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SESSA AURUNCA (CE). Nel fondo del mare le tracce dell’antico porto di Sinuessa.

Li hanno ritrovati a 10 metri sott’acqua, a circa 800 metri dalla battigia, tra Baia Azzurra e il rio San Limato: 24 enormi blocchi rocciosi, tutti simmetrici, che servivano verosimilmente a delimitare i punti di attracco. E, a qualche centinaio di metri di distanza, più in prossimità della costa, un tratto di strada ben conservato, parallelo alla linea del litorale, nel quale i basoli sono ancora perfettamente distinguibili.
Sono le tracce dell’antico porto di Sinuessa, colonia romana fondata nel 296 a. C. a difesa dell’accesso costiero dalla Campania Felix al Latium adjectum, da secoli sommerso dal mare. Sono state rinvenute grazie ad una campagna di ricerca geomorfologica e geoarcheologica avviata nei mesi scorsi dal Comune di Sessa Aurunca, che ha stipulato a tal fine una convenzione con l’Enea.
Tre ricercatori – i geologi Carmine Minopoli e Alfredo Trocciola, e l’ingegnere chimico Raffaele Pica – coadiuvati dal dirigente del settore Ambiente del Comune, Pasquale Sarao, hanno trascorso l’estate a georeferenziare col Gps il tratto di mare prospiciente il sito di Sinuessa, una delle cinque città che formavano la cosiddetta “Pentapoli Aurunca” (le altre: Ausona, Minturnae, Suessa e Vescia).
LE IMMERSIONI – E poi, una volta individuati i resti, hanno compiuto immersioni per approfondire le indagini e prelevare campioni da analizzare. Per il momento si è ancora ad uno stadio iniziale, ma gli elementi emersi consentono già di abbozzare una prima tesi sulle cause dell’inabissamento: “Le strutture sommerse di origine antropica collocate ad una tale profondità – spiega Sarao – sono in netta discordanza con i dati disponibili in letteratura che indicano un innalzamento del livello marino, tra Gaeta e Napoli, di circa un metro negli ultimi 2mila anni. Per cui, è logico pensare ad eventi naturali di una certa importanza. Non un singolo evento catastrofico, ma piuttosto una somma di eventi. Probabilmente in prima battuta un terremoto, seguito forse da uno tsunami. Abbastanza perché il porto divenisse inutilizzabile e fosse abbandonato”.
LE FONTI STORICHE – Le fonti storiche non sono d’aiuto. Di sicuro, però, di Sinuessa – che aveva vissuto il suo momento d’oro tra il II secolo avanti Cristo e il primo dopo Cristo, quando divenne una meta ambitissima dall’aristocrazia romana, anche in virtù della presenza delle acque termali – si perdono le tracce nel V secolo. Ma il suo porticciolo – verosimilmente utilizzato per trasferire le anfore del pregiatissimo falerno verso porti più importanti, come quelli di Minturno, da cui avrebbero fatto rotta per il Mediterraneo – non è escluso che a quell’epoca fosse già scomparso. Anche perché i resti archeologici su terraferma mostrano un abbandono del sito già a partire dalla fine del III secolo.
La ricerca, comunque, riprenderà in primavera: sono in programma ulteriori indagini per la ricostruzione tridimensionale della struttura portuale e per la ricerca di evidenze morfologiche legate a fenomeni naturali. “Ci avvarremo di tecnologia sonar – sottolinea Sarao – ma anche del laserscan Enea ad altissima risoluzione”

Fonte: Corriere del Mezzogiorno, 4 dic 2012

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