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CALTANISSETTA. I cavalli erano già in Sicilia nel III millennio a.C.: lo rivela un vaso.

Cosa succederebbe se un singolo oggetto fosse capace di riscrivere migliaia di anni di storia?
È quanto accaduto grazie al lavoro di un team di archeologi italiani, guidati dal professor Davide Tanasi, docente all’Università della Florida del Sud.
Un gruppo di studiosi, come riportato su Tech.EveryEye, ha analizzato dei vasi risalenti all’età del Bronzo, rinvenuti nel 2005 alla base del Monte Polizzello, nei pressi di Caltanissetta, e ha trovato una prova che ribalta le teorie finora accettate.
Tutto è iniziato con una serie di scavi condotti da Davide Tanasi vent’anni fa, nel 2005. In quell’occasione, il team aveva riportato alla luce alcuni vasi antichi, utensili da cucina e posate. Solo di recente, però, gli studiosi hanno eseguito analisi approfondite su quei reperti.
All’interno di uno dei vasi è stato trovato un frammento di carne, perfettamente conservato. Il campione, sottoposto ad analisi proteomica, ha rivelato qualcosa di sorprendente: si trattava di carne di cavallo.
“L’analisi proteomica dei residui organici recuperati ha rivelato una chiara firma biomolecolare dei prodotti equini”, ha spiegato Tanasi.
Fino a oggi, la teoria prevalente tra gli storici era che i cavalli fossero arrivati in Sicilia relativamente tardi, rispetto ad altre zone del Mediterraneo centrale. Si pensava che l’insularità e la posizione geografica della Sicilia avessero reso difficile l’introduzione di questi animali.
Ma la nuova scoperta cambia completamente la prospettiva: i cavalli erano già presenti nel III millennio avanti Cristo, ovvero mille anni prima rispetto a quanto finora ipotizzato.
Questa presenza precoce dei cavalli suggerisce che non si trattava soltanto di animali da trasporto o da lavoro. Al contrario, i cavalli avevano un ruolo centrale nella vita quotidiana delle popolazioni che abitavano la Sicilia in età del Bronzo. Erano utilizzati come forza lavoro, probabilmente nei campi o nei trasporti. Erano anche una fonte di nutrimento, come dimostra il ritrovamento di resti di carne equina.
La loro presenza così antica indica contatti e scambi culturali molto più intensi con altre civiltà del Mediterraneo rispetto a quanto si pensasse.
Oltre ai vasi contenenti resti organici, lo scavo ha portato alla luce anche utensili da cucina e posate. Questi oggetti offrono uno sguardo interessante su come cucinavano e manipolavano i cibi gli antichi siciliani.
È un tassello importante, che permette di ricostruire non solo la dieta, ma anche le abitudini quotidiane, i rituali sociali e i sistemi di sussistenza dei popoli preistorici dell’isola.
Alla scoperta, pubblicata sulla prestigiosa rivista Plos One, hanno partecipato diversi studiosi italiani e internazionali. Tra i coautori figurano: Roberto Micciché, ricercatore dell’Università di Palermo; Robert Tykot, antropologo della University of South Florida; Enrico Greco, dell’Istituto per lo Studio Avanzato della Cultura e dell’Ambiente, anch’esso parte dell’università americana.
Questo dimostra ancora una volta l’importanza della collaborazione interdisciplinare e internazionale nella ricerca archeologica.
Secondo Tanasi, questa scoperta non è un semplice dettaglio. È un tassello fondamentale che mancava alla comprensione della storia della Sicilia.
“Migliaia e migliaia di pagine che sono state scritte sulla storia della Sicilia ora devono essere riviste e riscritte perché abbiamo trovato il pezzo mancante”, ha dichiarato il professore.
E infatti, le implicazioni di questo studio vanno ben oltre la sola Sicilia. Si tratta di una scoperta che potrebbe influenzare l’intera storia del Mediterraneo antico, ridefinendo i flussi migratori, i commerci e le interazioni culturali tra le popolazioni.

La portata della scoperta ha già attirato l’attenzione dei media internazionali. Le recenti interviste rilasciate da Tanasi a testate giornalistiche di diversi Paesi lo confermano: il mondo scientifico e culturale è profondamente colpito da questi risultati.
Non capita spesso, infatti, che un semplice frammento di carne in un vaso antico riesca a rimettere in discussione secoli di convinzioni storiografiche.
Un altro elemento interessante della scoperta è la datazione del vaso in questione: è molto più antico dei celebri crateri greci che solitamente associamo alla Sicilia e alla Magna Grecia.
Questo dimostra che l’identità culturale dell’isola ha radici ben più profonde, che vanno oltre l’epoca della colonizzazione greca. Una Sicilia pre-ellenica, che oggi possiamo finalmente conoscere in modo più concreto e documentato.

Il lavoro del team non si ferma qui. Tanasi e i suoi colleghi stanno continuando a studiare altri reperti, come ad esempio campioni di vino preistorico ritrovati sul Monte Kronio. Anche questi potrebbero offrire nuovi spunti per riscrivere la storia enologica e commerciale dell’isola.
Con ogni nuova analisi, si avvicinano sempre più a ricostruire con precisione la vita delle popolazioni antiche siciliane, non solo nei grandi eventi, ma anche nelle abitudini quotidiane.

Fonte: www.siciliafan.it 25 set 2025

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