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Michele Zazzi. Il mito etrusco dell’agguato dei fratelli Vibenna all’indovino Cacu.

Su alcuni monumenti etruschi del periodo ellenistico è rappresentato un mito etrusco di difficile interpretazione che riguarda l’indovino Cacu (divinità profetica) ed i fratelli Vibenna (noti per le loro connessioni con Macstarna/Servio Tullio di cui alle raffigurazioni della Tomba François di Vulci della seconda metà del IV scolo a.C.).
La scena, seppur con qualche variante in termini di complessità, è raffigurata su uno specchio in bronzo da Bolsena, del IV-III secolo a.C., conservato presso il British Museum e su almeno quattro urnette cinerarie chiusine, databili al II secolo a.C., provenienti in particolare dalla Tomba della Pellegrina, dal territorio chiusino, da Sarteano e da Città della Pieve (tali monumenti funerai sono conservati presso i Musei Archeologici di Chiusi, Siena e Firenze).
I nomi dei protagonisti si ricavano dalle didascalie incise sulla circonferenza dello specchio di Bolsena vicino alle figure raffigurate al suo interno.
Cacu è posto al centro dell’immagine nell’atto di suonare (o tenere in mano) la lira e forse anche di cantare le sue profezie.
Ai piedi od a fianco del veggente vi è un giovane (Artile) che sembra reggere un rotolo, un dittico utilizzato per trascrivere le parole dell’indovino.
Ai lati di Cacu sono raffigurati Aulo e Celio Vibenna (Avile e Caile Vipinas) muniti di spada, scudo ed elmo. I fratelli hanno atteggiamento minaccioso: uno impugna la spada, mentre l’altro è nell’atto di sguainarla (o rimetterla nel fodero?).
In alcune urne della specie vi sono anche altri uomini in armi posti dietro i fratelli Vibenna o inginocchiati agli angoli inferiori del campo (sono soldati dei Vibenna o sono nemici?).
La situazione in qualche caso è completata da altre figure che sembrano rivolgere un atto di supplica (verso chi?).
La scena, come attestato da alberi e colline, si svolge all’esterno.
Il quadro rappresentato sembrerebbe pertanto essere quello dell’indovino Cacu che in un bosco (sacro) canta dei versi divinatori che vengono messi per iscritto da Artile.
In tale contesto si è posto il dubbio del ruolo svolto dai fratelli Vibenna. Secondo l’interpretazione assolutamente prevalente, l’atteggiamento minaccioso dei Vibenna esclude che il loro intento fosse quello di spiare o ascoltare il vaticinio; piuttosto, si ritiene che intendessero porre in essere un agguato ai danni dell’indovino. La finalità dell’azione potrebbe forse essere quella di rapirlo (per carpirgli la scienza sacra o per ucciderlo) o di impossessarsi delle tavolette in cui sono incisi i versi o di strappare un responso con la forza.
Ad avviso di alcuni studiosi le immagini non sarebbero così univoche nel senso di un attacco dei Vibenna ai danni di Cacu (non viene rappresentato uno scontro diretto, né c’è un contatto fisico tra i fratelli vulcenti e l’indovino) e rimarrebbero dubbi sull’interpretazione dominante, potendosi forse ipotizzare, in alternativa, un’azione di difesa dei Vibenna in favore del veggente.

Sul mito di Cacu e dei fratelli Vibenna cfr, tra l’altro:
– Andrea Verdecchia, Mitologia etrusca, Effigi, 2022, pagg. 238 e ss.;
– Joshua R. Hall, I Fratelli Vibenna in Rivista del mondo antico 6 novembre 2017;
– Marcello Albini, Lo specchio di Bolsena e la figura di Cacu in Icone del Mondo Antico Un Seminario di Storia delle Immagini, “L’Erma” di Bretschneider, 2005.

Di seguito immagini dello specchio di Bolsena e dell’urna chiusina da Sarteano.

Autore: Michele Zazzi – etruscans59@gmail.com

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