La pratica divinatoria basata sull’osservazione del volo degli uccelli (auspicium), effettuata da sacerdoti detti auguri, fu molto diffusa tra i Romani e, più in generale, tra gli Italici.
L’auspicium faceva parte anche della disciplina etrusca ed era probabilmente inserita in quella branca che si occupava dei prodigi (Ostenta). Nonostante la mancanza dei testi originari etruschi abbiamo varie testimonianze in merito degli autori classici.
Dionigi di Alicarnasso cita specificatamente una Tirrenike oinoscopia.
Gli autori antichi evidenziano la perizia degli auguri etruschi (Strabone, XVI, 2, 39; Ovidio, Fast., II, 443-444; Porfirio, De abst., III, 4; Claudiano De IV cons. Hon., 145).
Viene precisato che Atto Navio, grande augure sabino, era stato addestrato dal più esperto degli auguri etruschi (Dionigi di Alicarnasso, III, 70, 15).
Con riguardo al viaggio/trasferimento su carro di Lucumone (il futuro re di Roma Tarquinio Prisco) e della moglie Tanaquilla da Tarquinia a Roma, le fonti (Livio, I, 34, 8-9; Dionigi di Alicarnasso, III, 47, 3-4) riferiscono che all’arrivo nei pressi del Gianicolo un’aquila scese in picchiata e tolse il pileo al Lucumone e che, dopo aver volteggiato varie volte nel cielo, glielo ripose sulla testa. Precisano gli autori antichi che Tanaquilla – esperta, come lo sono di solito gli etruschi, nell’interpretazione dei celesti prodigi -, considerato il tipo di volatile, il suo moto, la parte del cielo dalla quale era venuto e quindi la divinità che lo aveva inviato e che il presagio era stato effettuato sulla testa (la parte più alta del corpo di Lucumone) abbracciò il marito invitandolo a confidare in eccelsi ed eccezionali eventi favorevoli.
L’interpretazione della volontà degli dei tramite l’auspicium da parte degli Etruschi è attestata anche dall’archeologia.
Nella Tomba François – databile alla metà del IV secolo a.C. – presso la Necropoli di Ponte Rotto a Vulci su di una parete dell’atrio è raffigurato Vel Saties (forse il committente della tomba). La figura maschile è in piedi, è coronata ed indossa la toga picta purpurea, ornata di figure di danzatori e pirrichisti. Il volto è rivolto verso l’alto per trarre auspici dall’osservazione del volatile (un picus martius) che il piccolo Arzna (un nano o un ragazzo?), accovacciato ai piedi dell’aristocratico, tiene legato con la destra e lancerà con la sinistra. L’azione augurale sembra da mettere in relazione con un’impresa militare (veste trionfale di Vel Saties).
Bronzetto di augure, databile al 500 – 480 a.C., conservato al Musée du Louvre a Parigi. Il sacerdote (alt. cm 8, privo della parte inferiore delle gambe), forse di produzione volterrana, è rappresentato, stante, in posa rituale durante l’osservazione del volo degli uccelli. Il personaggio, che veste una tebenna, volge la testa in alto verso destra, tiene il braccio destro sul fianco e si appoggia col sinistro ad un bastone nodoso.
Ansa di Schnabelkanne (di provenienza sconosciuta) del V secolo a.C. presso il Museo C. Cilnio Mecenate Arezzo. Nella placchetta quadrangolare dell’ansa vi è rappresentato un augure barbato, nudo con manto attorno alla gamba destra, seduto su una costruzione a blocchi. Il sacerdote, che indossa un copricapo aderente, volge la testa verso l’alto a sinistra e tiene il mento appoggiato alla mano destra.
Cippi tombali (rientranti nel corpus delle cd. pietre fiesolane) con rappresentazione, su una delle quattro facce, di augure stante volto verso sinistra, con lituo (bastone privo di nodi, con estremità ricurva) sulla destra e braccio sinistro piegato ad ansa con la mano poggiata sul fianco. In particolare si tratta del cippo di San Tommaso (murato sulla parete esterna della Chiesa di San Tommaso a Firenze), del cippo Inghirami (proveniente dalla campagna fiorentina) e della stele di Frascole (nel territorio di Dicomano) del VI-V secolo a.C.
Una tomba a camera della necropoli della Banditaccia a Caere, databile ai primi decenni del VI secolo a.C., ha restituito un lituo di lamina bronzea; è stato ipotizzato che uno dei defunti ricoprisse in vita il ruolo di augure.
Dalle fonti classiche e dai reperti archeologici si può quindi ritenere che anche gli auguri Etruschi interpretassero il volere divino tramite l’osservazione del volo degli uccelli seguendo precise regole. I sacerdoti, con le braccia e con il lituo, suddividevano idealmente il templum (volta celeste) in quattro quadranti, ciascuno a sua volta distinto in quattro sezioni. In ognuna delle sedici regioni celesti veniva poi collocata una divinità. L’esito (favorevole o sfavorevole) dell’operazione dipendeva dal tipo di uccello, dalla direzione del volo (parte del cielo di provenienza e zona d’arrivo e relative divinità di riferimento) e dalla voce del volatile.
Sull’interpretazione del volo degli uccelli da parte degli Etruschi cfr, tra gli altri:
– Giovannangelo Camporeale, Gli Etruschi Storia e Civiltà, UTET, Quarta Edizione, 2015, pag. 167 – 168;
– Maurizio Martinelli, Gli Etruschi Magia e Religione, Convivio, 1992, pagg. 109 e ss.;
– La Tomba François di Vulci a cura di Francesco Buranelli, Edizioni Quasar, 1987, pagg. 100 – 101;
– Mauro Cristofani, I bronzi degli Etruschi, DeAGOSTINI, pag. 150 e 267 (foto e scheda bronzetto augure presso il Musée du Louvre);
– gli Etruschi, Bompiani, 2000, pag. 592 scheda 150 (ansa di Schnabelkanne);
– L’ombra degli Etruschi Simboli di un popolo fra pianura e collina a cura di Paola Perazzi, Gabriella Poggesi, Susanna Sarti, edifir Edizioni Firenze, 2016, pagg. 92 (scheda del Cippo di San Tommaso), 93 (scheda del Cippo Inghirami), pag. 113 (Stele di Frascole).
Di seguito immagini di Vel Saties (tomba François), del bronzetto del Musée du Louvre, della stele di Frascole e del lituo da Caere.
Autore: Michele Zazzi – etruscans59@gmail.com













