Le grotte di via Posillipo, uno dei tanti “scrigni” che segnano la storia culturale di Napoli e, nel caso in argomento, l’immenso, antico, patrimonio nascosto sottoterra, sono resti e per ora tali rimangono a memoria oramai incalcolabile, di un tipo di archeologia (pure industriale), dimenticata, peggio ancora abbandonata a se stessa.
L’appello a recuperarle e salvarle da un’indifferenza generale atavica, continua sempre vivo ed attuale: le “grotte di via Posillipo” non possono, non devono essere lasciate ad un inglorioso destino. Il rischio di tanto è forte ed il classico baratro sempre più vicino. Eppure, nel quartiere Posillipo, si “conoscono solo” o almeno così sembra, altri vicini “tesori”, quali il parco Virgiliano, la grotta di Seiano, il parco archeologico del Pausilypon, le testimonianze di ville imperiali romane (che affacciano direttamente sul mare!), e così via. Ma nessuno, o quasi, avrebbe mai sentito parlare delle grotte di via Posillipo, all’altezza per essere precisi del civico 228, che si celano tra i palazzi del posto, velate -tanto per completare ‘degnamente’ lo scenario- da una cupa quanto selvaggia vegetazione spontanea, tra lucchetti e cancelli d’ingresso arrugginiti.
Originariamente erano cave per l’estrazione del tufo, anch’esse di probabile origine romana, ma che nella seconda metà del secolo scorso hanno ospitato, entro una sorta di ‘ventre naturale’, diverse aziende e opifici, depositando così, accanto ad un sito d’interesse archeologico, anche numerosi relitti di variegata storia industriale, durata più di mezzo secolo.
Entrando (qualcuno ne ha avuto l’opportunità, la possibilità e, quindi, di raccontare…), ci si ritrova subito ad attraversare un’altissima conca, in fondo alla quale, fin da lontano, si intravede una vecchia ed impolverata Fiat Seicento. Non cosÌ vecchia, però, quanto le automobili che – si aggiunge ⁃ sarebbero state parcheggiate proprio tra queste grotte, dopo aver fatto parte del corteo organizzato nel 1938, in occasione della visita napoletana di Hitler. Si noterebbero poi, nell’ombra, le statue di un angelo e di due leoni, senza che ci si meravigli, atteso che l’edificio alle spalle, sorvegliato dalle tre sculture, ha ospitato fino al 2006 una fonderia artistica, l’ultima attività che ha chiuso definitivamente la variegata vicenda industriale di questo luogo, apparentemente misterioso. Tra le officine e gli altri locali del su nominato piccolo opificio, viene spiegato ancora, si lasciano attenzionare soprattutto i cospicui cartelli e segnali, affissi a tutela della sicurezza dei lavoratori. in virtù dei diversi fattori di rischio come schegge ed emanazioni tossiche. Ma tra queste stesse mura, precedentemente (dal 1955 al 1964), furono operative le officine meccaniche della Compagnia Italiana Dragaggio, adibite alla “costruzione e riparazione di macchine edili” ed alla costruzione di “draghe industriali escavatrici”, come è dato leggere anche sul sito ufficiale delle “grotte di via Posillipo”. In effetti, la documentazione storica relativa parte dagli anni della seconda guerra mondiale quando, nel 1942, la struttura venne acquisita dalla Società Anonima Napoletana Industrie Belliche (SANIB), sostituita I’anno successivo dall’Industria Meccanica (SANIM) che, soprattutto con la fine della guerra, cessò la produzione di armi e si dedicò alla “produzione di pezzi di ricambio per macchinari ed alla costruzione di navi e galleggianti”.
L’intreccio e le forme delle ampie cavità sotterranee -si osserva- replicano di certo la maestosità di una cattedrale scolpita nella roccia naturale. Lungo le pareti delle cave si notano diverse fenditure verticali, ritenute utili fin dai tempi antichi per le opere meccaniche di scavo della roccia, che avveniva” infilando nella pietra cunei di legno dilatati con infiltrazioni d’acqua”.
L’impressione è che le molteplici stratificazioni della storia impreziosiscano la suggestività di questo luogo che, con la sua superficie di 4.720 metri quadrati, risulterebbe sul mercato per investimenti…
Ma non tutti sanno che, al di sotto della superficie esterna di Napoli, esiste un’immensa città sotterranea, dove si cela una rete di percorsi che compongono quasi l’immagine rovesciata della versione sovrastante.
I visitatori più curiosi vanno a caccia di questi spazi nascosti, concentrati per lo più nel centro antico, preparato maggiormente al turismo. Le molteplici stratificazioni della storia impreziosiscono la suggestività di questo luogo: le “grotte di Posillipo”, ormai chiuso da decenni in un silenzio tombale. E che, malgrado tutto, va assolutamente recuperato e valorizzato, tra le icone identitarie che Napoli continua a dimostrare, a giusto vanto ed orgoglio.
Autore: Gennaro D’Orio – doriogennario@libero.it













