Archivi

ALBENGA (Sv). In salvo le anfore di Albingaunum.

Sono 2.100 anni, mese più mese meno, che dormono sotto le onde. Un tempo potevano contenere olio, vino o cereali, trasportati da una costa all’altra del Mediterraneo lungo quelle vie commerciali sulle quali viaggiavano merci, uomini e culture al tempo in cui il Mare nostrum era la culla della civiltà. Oggi sono la casa di scorfani, mustelle, polpi, astici e murene. Sono le anfore sepolte al largo dell’Isola di Gallinara, paradiso naturalistico prediletto dai gabbiani reali al largo di Albenga (Savona).
Sono affondate nel Mar di Liguria oltre due millenni fa insieme alle navi onerarie romane che le trasportavano e sono rimaste per sempre lì, a cinquanta metri di profondità, indisturbate dall’uomo e dalla natura. O quasi, se si considera il movimento inconsueto di alcune imbarcazioni che, nottetempo, sono state avvistate aggirarsi proprio nel tratto di costa che custodisce i due relitti con il loro prezioso carico. Allo scopo di trafugare reperti da rivendere al mercato nero? O magari di praticare quella pesca “a bolentino” che proprio nei fondali frastagliati e scoscesi come quelli caratterizzati dalla presenza di relitti trova la sua location ideale?
Ci hanno voluto vedere chiaro, i carabinieri della Compagnia di Alassio, allertati da alcuni cittadini. Nel timore che qualcuno mirasse a intaccare quel tesoro coperto dalla salsedine, non hanno esitato a chiedere l’intervento dei colleghi del Centro Carabinieri Subacquei di Genova per un sopralluogo sui siti archeologici.
Non un’ispezione di routine, ma una vera e propria indagine, condotta con la competenza e il rigore di cui i sommozzatori dell’Arma sanno dare costantemente prova, avvezzi come sono a scandagliare fondali alla ricerca di indizi, prove di reato, antichi reperti. Un’accurata mappa fotografica della zona, realizzata proprio dai carabinieri subacquei in anni di monitoraggio, inoltre, avrebbe loro permesso di cogliere immediatamente il benché minimo ammanco o spostamento di materiale nei relitti.
Agli occhi dei sommozzatori dell’Arma lo scenario si è offerto, tuttavia, rassicurante: tutte al loro posto sono apparse le antiche anfore che dovevano probabilmente servire a sfamare la fiorente città di Albingaunum, fondata nel II secolo a.C. nella baia riparata dall’Isola di Gallinara. Unica traccia di un illecito passaggio umano, qualche frammento di rete da pesca rimasto impigliato tra i manufatti, a denunciare il tentativo, evidentemente fatto da alcuni pescatori, di gettare le reti proprio lì, dove tante creature del mare hanno trovato comodo riparo. Una scelta pericolosa non solo per le loro reti, ma anche per le anfore che, piene di sabbia, sono troppo pesanti per essere sollevate dalle reti, e rischiano quindi di andare in frantumi. Insieme a duemila anni di storia.

Fonte: Il Carabiniere, luglio 2010.

Segnala la tua notizia