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ATRIPALDA (Av). Emerge dal sottosuolo una tomba macedone.

Nel sottosuolo atripaldese giace la tomba macedone di via Tufara. I rilevamenti effettuati hanno confermato la presenza del reperto archeologico a 10 metri di profondità. A 6 metri invece si troverebbe la sommità della tomba, una volta a botte costituita da blocchi squadrati di pietra calcarea con una perfetta regolarità. A causa del maltempo le operazioni hanno subito qualche rallentamento, ma alla presenza dei tecnici, del sindaco Spagnuolo, del consigliere delegato alla cultura Barbarisi, del presidente della pro loco atripaldese Labate e di vari curiosi, è stata accertata l’esistenza di una camera interrata risalente al quarto o terzo secolo avanti cristo.
La datazione antecedente all’età graccana, quindi, consente di anteporre l’origine degli insediamenti umani nella nostra regione di quasi sette secoli rispetto all’antica civita romana di Abellinum. Il consigliere Barbarisi ha dichiarato che “un’ulteriore indagine potrebbe essere fattibile, ovvero un carotaggio del terreno, ma ritengo che non sia necessario, anche perché rischierebbe di danneggiare ulteriormente l’area interessata. In questo momento non sappiamo se l’ipogeo sia danneggiato o meno, sicuramente la scala di accesso alla tomba è stata toccata dalla realizzazione dei sottoservizi, dai movimenti di terra che ci sono stati nel corso degli anni. Del resto, dagli anni ’50 in avanti, la zona è stata lentamente urbanizzata, si può solo immaginare da quanto tempo la tomba subisca maltrattamenti, visto che il primo rilievo risale al 1881”.
Ci sono testimonianze, infatti, che la tomba venisse usata anche durante la seconda guerra mondiale come rifugio antiaereo, e che quindi fosse accessibile negli anni ’40 e nel primo dopoguerra, ma che negli anni ’60 ciò non fosse più possibile.
“Grossomodo l’abbiamo rilevata – continua Barbarisi – nel punto in cui veniva rilevata dall’ingegner Tascone oltre un secolo fa, quindi anche con una certa precisione per l’epoca. Uno dei migliori topografi che abbiamo mai avuto in Italia, si è occupato anche dei rilevamenti dell’area archeologica di Pompei, che ancora oggi combaciano con quelli più recenti. Quindi una grande bravura, ma anche strumenti che, nonostante fossero poco tecnologici, erano molto precisi”.
Come crede si integrerà un eventuale scavo archeologico in una zona abitata?
“Purtroppo il nostro paese è arretrato sotto questo punto di vista, scontiamo ciò che non si è fatto negli anni ’50-’60. Del resto i nostri genitori uscivano dalla grande guerra, c’erano altre priorità. L’Italia devastata andava ricostruita, si è fatto quello che si doveva fare. Ora che ce n’è la possibilità la nostra idea è quella di mettere insieme il patrimonio che abbiamo e quindi di generare un sistema basato soprattutto sull’archeologia, perché è il nostro patrimonio più forte. Inizialmente la necessità principale era quella di accertare la posizione dell’ipogeo. Successivamente andremo a capire come renderlo fruibile. Sarà strutturato un progetto di recupero, di valorizzazione. Speriamo che per novembre sarà già possibile sfruttare una finestra aperta sulla misura 1.9 della Regione Campania e quindi presentare un prospetto adeguato.”
Quindi lei ritiene che la scoperta possa aprire la strada a scavi in altri lotti?
“Questo è l’auspicio. A questo punto è l’interesse generale che deve predominare, perché c’è in gioco anche una prospettiva economica che può essere sfruttata. Abbiamo un patrimonio che è degno di essere valorizzato, ma la comunità e l’amministrazione atripaldesi vanno aiutate ad intervenire in tal senso. C’è bisogno di fondi. Non dimenticato che abbiamo 150mila metri quadrati di parco a disposizione, 15 ettari circa, ma siamo stati in grado di sfruttare solo 5mila metri circa. La tomba macedone è un elemento del sistema, forse il più importante, della rete museale che bisogna creare”.
Tuttavia, con la recente notizia dei fondi negati a Giullarte, c’è poco da sperare per la tomba.
“Non conosco i criteri di valutazione che hanno utilizzato e hanno portato all’esclusione di Giullarte. Posso solo sperare che sia stata di merito. Purtroppo in questo meccanismo una volta si è vinti e una volta vincitori. Certo dispiace, visto che era un evento molto seguito che andava avanti da 17 anni. L’anno scorso avevamo fatto 300mila presenze nell’arco di 3 giorni, che sono sintomatiche di un’economia che si è generata. Atripalda vive di commercio, di terziario, ha strutture ricettive come alberghi e ristoranti, di sicuro è una grave perdita. Io mi auguro che ci possa essere una finestra riparatoria, alla luce anche di tante rimostranze di altri sindaci che minacciano ricorsi”.
Tornando alla tomba, cosa si aspetta per la città di Atripalda dopo questo ritrovamento?
“Ora ci attende una sfida importante, speriamo non la sfida dell’amministrazione da presentare al delegato di turno, ma la sfida di una città intera che può pensare al futuro. Del resto non possiamo immaginare di continuare a basare la nostra economia sulla costruzione di palazzi. Possiamo fare archeologia, possiamo creare un sistema museale, possiamo fare cultura, ma è necessario anche costruire la passione generale verso questo argomento. Attraverso lo spiraglio della misura 1.9, o anche attraverso l’Europa, possiamo avere delle ottime possibilità. Dopotutto Pompei non è unica nel suo genere. Questa è la sfida per il futuro, e noi ci metteremo l’impegno”.

Fonte: http://avellino.ottopagine.net , 12 ago 2013

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