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EGITTO. Nella stanza segreta il mistero della sacerdotessa.

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Un muro di 2600 anni nascondeva quattro sarcofagi mal conservati di sacerdoti appartenenti al regno della XXVI dinastia dei faraoni (688-525 a.C.) e una maschera d’argento sorprendentemente di elevata purezza.
Sono i ritrovamenti avvenuti di recente nella necropoli di Saqqara, a 30 km a sud del Cairo.
egittoNel sito funerario, dove gli archeologi lavorano dal 2018, i ricercatori dell’università di Tubinga hanno individuato la stanza ‘segreta’ con i nuovi tesori, che si pensa fosse utilizzata per la mummificazione.
A darne notizia è stato il Consiglio superiore delle antichità egizie, assieme all’ateneo tedesco.
Uno dei sarcofagi apparteneva a una donna di nome Didibastet, sacerdotessa di un misterioso culto. La conferma in una maschera d’argento dorata posta a protezione del volto della mummia. Gli archeologi hanno testato il materiale usando la fluorescenza a raggi X: l’analisi ha mostrato che la maschera è stata fabbricata con argento puro al 99,07%, una quantità superiore allo standard dell’argento di oggi
La salma di Didibastet sembra sia stata sottoposta a un processo di mummificazione con la rimozione degli organi interni del corpo, poi messi all’interno di sei vasi, che furono sigillati e conservati nella tomba.
egittoLo studio delle iscrizioni sui muri e sui sarcofagi ha mostrato che la camera era riservata al viaggio ultraterreno di sacerdoti e sacerdotesse di una misteriosa divinità raffigurata come un tritone. Di questa dea si sa poco, ma gli studiosi ritengono che il suo culto sia fiorito durante la XXVI dinastia, nell’epoca della costruzione della necropoli.
Il professore Ramadan B. Hussein dell’Università di Tubinga ha spiegato che la sacerdotessa Didibastet aveva accanto a sé non solo i tradizionali quattro vasi canopi – con all’interno i polmoni imbalsamati, lo stomaco, l’intestino e il fegato del defunto – ma altri due barattoli in terracotta. Le scansioni tomografiche computerizzate dei due vasi sconosciuti suggeriscono che contengano tessuti umani non ancora identificati.
Tra i manufatti recuperati è stata accertata la presenza di tracce di bitume, olio di cedro, resina di cedro, resina di pistacchio, cera d’api, grasso animale, olio d’oliva e olio di ginepro.

Fonte: www.repubblica.it, 9 mag 2020

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