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Mario Zaniboni. Stele di Naram-Sin.

Un’importante e interessante stele, che si può ammirare al Museo del Louvre di Parigi, è quella detta di Naram-Sin e pure Stele della Vittoria, perché celebra le vittorie del re accadico Naram-Sin in combattimenti sostenuti contro i Lulubi, che formavano uno dei tanti raggruppamenti di tribù che vivevano nelle zone centrali dei monti Zagros, situati fra Iraq e Iran, che oggi coincidono con l’odierno Luristan.
Il suo ritrovamento è avvenuto durante ricerche e scavi effettuati nel 1898 dall’ingegnere, geologo e archeologo francese Jacques de Morgan in mezzo a ciò che rimaneva di Susa (oggi Sush), sita sull’altopiano iranico, una città del Sippar che nel lontano passato era bella, ricca e potente; Susa era l’antica capitale dell’Elam, cioè di quella civiltà che si sviluppò intensamente fra il III e il I millennio a.C.
La stele è una lastra di arenaria, o di calcare, o di diorite (per favore, mettetevi d’accordo: osservando attentamente la fotografia, direi che di diorite si tratti, ma naturalmente non c’è da fidarsi troppo di questo giudizio fatto sulla carta). Comunque, il reperto è di grandi dimensioni, con la sua altezza di due metri buoni e la sua larghezza di metri 1,25 ed è lavorata in bassorilievo, a formare una scena della quale il sovrano Naram-Sin è il protagonista; peccato che ne manchi una buona parte.
Una stele molto simile, con la stessa rappresentazione, è stata recuperata a poca distanza da Diarbekr, nel Pir Hüseyin.
La sua costruzione risale al periodo compreso fra il 2254 e il 2218 a.C., che corrisponde alla durata del regno di Naram-Sin.
Lo scritto originale, inciso sulla stele, decanta le vittorie del sovrano contro i Lulubi; ma lui volle aggiungere che lui ne era entrato in possesso per usarla come mezzo di divulgazione della sua persona a Susa, luogo del suo ritrovamento.
La scena descritta sulla lastra, mostra il re con una lunga barba, posto nella sua parte più elevata, con lo sguardo rivolto verso l’alto, cioè verso il dio Sole Shamash, che è stato la sua guida nelle vittorie conseguite contro i nemici; con la mano sinistra tiene l’arco, mentre nella destra ha una freccia pronta per essere incoccata sulla corda; un nemico, accasciato sul suolo davanti a lui tenta dolorosamente di togliersi quella che, scoccata dal re in precedenza, è profondamente conficcata nella sua gola. La figura del re è stata scolpita più grande di tutte le altre, a significare che, più che di fronte ad una figura umana, ci si trova dinanzi ad una divinità, appunto. A completare questo atteggiamento da dio ci sono due astri posti al di sopra della sua testa, sulla quale si trova una tiara cornuta, che ne sancisce l’essenza, copricapo riservato solo agli dèi. Tutto questo sta a significare che quel sovrano accadico fu il primo mesopotamico ad essere deificato, come per altro lo dimostra lo scritto nel quale davanti al suo nome è riportato il termine “dingir”, cioè “dio”. Pertanto, al dio poliade, vale a dire protettore della città dei Sumeri, si sostituisce l’accadico Naram-Sin.
Sul lato sinistro, sono due vessilliferi ed il suo esercito, con i volti dei soldati rivolti verso l’alto, che marcia ben compatto e ordinato, e tutti – il re compreso – hanno una gamba avanzata a significare il movimento dei corpi in atto. Sull’altra parte sono i nemici, morti o feriti, irregolarmente sparsi sul suolo sassoso ed irregolare della montagna, come del resto avviene nelle battaglie campali.
Si tratta di una scena che ha un grande carattere simbolico; infatti, il soldato a terra significa l’annientamento del nemico, quello che cade nel vuoto in un abisso raffigura la dannazione, mentre i soldati che implorano la sua pietà fanno riferimento alla sottomissione. La pianta scolpita nel centro della stele serve quale completamento e collegamento fra le parti dell’intera opera.
Quel ritrovamento ha fatto luce su quanto possa essere importante la personalità di un sovrano, al punto da essere parificato ad un essere trascendentale, in definitiva al punto di ritenerlo una divinità.

Autore: Mario Zaniboni – zamar.22blu@libero.it

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