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Giuliano CONFALONIERI, Liberty.

Una storia tragica, lontana nel tempo e rimossa dalla memoria collettiva, riguarda la serie di navi ‘Liberty’ ideate dagli americani per portare rifornimenti di ogni genere in Europa durante la seconda guerra mondiale.
Liberty è il nome di un cargo di circa 10.000 tonn. di portata prodotto col sistema della prefabbricazione in centinaia di esemplari. I lunghi convogli dovevano attraversare l’Oceano Atlantico, continuamente attaccati dagli U Boot tedeschi e quindi con una notevolissima perdita di naviglio e di prezioso materiale di supporto. Le migliaia di marinai durante la battaglia dell’Atlantico sono periti in un modo orrendo bruciati ed affogati dalla nafta che si riversava dalle cisterne di bordo. Queste navi erano costruite a moduli in diverse fabbriche americane ed assemblate in modo spartano proprio per avere sempre a disposizione nuovi convogli.
La Liberty era costituita da pochi elementi essenziali: lo scafo, la sovrastruttura per l’equipaggio, pochi armamenti ed una stiva molto capiente. La struttura di questo naviglio era una combinazione di oltre 200.000 componenti predisposti da una trentina di Stati americani e poi montati sugli scali nei porti di carico. Insomma si badava alla resa numerica più che alla sicurezza marina. Dal 1942 la massa delle costruzioni fu tale da mettere in serio pericolo i ‘branchi di lupi’ tedeschi; la velocità a pieno carico di queste navi era di 10/12 nodi, abbastanza bassa per permettere ai sommergibili tedeschi di prendere con calma le coordinate e quindi lanciare i siluri. Le perdite mercantili assommarono, in uno degli anni peggiori, ad oltre un milione di tonnellate. Bisogna anche sottolineare che la fretta per portare aiuti all’Europa causò diversi affondamenti per problemi alle saldature riuscendo talvolta, malauguratamente, a spezzare in due lo scafo. Si evidenziò presto anche un altro problema durante le transoceaniche: l’urgenza dell’iter costruttivo e numerose imperfezioni progettuali rendeva le Liberty soggette ad avarie ed alle avverse condizioni meteorologiche. Quando si comprese l’estremo pericolo durante la traversata, alle Liberty furono affiancati i cacciatorpedinieri che ‘sparavano’ fuori bordo le bombe di profondità. Le capaci stive potevano contenere ogni tipo di materiale, da quelli bellici alle forniture commestibili dirette in Gran Bretagna ed in Unione Sovietica: ogni Liberty caricava 300 carri ferroviari oppure, in alternativa, quasi 3000 Jeep, 230 milioni di munizioni, 440 carri armati leggeri, oltre tre milioni di razioni ‘C’. Dal 1942 la massa delle costruzioni navali fu tale da mettere in serio imbarazzo i ‘branchi di lupi’ tedeschi; è stato calcolato che ogni Liberty riusciva ad espletare il suo incarico anche con una sola traversata. Col tempo la vita degli equipaggi a bordo migliorò e la presenza della marina da guerra fece diminuire notevolmente le perdite.
La “Battaglia dell’Atlantico” fu decisiva per la vittoria alleata tanto da permettere agli americani di organizzare in contemporanea nel 1944 due eccezionali operazioni anfibie in Europa e nelle Filippine. Proviamo ad immaginare le praterie subacquee – più o meno alle coordinate dove gli U Boot tendevano gli agguati al naviglio alleato – con il tappeto delle carcasse Liberty ormai consunte e con i sigari nazisti compressi dalla pressione dopo essere stati colpiti.
Molte miglia quadrate del fondo marino sono cosparse dal contorto acciaio con impresso il micidiale foro del siluro. All’interno le ombre in dissolvimento dei marinai i cui sogni si sono interrotti nel momento fatale. Giovani vite imbarcate pur conoscendo il pericolo di non rivedere il porto amico.
Autore: Giuliano Confalonieri, e-mail: giuliano.confalonieri@alice.it
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