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L’ Anabasi dei Diecimila.

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L’ Anabasi, letteralmente “viaggio verso l’interno” (gr. Antico Κύρου Ἀνάβασις, cioè la “spedizione verso l’interno di Ciro”), è la più celebre opera dello storiografo greco Senofonte, che partecipò all’impresa; egli racconta, in uno stile asciutto e lineare, della spedizione dei 10.000 mercenari greci che, assoldati da Ciro e rimasti a lui legati (si legga del rapporto che avrebbe legato Lisandro e lo stesso persiano) una volta terminata guerra del Peloponneso marciarono nel 401 a.C. contro Arsace (dallo storico chiamato Artaserse II), succeduto al padre Dario sul trono achemenide, a cui Ciro -kàranos di Sardi- aspirava.
L’evento cardine di tale spedizione militare è sicuramente la battaglia di Cunassa (Κούναξα), località presso Babilonia. I greci erano guidati da un comandante spartano esiliato (ovvero Clearco il lacone), definito da Senofonte un uomo con “la guerra nel sangue” (II, 6, 6); contavano tra le proprie fila un contingente di un migliaio di opliti lacedemoni agli ordini di Chirisofo. Essi ebbero un ruolo preminente nella battaglia che li vede trionfare sull’esercito nemico, sconfiggendo Arsace e il suo “milione di uomini” (I, 7,11); tuttavia Ciro stesso, battutosi valorosamente, muore nello scontro trafitto da un giavellotto e ciò rende quella che avrebbe dovuto essere una vittoria l’inizio di una tragica ritirata, dalla Mesopotamia, parte dei greci che cercheranno disperatamente di guadagnare le terre di origine.
All’ indomani di Cunassa infatti, Antaserse richiederà, come segno di pace, le armi dei mercenari ingaggiati dal fratello; in un celebre passo dell’Anabasi sarà Prosseno il Tebano (II, 1, 10) a rispondere agli emissari persiani: “sono sorpreso e mi domando se il Re ci chieda le armi in qualità di vincitore oppure come dono d’amicizia. Se pensa di essere il vincitore, che bisogno ha di chiederle? Perché non viene a prendersele? Se invece ci vuole persuadere, dica che cosa ne verrà ai soldati, se lo vorranno compiacere”.
Per cercare di risolvere lo stallo, i cinque strateghi greci (Clearco il Lacone, Prosseno il Beota, Menone il Tessalo, Agia l’Arcade e Socrate l’Acheo) e venti locaghi accettano l’invito all’accampamento persiano per trattare le condizioni di una ritirata pacifica verso le terre di origine: ma vennero traditi da Tissaferne e trucidati brutalmente, lasciando l’esercito greco senza riferimenti.
Prontamente si elessero quindi, nel campo dei mercenari, i nuovi comandanti, tra tutti Chirisofo di Sparta, Timasione di Dardano e, appunto, Senofonte l’ateniese. Sotto la loro guida inizia una incredibile marcia lungo il Tigri, attraverso l’Armenia fino alle coste del Mar Nero, per raggiungere la Tracia, quindi di nuovo per l’Asia Minore, fino a Pergamo; una parte dei Diecimila continuerà a combattere al fianco degli Spartani in Asia Minore.
I greci braccati dovranno, dal tradimento di Tissaferne, adattarsi ad affrontare innumerevoli insidie: modificando talvolta l’ordine tradizionale di marcia, escogitando nuovi stili di combattimento, creando distaccamenti di peltasti (fanti armati alla leggera) e frombolieri in grado di intervenire nei momenti di bisogno nella speranza della sopravvivenza. Attraversano valichi bloccati da eserciti nemici, evitano imboscate marciando di notte, risparmiano ove possono i villaggi per raggiungere improbabili alleanze, liberandosi del superfluo per marciare più veloci e affrontando la fame, il freddo, le ferite e le vesciche cercando di evitare gli eserciti di Artaserse, di Tiribazo nonché quelli dei numerosi popoli ostili che non vogliono cedere il passo a questi stranieri armati che minacciano i propri villaggi: tra questi ricorderemo i belligeranti Calibi, i Taochi, i Fasiani.
Ma al termine di questa “odissea”, ad attendere i greci c’è la speranza data dalla vista del mare (Ponto Eusino, ovvero il Mar Nero) che l’esercito riconosce e scorge dalle alture armene: “θάλαττα! θάλαττα!” è il grido di liberazione dei 10.000 della κατάβασις. Mai parola fu più adatta a descrivere quella spedizione disperata verso i luoghi di origine; perché di una vera e propria katabasi si dovette trattare per quegli uomini che Senofonte guidò: una discesa agli inferi.

Fonte: Amanti della storia antica, su facebook, 20 ott 2022

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