Il contributo ricostruisce, in prospettiva di lunga durata, le principali traiettorie storiche che conducono alla formazione della Scuola Medica Salernitana e alla sua persistenza istituzionale, con particolare attenzione ai processi di trasmissione interculturale del sapere medico (greco-latino, bizantino, arabo-islamico e persiano) e alle condizioni sociali e normative che resero possibile, in Europa occidentale, una prima strutturazione stabile dell’insegnamento e della certificazione professionale.
La prima parte colloca la medicina medievale nel quadro delle pratiche di cura attestate già nella preistoria e protostoria (chirurgia cranica, trattamenti dentari, manipolazioni terapeutiche) e nelle prime civiltà storiche del Vicino Oriente e dell’Egitto, fino alla razionalizzazione greca e alla sistematizzazione romano-imperiale.
La seconda parte analizza la genesi della tradizione salernitana nel Mediterraneo altomedievale e normanno-svevo, il ruolo delle reti monastiche e della mediazione traduttiva, il peso della medicina araba e persiana (con riferimento a figure-cardine come Avicenna e Averroè) e l’apporto di Costantino l’Africano alla costruzione di un canone didattico.
Vengono poi discussi tre nodi decisivi: (1) la presenza delle Mulieres Salernitanae e la specificità di Trotula, unica magistra nella tradizione attribuitale, in un contesto che – a differenza di altri ambienti – non assimilò sistematicamente la sapienza terapeutica femminile alla devianza; (2) la distinzione fra medicus e chirurgus e la progressiva legittimazione della chirurgia attraverso la “Rogerina” di Ruggero Frugardi; (3) la normazione pubblica della pratica medica e farmaceutica nel Regno, fino alle trasformazioni tardo-medievali e moderne, alla soppressione murattiana (1811–1812) e alle riattivazioni contemporanee (2006 e 2013), che hanno riattualizzato – in forme nuove – l’eredità salernitana…
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Autore: Maria Luisa Nava – mlsnava@gmail.com













