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AUSTRIA. La Venere di Willendorf.

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Mentre nel 1990 stava effettuando ricerche e scavi sopra un terrazzo alluvionale situato una trentina di metri sopra la sponda sinistra del Danubio, non lontano dal paese di Willendorf in der Dachau in Austria, l’archeologo Josef Szombathy, insieme con altri reperti rinvenne una statuetta alta circa 11 centimetri, risalente al Paleolitico, ultima era glaciale; cioè il periodo iniziato circa due milioni e mezzo di anni fa per concludersi convenzionalmente attorno al 10.000 a.C., quando l’uomo da nomade si trasformò in stanziale, dedicandosi all’agricoltura.
Il parere di qualcuno è che la sua età sia circa di 32.000 anni, mentre per altri è fra 24.000 e 22,000 anni, comunque sono sempre tanti.
A proposito della sua origine, si presume che sia italiana, anzi si potrebbe dire che ci sia la certezza che provenga da una cava della località trentina di Sega di Ala, posta sui Monti Lessini a cavallo fra il Trentino e il Veneto. Questa precisione sta nel fatto che il materiale di cui la statuetta è costituita, è una pietra che, oltre a contenere limonite e resti di conchiglie, presenta il minerale oolite, che si trova solamente in questa zona. Questa conclusione deriva dai risultati degli approfonditi studi effettuati dall’Università di Vienna e dal Naturhistoriches Museum.
La statuetta, sicuramente realizzata utilizzando attrezzi di pietra, riproduce una forma femminile nuda, con una sproporzione fra le varie parti: infatti, mentre le gambe prive di piedi sono corte e sottili, così come le braccia appoggiate sul seno, la parte centrale del corpo è enorme, con seni come due palloni, il ventre gonfio e le natiche di dimensioni eccezionali; insomma, si tratta di campioni di rotondità al di fuori di ogni norma e di tutto rispetto. La testa è rotonda e senza i tratti del viso e su di lei non si capisce se quello che si vede sia una capigliatura, un copricapo o quant’altro. L’intero corpo, con rifinitura superficiale molto ruvida, è ricoperto da una sostanza argillosa di colore rossiccio.
Quella figura femminile, definita steatopigia, nel senso che ha i fianchi esagerati, viene chiamata ironicamente, ma anche simpaticamente, Venere, ma – intendiamoci bene – non certo per la bellezza che si riscontra in certe raffigurazioni della dea, come nella Venere di Milo oppure in quelle del Botticelli, del Giorgione, del Vecellio e di tanti altri artisti, scultori e pittori.
Pertanto, lungi dal ritenere che nel passato le forme della statuetta di cui si parla fosse un modello di bellezza. Piuttosto, si trattava di esprimere con le forme la fertilità femminile puntando sugli enormi seni e sull’apparato sessuale ben in evidenza, mentre qualcuno è dell’avviso che in ciò che copre il capo si possa riconoscere una carica erotica.
I quesiti in merito alla funzione del reperto possono essere diversi come lo sono le ipotesi che se ne possono trarre.
Perché mancano i piedi? Forse perchè i piedi erano inutili se si intendeva porre la statuetta dritta, piantandola nel suolo (la Santa Madre), per significare una volta in più la fertilità femminile. Poteva essere un giocattolo? Possibile, ma improbabile!
Questo oggetto che viene dal lontano passato non è un caso isolato, giacché si riscontra che in tutta l’Europa se ne siano ritrovati oltre duecento (in pietra, osso o avorio), il che significa che era noto ed apprezzato e siamo noi nell’ignoranza a cosa servisse.
E se si fosse pensato che a quei tempi una compagna indesiderata delle popolazioni era la fame e che il vedere una donna sovrappeso volesse semplicemente chiarire che il cibo che aveva a disposizione era abbondante, potendo abbuffarsi liberamente e, naturalmente, diventando un sacco di lardo? Anche questa ipotesi potrebbe essere corrispondente alla realtà. Oppure, perché non ritenere che le donne del Paleolitico avessero un grande potere sulla loro comunità e che la forma della statuetta servisse per dimostrarlo visivamente? Ecco che ritorna quanto ho ricordato più sopra, facendo riferimento alla Grande Madre, questa volta in un altro senso.
Comunque, come già detto, sono più di duecento le statuette rinvenute in tutta l’Europa, però nessuna è in grado di contrastare l’unicità della Venere di Willendorf, perché, sino a oggi almeno, nemmeno una di queste ha dimostrato di contenere oolite.

Autore: Mario Zaniboni – zamar.22blu@libero.it

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