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Neanderthal: nessuna prova di inferiorità cognitiva.

Non esiste alcuna solida prova che i Neanderthal fossero cognitivamente inferiori agli esseri umani anatomicamente moderni, e che sarebbe stata questa “inferiorità” a decretarne l’estinzione dopo l’incontro fra le due specie. A questa conclusione sono giunti Paola Villa dell’University of Colorado Museum e Wil Roebroeks dell’Università di Leiden dopo aver condotto una rassegna sistematica delle più recenti ricerche sui Neanderthal, pubblicata sul “PLoS ONE”.
Per la scomparsa dei Neanderthal, che avevano prosperato in Europa da circa 350.000 fino a 40.000 anni fa, sono state avanzate diverse ipotesi, per lo più incentrate su qualche loro presunta inferiorità rispetto a noi: non avevano un linguaggio o una capacità di comunicazione simbolica complessa; erano cacciatori meno efficienti; disponevano di strumenti e armi più primitivi; o, ancora, avevano una dieta limitata che li mise in una situazione di svantaggio competitivo rispetto agli esseri umani moderni dalla dieta molto più ampia e flessibile.
“La prova dell’inferiorità cognitiva semplicemente non c’è. La visione convenzionale dei Neanderthal non è vera”, ha detto Paola Villa. Ricordando che i reperti di molteplici siti archeologici europei indicano che i Neanderthal cacciavano in gruppo pianificando azioni complesse, per esempio spingendo branchi di bisonti, mammut o rinoceronti lanosi verso un burrone, come è testimoniato da ritrovamenti in Francia e nelle isole del Canale.
Microfossili e tracce di cibo trovato fra i denti di neanderthaliani provano che nella loro dieta rientravano piselli selvatici, ghiande, pistacchi, semi erbacei, olivi selvatici, pinoli e datteri, a seconda di quello che era disponibile localmente. Inoltre, nei siti che abitavano sono state trovate tracce di pigmento ocra, che poteva essere usato per la pittura del corpo, e anche ornamenti: tutti dati che, considerati complessivamente suggeriscono che i Neanderthal avessero rituali culturali e una comunicazione simbolica.
Secondo Villa e Roebroeks – che hanno esaminato ben 11 ipotesi sulla scomparsa “per inferiorità” dei Neanderthal – il travisamento delle loro capacità cognitive “può essere legato alla passata tendenza dei ricercatori a confrontare i Neanderthal vissuti nel Paleolitico medio con l’uomo moderno vissuto nel più recente Paleolitico superiore, dopo che era stato fatto un salto tecnologico”.
Alla scomparsa dei Neanderthal, sostengono gli autori, avrebbero contribuito più fattori, fra cui l’incrocio con gli esseri umani moderni unito a una minore densità delle popolazioni neanderthaliane. L’ipotesi dell’incrocio era stata in genere fortemente respinta prima che diventasse disponibile la prova genetica di una certa commistione, e questo nonostante la presenza di fossili di Neanderthal di epoca più tarda con alcune caratteristiche anatomiche umane moderne.
“L’originario contributo dei Neanderthal alla biologia umana moderna (avvenuto 40.000 anni fa, pari a circa 2000 generazioni, con un tempo di generazione di 20 anni) – scrivono Villa e Roebroeks – può essere stato maggiore di quello che suggeriscono le stime basate sulle regioni genomiche degli esseri umani di oggi. L’incrocio fra Neanderthal e uomo moderno potrebbe aver contribuito all’adattamento di quest’ultimo ad ambienti non africani, ma anche alla presenza di alleli mal tollerati che hanno contribuito alla sterilità maschile degli ibridi, riducendo così la percentuale di ascendenza neanderthaliana a quella che osserviamo oggi.

Fonte: http://www.lescienze.it , 06 maggio 2014

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