A: 10/ due volte; 13/ due volte? 2/ quattordici volte; 31/ due volte; 28/ una volta; 39/ una volta; 1/ una volta; 27/ due volte; 29/ due volte; 24/ una volta (dieci uscite diverse). Testo B: 45/ una volta; 29/ sei volte; 2/ cinque volte; 9/ una volta; 22/ quattro volte; 7/ tre volte; 27/ tre volte; 6/ una volta; 16/ due volte; 13/ una volta; 33/ una volta (undici uscite diverse): vanno configurate con la frequenza dei suoni.

Per quanto riguarda possibili indicazioni sul tipo di scrittura, oltre a scorrere i sistemi antichi, tutti ideografici (v. Alfabetos de Ayer y de Hoy), ma che si irrigidirono nel cuneo, sarebbe utile osservare anche quelli con cui si esprimeva l’eteo geroglifico; vi si troverà un sistema simile, arcaico; certamente una civiltà comune, ma differenziata tra le etnie, che per esprimersi usava ideogrammi indoeuropei; con il tempo si verificò, anche nel nostro ambito, lo sviluppo dei simboli, stilizzati graficamente, ma che rappresentavano ancora barlumi dei disegni ideografici primitivi (A, B..M, N..); lo scopo da raggiungere era quello di procedere con maggiore scioltezza per fini pratici tramite veloci alfabeti; una comoda conclusione di quelle scritture, troppo complesse e imprecise.

Per un confronto con finali di altre lingue propongo qualche iscrizione:

LUVICO:
dSAN-tas LUGAL-us dANN-a-ru-mie-n-zi ASH-a-nu-wa-n-ta KU-i-n-zi WASS-a-n-ta-ri LU.MESLUL-ahi-n-za-s-tar HUPP-a-ra-n-za KU-i-n-zi HISH-ia-n-ti
· > dSAN-tas LUGAL-us dAN-a-su-Fie-s-si ASHa-nu-Fa-s-sa KU-ie-s-si WAS-a-s-sa-si gli uomini LUL-aha-s-sa-s-sas HUP-a-sa-s-sa KU-i-s-si HISH-i-a-s-si
· “Dio Santa, il re, con i dei Anassi/ di AN, di sangue che vestono, gli uomini LULassa seguono che (vestono) legati.”

LYDIAN CORPUS, text 6:
ess vanas Siwamlis Arma/wlis ak-it qis esL vanaL/ buk esvav qis antolan buk esv/av laqrisav fensLibid/ fak-av wissis niwissev/ warbtokid
“Questa tomba (è) siwaFli armaFli (*Siwassis *Armassis, ‘di Siwa, il Lunare’). Ora chi questa tomba, o questa camera, o questo recinto danneggia, ora il focolare e l’abitazione (gli) brucino.”
Notare wanas, da *F-annas < *FAT-nas, tirseno M-utna.

LYCIAN CORPUS, 13: ebenne xupa mene/ prnnawete Pddazanta/ Xzzubezeh tideimi/ hrppi ladi ehbi se tideime/ ehbije
“Questa tomba qui ha costruito Fdaxanta di Xsubeze figlio, per la moglie e i figli propri.”
Xupa, per la varianza ks/s, e p/th (tis/ pis/ quis), potremmo accostarla al tirseno suthi < *suphi, *ku-shi.

C. Consani e M. Negri, TESTI MINOICI TRASCRITTI, p. 217/ 218: atai*301wae adikitete-()/ ()da piteri akoane A/sasarame unarukanati/ ipinamina siru() inajapaqa
“Chiunque commetta sacrilegio/ danneggi, oppure rompa l’immagine di (della dea) Asara, (costui) sia ucciso con il taglio della testa, o con la corda (impiccato).”
Analisi: ata*301wai, gr. étis án, ó ti án, etisoûn, otioûn; adikitete(), a- protetica, radice DIK, gr. a-dikéo, desinenze -se-se(), passate a -te-te(), tipo l’osco TER-e-m-na-t(e)-te-n(e)-s(i) < *TER-e-m-na-se-se-s-si, lat. TER-mi-na-ve-ru-n-t(i); ()da ‘oppure’(?), gr. kaítoi, dé; pit-e-ri < *pite-si ‘rompa’; akoane, gr. eikón ‘icona’; Asasara-me, deriva dalla radice AS ‘luce/ dio/ signore’, con le tante derivazioni, tuttora leggibili: VES-uvio, ES-tate; con F > PH interno scopriamo il gr. *eFais-tos > É(ph)ais-tos ‘Fuoco/ Vesuvio’, tirs. VES-ia, lat. VES-ta, gr. ES-tía, tirs. VES-ti-ri-ci-na-la < *FES-ti-ri-si-s-sa ‘per l’accoglienza nel focolare’, ASia ‘(terra) del Sole’; ma, se la cerchiamo lontano, ecco l’ittita AHHijava/ ACHaivia/ *ASija ‘paese degli Achei’ (s > ch/k/h), il lidio AS-nL ‘ad Atena’, con il gr. ATH-e-nâ, per *ASena; LIA, 4, osco: Fetenis kam Asanas Metapontinas sup medikiai Aoudeieis “C. Vettenio Cam. (pone, offre) ad Atena metapontina, sotto la magistratura di Audio.” (V. Pisani, Le lingue dell’Italia antica oltre il latino, LIA, p. 49; nota: laconico Asánas, Asanân = Athenôn); eteo GAL.SALLUGAL HA-Su-s-ras ‘granderegina Assara’ (P. Meriggi, Manuale di eteo geroglifico, Testi – 2a e 3a Serie, p. 254); unaru-kana-ti ‘si uccida’, gr. apo/epi-kTeíno ‘uccido’ (T infisso), itt. kuen-zi ‘uccide’ < *kuene-si ; ipinamina, gr. epinémo ‘divido, taglio’; siru(), gr. kára ‘testa’, káre(ti) < *kare-si (s > k, s > t); inajapaqa, inaja-pa-qa ‘con la corda-e-oppure’; gr. enía ‘corda > briglia’, miceneo anija-pi, strumentale plurale (J. Chadwick, Lineare B, p. 129).

Il lettore, a questo punto, anche con altri confronti, può spingersi a comporre un testo qualunque; ma per trarre i significati non immaginari, occorre un’opera di cesello: mettere nel posto giusto la sillaba giusta per risalire al valore verbale di ogni termine, quello proprio che lo scriba aveva voluto indicare.


Mail: adimario2@yahoo.it
Autore: Angelo Di Mario
Link: http://www.etruschi-tirseni-velsini.it

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