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ROMA. Il tesoro che il mondo ci invidia. Intervista a De Caro.

Un’esperienza professionale maturata all’interno dell amministrazione dei beni culturali. Carenze di organico e una normativa antiquata ostacolano il pieno sviluppo del settore. La capacita di spesa delle Sovrintendenze influenzata da diversi fattori. La finanziaria 2008 non affronta i veri problemi del settore.

Prof. De Caro, nella recente tornata di nomine il Ministro Rutelli le ha affidato l’incarico di Direttore Generale per i beni archeologici, un settore di straordinaria importanza per il nostro Paese, ma anche con grandi problemi. Quanto pesa una responsabilità come questa e come la si affronta quotidianamente?

Confesso che mi considero ancora in rodaggio in questo nuovo ruolo. Per capirne bene le implicazioni, cerco di studiare con cura ogni aspetto del lavoro quotidiano, sia nei contenuti sia negli aspetti procedurali ed organizzativi.

Nel nuovo ruolo l’esperienza di frontiera maturata prima come Soprintendente archeologo di Napoli-Caserta poi come direttore regionale della Campania l’aiuta?

Certamente sì, almeno nel merito tecnico dei problemi. La Soprintendenza di Napoli era una delle più complesse d’Italia e la Regione Campania presenta una vasta gamma di problemi a tutti noti. La casistica quindi mi è familiare; per il resto nello specifico ogni situazione ha le sue peculiarità e richiede una valutazone a sé.

Dalla sua Direzione Generale dipendono 24 Soprintendenze archeologiche, per lo più a competenza regionale, oltre ad una serie d’istituti speciali. Ci dice qual è la situazione attuale di queste strutture, quante hanno un dirigente titolare e quante invece sono scoperte?

È una situazione molto pesante. Molte Soprintendenze, tra cui Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli, Ostia, Museo d’arte Orientale, Abruzzo, Salerno, Reggio Calabria, Sassari, hanno un dirigente ad interim. Si tratta di una vera emergenza, creatasi per il lungo periodo di ritardo nel bando di concorso per Soprintendenti archeologi, cui si è cercato di porre rimedio, certamente precario, con la soluzione interinale. È una soluzione che può sostenersi solo per l’abnegazione dei dirigenti che hanno accettato questo incarico aggiunti vo e per la grande esperienza dei funzionari delle Soprintendenze che supplisce alla mancanza continua in sede di un dirigente titolare.

Quali strumenti ha messo in campo il Ministero per dare una risposta a questa grave sofferenza di personale dirigente?

Anzitutto è appena iniziato il concorso per 11 posti di Soprintendente. Poiché tuttavia servirà certamente ancora qualche mese di tempo per concludersi, e nel frattempo alcune situazioni appaiono molto critiche, il Ministero ha invitato i docenti universitari di archeologia e i dirigenti de gli Enti locali e/o degli istituti di ricerca in possesso dei titoli scientifici necessari, a manifestare il loro interesse ad accettare contratti a tempo determinato per le sedi di Genova, Torino, Milano, Padova, Reggio Calabria, ripetendo un’esperienza già positivamente avviata nella sede di Ravenna, e nelle Soprintendenze archeologiche di Firenze, Potenza e Cagliari.

In realtà mancano anche i funzionari archeologi e più in generale i tecnici. Il disegno di legge della finanziaria per il 2008 prevede per la missione destinata ai beni culturali interventi su tale versante?

Non mi pare, ma spero che dopo la stabilizzazione dei precari si possa riprendere questo tema che è strategico e caratterizzante più di ogni altro per la nostra Amministrazione.

I suoi predecessori avevano esaltato, a differenza di altre Direzioni Generali, la capacità di spesa delle Soprintendenze archeologiche, arrivando a premiare le Soprintendenze che nel corso di ciascun esercizio finanziario realizzavano i lavori e quindi impiegavano le risorse assegnate. Contestualmente hanno ridotto i finanziamenti alle soprintendenze che non dimostravano analoghe capacità. Lei come intende comportarsi al riguardo?

La capacità di spesa è certamente un parametro essenziale per il buon funzionamento dell’Amministrazione e non accrescere le giacenze inutilizzate è stata una misura indispensabile che ha portato il settore archeologico a buone performances di spesa. Va però tenuto conto del fatto che la capacità di spesa dipende anche dalla capacità di progettare, di appaltare, che spesso sono minate dalle carenze di organico di cui abbiamo detto. E non sempre il ricorso alle competenze esterne è possibile o sufficiente a risolvere questo problema.

In concreto, oggi qual è la situazione delle Soprintendenze archeologiche, qual è la loro capacità di spesa e quali sono i problemi di quelle che non hanno tale capacità?

È’ facile intuirlo da quanto ho appena detto. E tuttavia si deve anche tener conto del fatto che a fronte di una diminuzione – complessiva di organici tecnici, le Soprintendenze archeologiche sono impegnate in un enorme lavoro sul fronte della tutela sul campo: basti pensare alle necessità dei grandi lavori pubblici cui si è data, anche prima della legge sull’archeologia preventiva, una risposta del tutto soddisfacente. 0 all’assistenza tecnico- scientifica fornita agli Enti locali con i quali si sono programmati i notevoli interventi sul fronte dei Programmi Operativi Regionale 2000-2006 nelle regioni del cosiddetto Obiettivo 1.

Tuttavia non ritiene che tale sistema per le Soprintendenze che non han no sufficiente capacità di spesa vada a scaricarsi sulle comunità locali che non hanno alcuna colpa in merito? E in questi casi cosa accade ai Soprintendenti ?

Non credo. Il sistema prevedeva che appena rientrate in una situazione di normalità, le Soprintendenze recuperassero il loro assetto di bilancio. Gli osservatori più attenti da anni hanno lanciato il grido d’allarme, relativamente all’insufficienza delle risorse destinate al funzionamento dei siti espositivi e degli istituti. Si è addirittura quantificato che nel corso di un quinquennio i tagli sono stati pari a quasi il 50%, tanto che numerosi musei archeologici già a metà anno non hanno più un euro per pagare le bollette di luce, gas, acqua, ma soprattutto non possono esercitare la tutela poiché non vi sono i soldi per mandare in missione i tecnici.

Qual è la situazione che ha trovato e cosa propone per questa condizione drammatica che rischia di mettere nelle mani dei malintenzionati e degli speculatori i nostri beni archeologici?

È vero, è un problema molto grave del quale il Parlamento dovrà farsi carico. I progetti speciali di gestione museale con cui si è affrontato il problema possono essere considerati tutt’al più una soluzione temporanea. Nella costante politica di riduzione annuale della spesa pubblica ci si dovrebbe rendere conto che la gestione del patrimonio culturale non può essere ulteriormente fatta oggetto di tagli, pena la qualità non solo della fruizione, ma della stessa tutela. E se è immaginabile che la prima trovi un sostegno negli accordi di valorizzazione con gli Enti locali o con altri soggetti anche privati, la tutela deve restare a carico della nostra Amministrazione ed essa non può essere ulteriormente penalizzata.

La sua Direzione Generale che rapporto ha con le Soprintendenze autonome di Roma e Pompei?

Ha una funzione di controllo, analoga per alcuni aspetti a quella che le Direzioni Regionali svolgono nei confronti delle altre Soprintendenze.

L’imminente varo della riorganizzazione del Ministero in che modo, dal suo punto di vista, potrà migliorare il rapporto tra Direzioni Regionali e Direzioni Generali centrali?

È un tema molto complesso, perché si tratta di trovare un nuovo equilibrio tra esigenze diverse e per molti aspetti nuove: tra quella dell’unità delle regole scientifiche di governo della tutela e della stessa valorizzazione, a quella dell’efficienza della spesa in periferia e dell’interlocuzione con Regioni ed Enti locali, alla necessaria salvaguardia di un’autonomia operativa delle Soprintendenze che fa parte della storia migliore della nostra Amministrazione.

Il suo lavoro a Roma di sicuro è duro e allo stesso tempo affascinante. Lei peraltro mantiene uno stretto legame con la sua terra d’origine. Come si trova a fare il pendolare?

In realtà “pendolo” poco: arrivo a Roma il lunedì e riparto il venerdì sera; salvo poi recarmi nei week-end in al
tre regioni, dove sono chiamato a rappresentare in manifestazioni ufficiali il Ministero. Ma non mi lamento affatto: questo della conoscenza dei tanti siti archeologici italiani, è uno degli aspetti più interessanti di questo nuovo incarico.

 


Fonte: Roma Capitale 16/11/2007
Autore: Gianfranco Cerasoli

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