Le donne etrusche dell’alta società – come è attestato dall’iconografia del banchetto – partecipavano distese sui letti conviviali ed al pari dei loro compagni consumavano vino.
Teopompo (storico greco del IV secolo a.C. in Apud Ath., XII, 517d) scriveva che le matrone etrusche erano forti bevitrici e bevevano alla salute di chi volevano. In molti corredi tombali femminili sono stati ritrovati servizi di vasellame per vino ed in particolare per il consumo dello stesso (tazze, coppe, etc …).
La situazione, coerentemente alla condizione sociale della donna, era completamente diversa nel mondo romano.
Dalle fonti (Plino Nat. Hist. 14.89-90; Cicerone rep 4.6.17; Polibio 6.2.5; Plutarco quaest. Rom 6; Arnobio nat 2.67) si apprende che i romani imposero alle donne il divieto di bere vino.
Secondo Dionigi di Alicarnasso (Ant. Rom. 2.25.6-7) Romolo stabili con una legge che fosse punita con la morte, da parte del marito e dei parenti, la donna adultera o che avesse bevuto vino. Per altri autori il divieto sarebbe invece da attribuire a Numa Pompilio.
Sembra comunque che il divieto, che riguardava le matrone, le nubili e le schiave, non comprendesse il vino dolce (era vietato il solo vino pretto). Il consumo del vino inoltre veniva consentito alle donne in occasione di alcune feste religiose e forse nel corso di riti funerari.
Il marito, i parenti maschi della donna e quelli del marito potevano controllare il rispetto del divieto da parte della donna esercitando il cosiddetto diritto al bacio (ius osculi), verificando così l’alito.
Stando agli autori romani (Plinio, Fabio Pittore) in caso di violazione la pena veniva eseguita facendo morire la donna di fame (per inedia) nel carcere domestico. Peraltro le fonti (Valerio Massimo 6.3.9 e Plinio Nat. Hist. 14.90) riferiscono di un cavaliere, Ignazio Mecennio, che poco dopo la fondazione di Roma, uccise la moglie a bastonate per averla sorpresa a bere vino. In ragione della crudeltà delle modalità dell’esecuzione fu sottoposto a processo, ma Romolo lo assolse.
In un caso (riferito da Fabio Pittore in Annali) una donna sarebbe stata fatta morire d’inedia per aver forzato la cassa che conteneva le chiavi della cantina (quindi non era nemmeno richiesta la flagranza di reato!).
Il divieto riguardava anche le divinità femminili: Bona Dea venne fustigata a morte dal marito Fauno per aver bevuto di nascosto (Plutarco).
Pur provando a calarsi ai tempi della Monarchia romana risulta difficile comprendere come la massima pena fosse applicata alle donne che violavano l’obbligo di non bere vino.
Secondo alcuni studiosi, questo accadeva perché i romani credevano che il vino avesse effetti anticoncezionali ed abortivi. Ad avviso di altri, la punizione veniva comminata perché si riteneva che il vino conferisse la capacità di prevedere il futuro, e le donne non potevano fare vaticini.
Secondo la tesi prevalente fra gli studiosi (Eva Cantarella) il vino era proibito alle donne perché poteva far loro perdere il controllo, commettere adulterio ed indurle a venir meno ai loro doveri: “la donna avida di vino chiude la porta alla virtù e la apre ai vizi” (Valerio Massimo)”. S’intendeva quindi tutelare l’integrità muliebre ma anche la purezza, la certezza della stirpe. L’atto delle donne di bere vino era considerato un crimine, un’infrazione grave quanto l’adulterio (Dionigi di Alicarnasso Ant. Rom. II,25,6; Gellio 10.23).
Sul finire della Repubblica il divieto venne meno o quanto meno fu fortemente attenuato. La violazione del divieto avrebbe comportato ripercussioni sulla dote della donna (perdita totale o parziale) e forse poteva costituire causa di divorzio (Max Nelson).
Sul consumo del vino da parte delle donne romane cfr, tra gli altri:
– Eva Cantarella, Dammi mille baci Veri uomini e vere donne nell’antica Roma, Universale Economica Feltrinelli, 2011, pagg. 18-19 e 156-158;
– Silvia Viario, Bevande consentite alle donne in Roma antica. Riflessione sui dulcia in scritti per Francesco Maria Silla a cura di Laura d’Amati e Luigi Garofalo, Jovene 2024, pagg 745 e ss.;
– Stefania Roncati, Donne e vino nell’antichità: una storia di divieti? In Revue Internationale Des Droits De L’Antiquité, 2018, pagg. 205 e ss;
– Max Nelson, Regulation of Alcohol in Greco-Roman Antiquity in The Social History of Alcohol and Drugs, 2024, vol 38, 1
Di seguito rappresentazioni di Fufluns, Bacco e del banchetto etrusco.
Autore: Michele Zazzi – etruscans59@gmail.com













