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Michele Zazzi. Le corse dei carri in Etruria nell’ambito funebre.

Corse di carri a due (bighe) o tre cavalli (trighe, con due cavalli timonieri ed uno esterno libero) appaiono su alcune tombe di Tarquinia (tombe delle Olimpiadi, del Maestro delle Olimpiadi e delle Bighe) e di Chiusi (tombe del Colle Casuccini, di Poggio al Moro e della Scimmia) ed in alcuni rilievi chiusini dal VI al IV secolo a.C. Probabilmente a Chiusi la corsa su carri era il gioco funebre prevalente. La triga risulta il tiro più ricorrente in Etruria.
Si tratta della rappresentazione di giochi funebri in onore di defunti della classe aristocratica.
L’iconografia ci consente di desumere alcune caratteristiche della corsa.
Le gare si svolgevano in campagna, su di una superficie piana ed il percorso era segnalato da un filare di alberelli o da segnacoli tipo pigne e la meta (intorno alla quale i concorrenti dovevano girare) era rappresentata da una colonna o da un tronco di legno arrotondato. La corsa si sviluppava attorno al filare dei segnacoli ed i carri giravano in senso antiorario. In alcuni casi nel campo della gara era presente un cane; non è chiaro se si tratti di una rappresentazione riempitiva o se l’animale avesse piuttosto qualche funzione connessa con la corsa (inseguimento dei cavalli per ulteriore stimolo degli stessi?).
Talvolta venivano allestite tribune in legno per gli spettatori. Gli spalti erano coperti ed alla gare assistevano uomini e donne (cfr tomba delle Bighe).
I carri erano composti da una piccola cassa, con bassi parapetti e piccole ruote. I cavalli venivano aggiogati ai carri.
Gli aurighi – in numero di tre o quattro – indossavano una corta tunica con maniche corte priva di cintura (nell’iconografia greca l’auriga vestiva una tunica fino alla caviglia) e talvolta erano muniti di caschi o berretti e ginocchiere. I corridori impugnavano un frustino o un pungolo (di circa 1 metro, munito di una punta di metallo) con la destra per incitare il cavallo. Con la sinistra stringevano le redini, che per maggior tenuta erano legate alla vita dell’auriga (secondo una modalità già praticata in Egitto), formando un nodo ben evidente.
Dalle pitture sembra di capire che gli etruschi (diversamente dagli aurighi greci) intervenivano sulle redini anche inclinando il corpo all’indietro e facendo leva con il peso dello stesso.
Le scene connesse alle gare dei carri raffigurano l’aggiogamento, la preparazione alla partenza, la corsa (con scene di sorpasso tra carri, aurighi che si voltano indietro per verificare l’andamento della gara, …) ed anche spettacolari cadute (come nelle tombe di Poggio al Moro e delle Olimpiadi).
Con tutta probabilità i vincitori delle gare erano destinatari di premi, anche se non ci sono pervenute scene della specie aventi ad oggetto vasi di bronzo (lebeti, etc ….) come invece risulta per altri giochi. Nella tomba della Scimmia il vincitore viene accolto da squilli di lituus e rami di palma.
Su alcuni vasi di ceramica etrusca a figure rosse da Vulci dell’ultimo quarto del IV secolo a.C. (es. hydria, databile al 330 a.C., con raffigurazione di due quadrighe in corsa, presso il British Museum) sono rappresentate eccezionalmente corse di quadrighe etrusche. Tali ceramiche potrebbero forse attestare l’esistenza a Vulci, di corse di quadrighe di carattere locale.


Per i dettagli sulle corse dei carri in Etruria cfr., tra gli altri:

– Maurizio Martinelli, Spettacolo e sport in Etruria. Musica, danza, agonismo e rappresentazioni tra Italia e Mediterraneo, Regione Toscana, 2007, pagg. 145 e ss.;
– Laura Ambrosini, La corsa di quadrighe in Etruria. Riflessioni sulla ceramica etrusca a figure rosse prodotta a Vulci, Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte, 67, 2012 (2015), pagg. 29-50.

Le immagini si riferiscono alle tombe del Colle Casuccini, delle Olimpiadi, della Scimmia (riproduzione) e delle Bighe (riproduzione) e ad un rilievo chiusino.

Autore: Michele Zazzi – etruscans59@gmail.com

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