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CAGLIARI: Una strada romana a San Bartolomeo.

La scoperta di due cippi viari nel borgo di San Bartolomeo, a pochi passi dalla parrocchia, aggiunge nuovi tasselli alla conoscenza di quella parte periferica di Cagliari frequentata sin dalla preistoria. Il primo, datato 1868, è probabilmente collegato al rifacimento di un tratto stradale che univa San Bartolomeo a Calamosca. Il secondo, rinvenuto di fronte al cippo piemontese, è ben più antico: tutto fa pensare che risalga all’epoca romana. Nella pietra appena ritrovata si riesce a leggere la scritta “Sulci” ed ora è all’esame degli esperti della Soprintendenza archeologica. I due cippi sono stati scoperti di recente dai soci dell’associazione “Amici di Sardegna” nel corso delle periodiche attività di ricerca e di studio effettuate in numerose località dell’Isola e anche a Cagliari.

La scoperta, se avvalorata da ulteriori ricerche, confermerebbe la presenza di una vera rete viaria che collegava il porto di Calamosca con il borgo di San Bartolomeo. Il motivo che determinò la realizzazione di questa strada, molto probabilmente, deve ricondursi al traffico delle merci che venivano scaricate dalle navi che trovavano un approdo sicuro nelle baie di Calamosca e dalla circostanza che in questi colli sono ancora oggi presenti e visibili i segni di antiche cave dalle quali si estraevano dei blocchi di arenaria, tufo e calcaree utili, per la realizzazione di numerose costruzioni della Karalis romana.

Per l’occasione il parroco di San Bartolomeo don Antonio Sconamila, che tanto sta facendo per valorizzare questo quartiere, ha voluto ricordare che tempo addietro quando si stava ripulendo un cortile interno della parrocchia vennero alla luce numerosi frammenti di pietra lavorata. Tali reperti, secondo gli esperti che hanno avuto modo di esaminarli, erano parti di colonne e di capitelli di epoca romana. “Il ritrovamento del cippo viario – sottolinea padre Sconamila – conferma quanto sostengo da tempo che il borgo di San Bartolomeo esistesse già in epoca romana”. Spetterà ora agli archeologi “ufficiali” della Soprintendenza e dell’Università di dare un’attribuzione sicura ai due cippi, soprattutto a quello romano, e quindi di poter aggiungere un nuovo capitolo sulla storia di Cagliari antica.

Che San Bartolomeo fosse un luogo frequentato sin dai primi albori della presenza dell’uomo, era fatto noto sin dall’Ottocento. La presenza di antiche vestigia nell’area di San Bartolomeo e nel colle di Sant’Elia è stata confermata dal ritrovamento, talvolta fortuito e accidentale, di antiche costruzioni, nascoste nel sottosuolo e avvalorata dalle ricerche di valenti studiosi che nel corso di questi ultimi secoli si sono spesso occupati di questa zona, spesso andando a ricercare in angusti anfratti e grotte tracce della prime presenze umane.

Tra gli studiosi più noti che scavarono nei campi del borgo, figura per primo il Canonico Giovanni Spano che nella metà dell’Ottocento visitò in lungo e in largo l’intera area. Poi il celebre archeologo Antonio Taramelli che concentrò le sue ricerche nella Grotta dei Colombi, posta fra Cala Fighera e Marina Piccola. Più di recente il professor Enrico Atzeni ha mirato i suoi studi sulle primitive civiltà dell’epoca neolitica, che utilizzarono le grotte e le cavità naturali di cui questa area è particolarmente ricca.

”Prima di arrivare alla Chiesa si trova un’antica colonna di marmo con sopra la croce di ferro” scrive lo Spano nella “Guida di Cagliari” edita nel 1861: “Questa colonna venne trasportata da San Francesco di Stampace. Antico parimenti è il piedistallo di marmo di Bonaria su cui posa la detta colonna, il quale era un cippo votivo all’Imperatore Claudio Gothico, e sopra vi stava la statua a lui dedicata, come si rileva dalla mutila iscrizione. Il cippo è dimezzato né si sa se sia stato scoperto in quella località, p trasportato da altro sito. È certo, però, che al tempo romano stava colà una parte dell’antica Karalis, giacché vi si trovano molte monete dell’alto e basso impero, e quando si edificò lo stabilimento dei bagni si scopersero molte fondamenta di edifizj, un acquedotto, e molto prima, un monastero”.

A questo proposito, bisogna citare anche lo storico Giorgio Aleo che fu tra i primi a segnalare la presenza in questa località di un monastero dei Benedettini, probabilmente ubicato in prossimità della attuale chiesa di San Bartolomeo o sul colle di Capo Sant’Elia. Peraltro, ancora oggi, osservando con attenzione i grossi blocchi di pietra calcarea, sapientemente lavorati che affiorano alla base dell’edificio posto a lato della chiesa, fra la piazza e viale Calamosca, si può ipotizzare la presenza di edifici romani o quanto meno un riutilizzo di materiale lapideo di epoca romana proveniente da edifici non troppo lontani dalla attuale ubicazione.

Gli anni passarano e circa un secolo più tarai giunsero le scoperte del professor Taramelli che, soprattutto nella Grotta dei Colombi, scoprì una serie di preziosi reperti dell’era prenuragica, ascrivibili al neolitico antico. Oltre a del pregevole materiale ceramico pare siano state rinvenute anche delle statuette di bronzo, punte di freccia e lance. Alcune caratteristiche di questa grotta sono la grande presenza di guano di colombi, particolarmente apprezzato come fertilizzante, e l’impressionante quantità di ossa umane che si rinvengono. Nel corso della pestilenza che nel 1600 colpì Cagliari molti cadaveri venivano lasciati proprio in questa grotta e portati sopra delle grandi chiatte e, successivamente, anche dal vicino Lazzaretto di Sant’Elia. Dalla stratigrafia del terreno si rilevano una grande quantità di osse umane accatastate.

Altre importanti scoperte si devono al professor Enrico Atzeni che ha studiato con attenzione vari ripari sotto la roccia calcarea nei quali, molto probabilmente, i primi abitanti di Cagliari trovarono protezione e rifugio. In questo contesto ha saputo ritrovare le tracce di civiltà antichissime che si cibavano di patelle e di Prolagus Sardus, un particolare tipo di roditore di cui i nostri antenati si cibavano che cacciavano utilizzando strumenti litici, come mazze, frecce e lame in ossidiana. Tracce che risalgono sino a 10 mila anni fa.

Fonte: L’Unione Sarda 29/08/2005
Autore: Roberto Copparoni
Cronologia: Arch. Romana

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