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OVADA (AL) – Nella storia.

In epoca pre-romana, venne probabilmente popolata dai Liguri, un popolo, che ben presto Roma fagocitò, nelle sue guerre, prima contro i Galli Senoni, stanziati in Italia, e poi, quando iniziò la penetrazione romana, verso la Gallia, vera e propria, fino a quando non se ne occupò direttamente Giulio Cesare.

In epoca antica, Ovada era probabilmente un piccolo municipio. Da quello che si è potuto raccogliere, sembra che Ovada si chiamasse Vada o Vado, da guado, per la confluenza di due fiumi, che i romani, notarono subito con attenzione, ed è plausibile che abbiano deciso di presidiarne il guado.
Certo Ovada, o Uvada, fa pensare più ad un nome di paese dell’uva, come suono orecchiabile, ma in realtà, a quei tempi, tra i due fiumi c’erano quasi certamente foreste e boschi intricati, ed una macchia da briganti e predoni.
E a quei tempi, non doveva essere uno scherzo passare da queste parti, di notte senza luci o lampioni e senza un servizio d’ordine pubblico. Più avanti, in epoca Cesariana, un generale romano dell’esercito di Giulio Cesare, tal Dolabella, sembra che capitò in queste contrade, e raccontò di una biforcazione con due fiumi, tra colline e alture gibbose ed ondulate. Dolabella, venne, vide e proseguì; ma le forze romane, tennero presente la zona, che permetteva di presidiare degli ingressi alla penisola italiana, dalla Gallia Narbonense e transalpina.
Anche se i romani avevano bisogno di sorvegliare i fiumi e sapere chi veniva e andava, per parare invasioni e migrazioni di barbari, cioè stranieri, a quanto pare, in Ovada non ci fecero molto; qualche costruzione, forse una stazione di cavalli, un piccolo presidio armato.
Ovada, in epoca romana, rientrava sotto la sfera delle province italiche al di sopra del Rubicone. Pare che Decimo Bruto, citasse queste contrade, in alcuni suoi scritti a Cicerone. Per il resto la storia di Ovada sotto Roma, è avvolta dall’apatia, e ottenebrata dai lustri passati.

Dell’epoca romana si perde il ricordo nelle successive ondate barbariche, che cancellarono quel poco che i romani avevano costruito nell’ovadese.
Di resti romani non resta nulla, almeno sino ad oggi, nulla è emerso, al contrario delle vicine Acqui (Acquae Statiellae) e Tortona (l’antica Derthona).

Crollato lo stato romano, di Ovada e dintorni si perdono le tracce e cala un sipario di oblio; sino ad arrivare a ridosso dell’età medioevale.
Nell’età di mezzo, si ritrovano tracce di Ovada nell’alto medioevo, e pare che il nome Vadum, derivi da una parola semi-volgare, che stava per “guado”del fiume.

Intorno al 964 d.C., a quanto pare, l’imperatore di Germania Ottone I, cedette il borgo di Ovada, ai marchesi Aleramo; questi, a loro volta, se ne disfecero, cedendola ai Malaspina. Per alterne vicende, pure questi la persero cedendola a Genova.

E da allora in poi, Ovada si resse in bilico, in un altalena penosa e onerosa, tra potenze e staterelli, grandi e piccoli, passando di mano in mano, ora sotto l’influsso di Genova; ora, attraversata da eserciti invasori affamati ed in lotta tra di loro.

In epoca Napoleonica, Ovada dovette barcamenarsi e rigirarsi, stretta tra i conflitti tra francesi ed austriaci; come appare puntigliosamente e fedelmente trascritto nei verbali della municipalità Ovadese, tra il 1799 e il 1800. Questi annali sono stati pazientemente tradotti e decifrati, ed offrono un reportage vivido e compunto di quegli anni, inquieti e travagliati.
Fonte: Redazione
Autore: Stefano Merialdi
Cronologia: Arch. Romana

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