Come molti ricorderanno, nel 1998 Claudio Gallazzi e Bärbel Kramer fornirono la prima descrizione di un ignoto papiro che era allora posseduto da un collezionista di Amburgo per poi essere acquistato, nel 2004, dalla Fondazione per l’Arte della Compagnia di San Paolo di Torino. Cominciò da allora una parabola che ha visto protagonista, dagli altari alla polvere, questo manufatto antico (molto antico, se è vero che il metodo del radiocarbonio ha confermato la sua datazione tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., già inferibile su base paleografica). Dagli onori della mostra torinese del maggio 2006 a Palazzo Bricherasio allo stress del restauro, nello stesso anno, presso il Laboratorio di Papirologia dell’Università degli Studi di Milano Statale; dalla nuova mostra al Museo Egizio di Berlino nel 2008 (anno dell’editio princeps, curata da Gallazzi, la Kramer e Salvatore Settis) all’esposizione, nell’ottobre del 2014, presso il Museo di Antichità di Torino, fino ai nostri giorni, in cui, dopo polemiche infinite, giace quasi dimenticato in un deposito ignoto ai più.
Cui bono? C’è da chiedersi se sia questo il destino che merita un rotolo che si presenta come un reperto di straordinario interesse. Ciò, vorrei sottolineare, a prescindere dalle opinioni discordanti che su di esso, soprattutto in Italia, sono state espresse: la sua presunta falsità, la questione del restauro e le proposte alternative di ricostruzione bibliologica, l’urgenza di promuovere nuove analisi fisico-chimiche (sebbene la maggioranza dei risultati di quelle finora effettuate sembrerebbe propendere per l’autenticità). Lungo circa due metri e mezzo, il papiro ha un ricchissimo contenuto. Trasmette infatti frammenti dell’opera geografica in undici libri (Geographoumena) di Artemidoro di Efeso (II-I sec. a.C.); frammenti dello scritto di un anonimo filosofo-retore sulla geografia; una carta geografica, raffigurante verosimilmente una regione della Spagna; e infine una serie di curiosi disegni, che riproducono sul recto alcune parti anatomiche, sul verso animali reali o fantastici. Tutto ciò, tra le altre cose, sembra smentire clamorosamente quanti, prima della scoperta del Papiro di Artemidoro, ritenevano che in area mediterranea il libro illustrato non avesse un valore editoriale di particolare pregio. Questo implica che, oltre al contenuto, il rotolo in questione arricchisce significativamente anche le nostre conoscenze sugli aspetti materiali e iconografici degli antichi manoscritti.
Sono forse maturi i tempi per riaprire il caso Artemidoro. L’occasione è data da una circostanza fortunata: l’imminente pubblicazione del primo dei due monumentali volumi dell’edizione dei Geografi antichi, curata da Carlo Lucarini per la Bibliotheca Teubneriana, la più prestigiosa tra le collane esistenti di edizioni critiche di testi greci e latini. L’opera, che, su iniziativa della Cattedra di Papirologia dell’Università degli Studi, sarà presentata in anteprima a Torino nei prossimi mesi, contiene l’edizione dei frammenti dei geografi attivi fino alla Battaglia di Azio (31 a.C.), tra i quali Ecateo, Eratostene e appunto Artemidoro, del quale ultimo si offre anche una nuova ricostruzione dei frammenti trasmessi dal nostro papiro. È dunque il momento giusto per sensibilizzare le parti migliori della città affinché il Papiro di Artemidoro possa rivedere la luce.
Una nuova mostra avrebbe un insperato successo di pubblico. Ma se non si è disposti a giungere a tanto, è almeno da auspicare che si riesca a collocare il reperto nel posto che merita: non un caveau, ma una sede decorosa, sicura e illuminata, in cui sia messo finalmente a disposizione degli studenti, dei dottorandi e degli studiosi italiani e stranieri che desiderino ispezionarlo! L’Università di Torino, su iniziativa della Cattedra di Papirologia, potrebbe chiederlo in comodato d’uso e creare attorno ad esso le condizioni per l’allestimento del primo nucleo della futura collezione papirologica universitaria. Apparentemente tutto questo potrebbe sembrare un azzardo o un sogno velleitario, ma chi ha sufficiente intelligenza comprende che si tratta semplicemente di un appello al buon senso. C’è da augurarsi che non finisca col trasformarsi in un ennesimo caso politico, o, ancor peggio, col rimanere lettera morta per via di occulti veti incrociati.
Autore: Christian Vassallo
Fonte: www.otto.unito.it 13 mag 2025