Archivi

POMPEI – Furto di affreschi e pronto recupero da parte dei Carabinieri.

Ritrovati gli affreschi. Erano in un cantiere abusivo ormai chiuso da due anni, non lontano dall’area archeologica. Già imballati, pronti per essere trasferiti forse a casa di un ricco collezionista che ha commissionato il furto.

Uniche testimoni mute del saccheggio sono due figure dipinte duemila anni fa su una parete: i “Casti Amanti”, che un artista immortalò nell’atto di scambiarsi un tenero e delicato bacio e che hanno dato il loro nome alla casa sepolta dai lapilli e dalla cenere eruttati dal Vesuvio nel ’79 dopo Cristo.

I predoni hanno avuto gioco facile, perchè non c’erano sistemi di sicurezza a proteggere il tesori che volevano saccheggiare. Sono entrati negli scavi archeologici di Pompei per mettere a segno un colpo, probabilmente su commissione, che ha del clamoroso, e ci sono riusciti. Hanno rubato due affreschi. Il primo (47 centimetri per 43) raffigura della frutta e un gallo che becca una melagrana. Il secondo è un medaglione dal diametro di 33 centimetri: ritrae un erote, cioè un amorino, su fondo bianco. Nel carnet dei ladri di opere d’arte era annotato dell’altro: un quadretto con murene e pesci, un’altra figura di erote e un grifone. Non ce l’hanno fatta a protarli via, probabilmente un rumore sospetto li ha disturbati. Ma hanno arrecato comunque un danno enorme: gli affreschi, semidivelti, sono caduti in mille pezzi sul pavimento. Poi sono scappati, lasciando come unico indizio una fetta di pizza addentata. Nessuno è ancora in grado di dire quando esattamente i predoni siano entrati in azione: probabilmente in un giorno imprecisato della settimana scorsa. Del furto ci si è accorti solo sabato scorso, quando un custode ha notato a terra i frammenti di quello che fino a poco prima era un meraviglioso affresco, una formidabile testimonianza di un’arte e di una cultura che hanno resistito per duemila anni. Ha dato l’allarme, ha chiamato i carabinieri che hanno avviato le indagini. Hanno dovuto constatare, gli investigatori, che per i banditi è stato davvero uno scherzo entrare e rubare: l’Insula dei Casti Amanti, che custodisce reperti fra i più preziosi dell’area degli scavi archeologici, è facilmente accessibile perchè confina con un terreno privato e scarsamente sorvegliata perchè da sempre chiusa al pubblico: l’accesso, oltre che evidentemente ai ladri, è riservato solo agli studiosi. A proteggere l’edificio con i suoi tesori non c’è neanche una telecamera, perchè il sistema a circuito chiuso è stato distrutto dalle fiamme tre mesi e mezzo fa e mai riattivato.

Dunque, solo gli studiosi (e i ladri) hanno potuto osservare la Casa dei Casti Amanti, un edificio-bottega dotato di un panificio e di un forno con macine. L’eruzione del Vesuvio, al contrario dei ladri, ha risparmiato molte pitture e decorazioni ancora incompiute al momento dell’esplosione del vulcano.

I responsabili degli scavi di Pompei sono sconfortati, devono incassare il colpo proprio nei giorni in cui stanno dando grande pubblicità alla nuova iniziativa delle visite serali degli scavi illuminati. “Sono sconcertato, da vari anni non si erano più verificati furti all’interno dell’area archeologica mentre è stato potenziato il servizio di vigilanza”, commenta il sovrintendente Pietro Giovanni Guzzo. “Dopo la denuncia ai carabinieri abbiamo avviato un’indagine interna – dice il direttore amministrativo Giovanni Lombardi -. I risultati saranno portati a conoscenza dei carabinieri”. I quali indagano, come si suol dire, a 360 gradi: non possono escludere, quindi, che le informazioni giuste ai ladri siano state passate da una talpa che del complesso archeologico sa tutto. “Vuole la verità? Io vedo segnali di un pericoloso ritorno all’anarchia negli scavi – dice Luigi Necco, ex giornalista Rai attualmente presidente dell’azienda del turismo di Pompei -. I segnali sono numerosi. Primo: a dicembre ai custodi fu affidata, dopo sette anni di lotte e rivendicazioni, la gestione dell’impianto di telecamere di controllo che il fuoco ha distrutto e che non è stato ancora riattivato. Secondo: dopo che gli stessi custodi hanno ottenuto il controllo dei biglietti, curato in precedenza da una società privata, sono stati trovati trenta visitatori che non avevano pagato il ticket”. Mentre gli esperti che hanno recuperato i frammenti si preparano al lungo e complesso restauro degli affreschi danneggiati, i custodi protestano: “La questione della sicurezza dei reperti archeologici deve essere affrontata immediatamente. E’ inutile che ci diano le divise se nessuno poi ci mette in grado di lavorare”, è il commento di Michele Germano, sindacalista della Cgil, che ha ricordato i furti e gli atti vandalici precedenti a quello messo a segno nella Casa dei Casti Amanti: i medaglioni dipinti trafugati dalla casa di Pasquio Proculo, la lapide scomparsa di Obellio Firmo, lo sfregio di uno dei dipinti del Lupanare.

Il tesoro è stato ritrovato.

A tre giorni dal furto, gli affreschi rubati nella Casa dei Casti Amanti sono tornati a casa. Alla gioia per il ritrovamento, però, si aggiungono l’amarezza e la preoccupazione per le condizioni in cui si trovano i reperti, danneggiati perché i ladri li hanno letteralmente strappati dalle pareti dell’edificio che fa parte della città distrutta dal Vesuvio duemila anni fa.

Il colpo di scena di quello che ormai può essere definito a pieno titolo il “giallo della Casa dei Casti Amanti” risale alle due dell’altra notte, quando i carabinieri sono entrati in un cantiere in disarmo non lontano dall’area degli scavi archeologici. Cantiere chiuso da due anni, sigillato perché abusivo. I tesori rubati venerdì notte erano lì, già imballati, pronti per essere trasferiti in un luogo sicuro, forse la casa di un ricco collezionista con pochi scrupoli che aveva commissionato il furto. I predoni dell’arte, però, non hanno fatto in tempo a fare sparire la refurtiva. “Subito dopo il trafugamento – spiegano i carabinieri – abbiamo assediato la zona con molti uomini, creando un cordone impossibile da superare”. Pompei è stata davvero assediata in questi giorni dagli uomini in divisa.

Da quando gli affreschi erano scomparsi, la malavita non aveva certo avuto vita facile in una zona dove la camorra ma anche la delinquenza spicciola controllano ogni genere di traffico illegale. Gli investigatori parlano anche di una “rete informativa” che avrebbe funzionato a dovere, e all’arrivo della “dritta” giusta sono intervenuti subito, e con successo. Ma il soprintendente agli scavi archeologici, Piero Giovanni Guzzo, non nasconde la sua preoccupazione: il problema, dice, riguarda a questo punto le condizioni dei dipinti recuperati e soprattutto del resto delle pareti affrescate nella Casa dei Casti Amanti, che i ladri hanno rovinato per asportare i “pezzi” più interessanti. “Sul pavimento dell’edificio abbiamo trovato molti frammenti, ma mancano delle particelle che forse sono andate perdute – spiega ancora Guzzo -. Il restauro sarà molto difficile, non so neanche se riuscirà del tutt”. Ora che il tesoro è stato ritrovato, gli inquirenti formulano alcune ipotesi sul furto. Che sono sostanzialmente tre. La prima: i ladri hanno agito su commissione, cioè per incarico di un collezionista d’arte antica forse residente all’estero, e pronto a tutto pur di assicurarsi gli affreschi di Pompei. La seconda: ad entrare in azione negli scavi è stato un gruppo di balordi che hanno asportato in malo modo i dipinti (tanto da danneggiarli) per poi piazzarli al migliore offerente sul mercato clandestino. La terza, non meno inquietante: il “colpo” nella Casa dei Casti Amanti è stato un atto vandalico commesso da chi, non si sa per quali motivi, può avere interesse a gettare discredito sulla gestione del complesso archeologico. Un fatto è certo: per i predoni è stato un gioco da bambini entrare negli scavi e fare man bassa degli affreschi. L’antico edificio non era sorvegliato con le telecamere, che sono fuori uso da tre mesi. Proprio su questo punto insiste il ministro dei beni culturali, Giuliano Urbani, che, se da un lato si congratula con i carabinieri per la soluzione del caso, dall’altro si dice preoccupato: “Ho disposto un’indagine interna, bisogna appurare le eventuali responsabilità per il mancato funzionamento dei sistemi di controllo. L’esito felice e tempestivo delle indagini nulla toglie alla gravità di un furto che ha procurato un grave danno all’immagine del nostro Paese a livello internazionale”.
Autore: Fulvio Milone
Cronologia: Arch. Romana

Segnala la tua notizia