Nel biennio 2017-2018, un gruppo di archeologi ha effettuato una lunga serie si scavi nel cimitero romano “Heilmannstraße”, sito nel territorio della città di Nida, un’antica città non lontana da Francoforte in Germania. Il territorio attorno a quella città è ritenuto uno dei maggiori e più importanti siti archeologici della regione dell’Assia.
Attorno al 70 d.C., era un centro militare romano che, dopo che l’esercito si ritirò nei primi anni del II secolo, si sviluppò in maniera culturale, amministrativa, economica, religiosa. La città di Nida divenne la capitale di quella regione e fino alla prima metà del III secolo ebbe una grande agiatezza e prosperità.
I lavori interessarono 127 tombe distribuite su un’area di circa 500 metri quadrati. In una di queste tombe, occupata dal corpo di un uomo dell’età fra i 35 e i 45 anni, appoggiato sul collo era un amuleto d’argento, come se lo indossasse su un nastro quando fu seppellito. Questo tipo di amuleto è ritenuto un filatterio, cioè un contenitore utilizzato per proteggere scritti di natura religiosa o magico nei tempi antichi.
Questo dimostrò di essere il più importante fra i tanti oggetti rinvenuti: si trattava di un minuscolo contenitore, costituito da un piccolo tubo, lungo appena 3 centimetri e mezzo, di sezione esagonale e con due anelli che sicuramente servivano per tenerlo appeso a qualcosa affinché non andasse perduto. All’interno era una sottilissima lama d’argento arrotolata, riportante un’incisione, definita misteriosa, che fu chiamata l'”Iscrizione d’Argento di Francoforte“.
Il reperto fu consegnato nel 2024 al LEIZA (Leibniz Centre for Archaeology) di Mainz (Magonza) ed esaminato dal Professor Markus Scholz dell’Università di Francoforte sul Meno. Egli era un archeologo esperto di iscrizioni latine: del resto lo scritto era in quella lingua. Anzi, a questo proposito, lui ricordò che di solito le iscrizioni su quel tipo di amuleti erano in greco o ebraico. Studiando con pazienza certosina le 18 righe dello scritto, gli riuscì la decifrazione e, con l’aiuto di esperti della storia della teologia, ne fu compresa ed interpretata la natura religiosa del Cristianesimo. E ciò che a loro sembrò strano fu il fatto che quella lamina contenesse elementi che si riferivano esclusivamente alla fede cristiana, contrariamente a ciò che di solito avveniva negli amuleti di quel tipo, dove si affrontavano questioni riguardanti fedi varie e altro ancora: qui il Cristianesimo era solo!
In precedenza, al Museo Archeologico di Francoforte, l’amuleto fu trattato nella giusta maniera per restaurarlo e conservarlo. Che la sottilissima lamina d’argento fosse fragile e facile da essere irrecuperabilmente recuperata, qualora fosse stata maltrattata, era chiaro, per cui nel 2019 si tentò di capire qualcosa in merito all’iscrizione che riportava, senza tentare di srotolarla, piegata e pressata com’era da circa 1.800 anni, sotto uno strato di terra. Si provò di capirci qualcosa con l’esame microscopico ed ai raggi X, ma non si cavò un ragno dal buco.
Alla fine, Scholz e chi lo aiutò, riuscirono a decifrare lo scritto per mezzo della moderna tomografia computerizzata, cioè di quella tecnica diagnostica che, con l’uso dei raggi X, riesce a vedere all’interno di un corpo, creando immagini chiare e tridimensionali; essi sono stati concordi nel ritenere che il contenuto, sicuramente riguardante il Cristianesimo, fosse eccezionale, soprattutto per l’età del reperto: infatti, si trattava di un oggetto la cui nascita avvenne fra il 230 e il 260 d.C.
In effetti, i primi ritrovamenti di documenti che parlano della vita cristiana a nord delle Alpi, nella Gallia e nella Germania, forse partono dalla fine del II secolo, mentre la sicurezza si ha solamente con inizio nel IV secolo.
L”Iscrizione d’Argento di Francoforte’ fu tradotta in tedesco il 4 dicembre 2024, e in inglese; la traduzione in italiano, con tutti i dubbi dei decifratori evidenziati dal punto interrogativo e dalle parentesi rotonde e quadre, è nelle 18 righe seguenti:
(Nel nome?) di San Tito.
Santo, santo, santo!
Nel nome di Gesù Cristo, Figlio di Dio!
Il Signore del mondo
resiste [al meglio delle sue capacità?]
tutti gli attacchi(?)/battute d’arresto(?).
Il Dio (?) concede
l’ingresso al benessere.
Questo mezzo di salvezza (?) protegge
chi si arrende alla volontà
del Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio,
poiché davanti a Gesù Cristo
tutti in ginocchio si piegano a Gesù Cristo: i celesti,
i terreni e i sotterranei, e ogni lingua
confessa (a Gesù Cristo).
Qualche nota. San Tito era discepolo e confidente dell’apostolo San Paolo. “Santo, santo, santo” è un’invocazione che comparve nella liturgia cristiana solamente dopo il IV secolo. Alla fine dello scritto si trova l’inno di Cristo di Paolo tratto dalla sua lettera ai Filippesi.
Il Prof. Dr. Wolfram Kinzig dell’Università di Bonn, durante un’intervista, ha affermato che l’iscrizione è uno dei più antichi documenti utilizzati nella Germania occupata dai Romani, in quanto ha richiamato l’attenzione sui Filippesi.
Si è trattato di una scoperta importante, al di là della natura dell’oggetto che è importante per se stessa? Si direbbe di sì, giacché è un significativo contributo per conoscere cosa fosse allora il Cristianesimo, giunto in Europa prima di quanto si era ritenuto in precedenza. L’amuleto è una conferma che il Cristianesimo era laggiù diffuso già nel III secolo.
Si potrebbe dire che gli esperti ed i teologi, in merito alla conoscenza del cristianesimo originario sono ancora all’alba del loro lavoro; ma diamo loro il tempo per giungere a valutare fino in fondo quanto la scoperta sia stata importante.
Autore:
Mario Zaniboni – zamar.22blu@libero.it













