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Michele Zazzi. La Tomba del Leone (o del Pozzo) a Chiusi (SI).

Nel 1892 lo scavino Oreste Mignoni scrisse all’allora Soprintendente alle Antichità d’Etruria Adriano Milani segnalando il ritrovamento di una “grande tomba” sulle pendici occidentali di Poggio Renzo (a Chiusi) sormontata da un tumulo.
chiusiL’ipogeo risultava già esplorato in passato (forse da Alessandro François nel 1846) e dietro la camera sepolcrale di fondo ed in comunicazione con la stessa vi era stato scavato un profondo pozzo cilindrico (l’ipogeo infatti è noto anche come la tomba del Pozzo) di circa 20 m, probabilmente realizzato da scavatori clandestini.
L’archeologo Francesco Gamurrini che vide la tomba, sempre nel 1892, riferì che era decorata da pitture che si erano conservate solo in parte e che il loro stato era comunque “miserevole”. Terminati i rilievi la tomba fu richiusa per evitare ulteriori violazioni.
Nel 1911 la tomba venne riaperta per riprodurne le pitture oggi non più visibili: l’intervento fu coordinato da Edoardo Galli e gli acquarelli furono realizzati da Augusto Guido Gatti.
L’ipogeo, posto nelle adiacenze della tomba della Scimmia, presenta lungo dromos, lungo le cui pareti si trovano tre nicchie e due piccole celle ed un ampio vestibolo che si apre su tre camere disposte a croce. Il vestibolo misura m 3,20 di lunghezza e m 4,35 di larghezza; delle tre camere la più grande è quella di fondo (lungh. 3,50 m; largh. 4,45 m).
Le pitture per quanto possibile sono ricostruibili sulla base delle descrizioni e dei disegni pervenutici. Nell’atrio sul timpano sopra l’ingresso della camera di destra vi erano due felini (leonesse o pantere?) affrontati, che hanno dato il nome alla tomba. Tra le altre rappresentazioni dell’ipogeo vi erano una scena di banchetto, forse figure di atleti, uno sgabello ed accanto ad esso un giovane nudo nell’atto di indossare un mantello (un premio per la vittoria di una gara?), due personaggi maschili ammantati muniti di lunghe trombe/litui.
Relativamente ai materiali nella tomba sono stati trovati frammenti di vasi attici a figure rosse, ceramiche sovraddipinte attribuibili al Gruppo Sokra, vasellame a vernice nera, ceramica a decorazione ornamentale e vasetti miniaturisti.
Dei corredi facevano parte anche uno scarabeo in sardonica con la raffigurazione di una dea alata che trasporta il corpo di un eroe accompagnata da un’iscrizione che potrebbe essere letta turan e ainias e che raffigurerebbe l’apoteosi di Enea trasportato dalla propria madre ed una lastrina in oro con personaggio femminile che sostiene con le braccia due cavalli.
All’interno della tomba sono anche stati rinvenuti frammenti lapidei, coperchi displuviati e frammenti di urne e di sarcofagi attestanti il rito incineratorio e quello dell’inumazione.
Dalla documentazione risultano anche frammenti di bronzo relativi a vasi ed oggetti vari che non è stato possibile rintracciare.
Dai materiali si desume che la tomba fu utilizzata dal V al III secolo a.C.
Alcune iscrizioni sui monumenti funebri farebbero pensare che la tomba sia appartenuta alla famiglia Rapalni o Rapni. Su una camera risulta anche un’iscrizione sull’intonaco che sembrerebbe riferita al dio Aita / Ade.
La tomba del Leone di regola è visitabile.

Sulla tomba del Leone cfr., tra gli altri:
La Tomba del Colle nella Passeggiata Archeologica a Chiusi a cura di Monica Salvini, Giulio Paolucci, Pasquino Pallecchi, Edizioni Quasar, 2015, pagg. 53 e 138 e ss.;
– notizie sulla tomba tratte dal sito Facebook del Museo Nazionale Etrusco di Chiusi, in particolare cfr. post del 18 luglio 2019.

Autore: Michele Zazzi – etruscans59@gmail.com

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