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MONTEVARCHI (Ar). Riapertura del Museo Paleontologico.

E’ stato riaperto il Museo Paleontologico d Montevarchi dopo oltre sei anni di chiusura impiegati per dotare la celebre istituzione di un allestimento al passo con i tempi. Il restauro si deve a un forte impegno economico della Regione Toscana e del Comune di Montevarchi, proprietario di gran parte della struttura in cui il nuovo Museo può valorizzare le sue ricchezze, ovvero l’ex convento trecentesco di San Lodovico.
Custodisce una delle più interessanti raccolte europee di fossili, tutti estratti da quell’immensa miniera che è il territorio del Valdarno. Qui tra il Pliocene superiore e il Pleistocene inferiore, ovvero tra 5,332 e  2,588 milioni di anni fa, una giungla equatoriale si trasformò gradualmente in una tundra sotto la quale, per un singolare, fortunata combinazione chimico fisica, i resti degli antichi animali si fossilizzarono perfettamente. Le scoperte datano già in epoca medicea ma il sottosuolo continua ad offrire sempre nuove sorprese.
Il Museo Paleontologico di Montevarchi, che appartiene all’Accademia Valdarnese del Poggio, trova origine intorno al 1809 a partire da una raccolta donata dal Monaco di Vallombrosa Luigi Molinari. Poco dopo Georges Cuvier, fondatore della paleontologia moderna, studiò questi primi reperti che erano allora conservati nei locali del convento dei Minori Francescani di Figline Valdarno. Nel 1818 la raccolta, assieme alla sede dell’Accademia e al fondo librario nel frattempo costituitosi, fu trasferita nei locali attuali di Montevarchi e fu aperta al pubblico ufficialmente nel 1829.
Nel periodo fra il 1873 e il 1880 il prof. Paolo Marchi di Firenze ed il prof. Forsyth Major di Glasgow classificarono i 732 reperti fino allora raccolti e iniziarono a compilare il relativo catalogo. Fu poi il prof. Giovanni Capellini, geologo e paleontologo a cui è dedicato il Museo Geologico e Paleontologico dell’Università di Bologna, a continuare tale compilazione mentre il museo si arricchiva di nuovi pezzi. La raccolta ha poi continuato ad ampliarsi con nuove scoperte per lo più in ambito locale, a cui hanno sostanzialmente contribuito le fortunose segnalazioni da parte di contadini e abitanti del territorio.
Il Museo accoglie circa 2600 reperti. Fra essi si distinguono fossili vegetali, come le noci di Juglans tephrodes e le foglie di Platanus aceroides e una ricca collezione di fossili animali, provenienti quasi esclusivamente dal Valdarno Superiore e di età compresa fra il Pliocene superiore e il Pleistocene inferiore. Tra gli esemplari più interessanti del museo ricordiamo un gigantesco scheletro di elefante quasi completo, con enormi difese della lunghezza di 320 cm., Mammuthus meridionalis popolarmente noto come «Gastone l’elefantone»,  il cranio della Tigre dai denti a sciabola, Homotherium crenatidens, chiamata così a causa delle dimensioni dei canini superiori, i crani di Hystrix etrusca, ed il cranio del Canis etruscus, il «Tipo», cioè il primo che ha dato origine ad una nuova specie.
Una delle ultime acquisizioni consiste in resti fossili di Palaeoloxodon antiquus rinvenuto in località Campitello, presso Bucine (AR) nel 2001, la cui importanza risiede nel fatto che accanto ad essi sono stati trovati tre strumenti litici con ancora i resti delle legature originali. La giovane elefantessa, subito popolare, è conosciuta come «La Giulia».
L’allestimento originale collocato, con una sistemazione «ottocentesca», in quaranta vetrine disposte in tre gallerie dal notevole valore storico, è stato sostituito da un allestimento moderno capace di disegnare un percorso didattico in grado di stimolare l’interesse e arricchire la conoscenza del visitatore.  
Dopo un primo corridoio in cui si ripropone il precedente allestimento, si passa al nuovo, in cui i reperti esposti nelle singole vetrine sono accompagnati da singole didascalie e da testi esplicativi sugli aspetti ritenuti più significativi circa le  trasformazioni delle  faune, delle flore e delle condizioni climatico – ambientali  che hanno accompagnato la storia del Valdarno a partire dagli ultimi tre milioni di anni. Numerosi sono i disegni, gli schemi e soprattutto le ricostruzioni paleo ambientali che si articolano lungo  il percorso. Il visitatore potrà approfondire dinamicamente la storia del Valdarno superiore soffermando la sua attenzione su una serie di video, opportunamente dislocati lungo il tracciato,  nei quali vengono ricostruite le cause e gli effetti delle oscillazioni glaciali-interglaciali, i caratteri della foresta equatoriale caldo-umida e diffusa nel Valdarno 3,1 milioni di anni fa e infine altri video nei quali sono approfonditi i caratteri delle singole specie rinvenute nella argille e nelle ligniti della fase a foresta.
Prospettive scenografiche in cui le figure si compongono e si scompongono a seconda del punto di osservazione, ricostruzioni di uomini primitivi e multimedialità faranno da cornice capace di suggestionare il visitatore e di incantare soprattutto i piccoli.
Il percorso del Museo Paleontologico è completato da una nuova sezione archeologica dedicata allo studioso locale Alvaro Tracchi, in cui sono esposti reperti etruschi provenienti dal territorio del Valdarno, ma anche dalla zona del viterbese; gli apparati didattici e la multimedialità permetteranno di proporre una didattica archeologica innovativa e capace di approfondire tematiche di vita quotidiana antica.
Infine la nascita di un laboratorio di restauro interno, che permetterà di monitorare lo stato di conservazione del materiale e di intervenire tempestivamente, ma anche di svolgere attività didattiche per bambini per lo sviluppo della manualità o corsi di formazione per adulti.

Info:
Museo Paleontologico di Montevarchi – Montevarchi (AR), Via Poggio Bracciolini, 36-40 – tel. 055 981812 ; http://www.accademiadelpoggio.it

Fonte: NewsLetter Archeo.it, 2 dic 2014

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