La tomba Orioli, nell’ambito della necropoli etrusca di Castel d’Asso (Viterbo), prende il nome dall’archeologo viterbese Francesco Orioli, che la scoprì e la documentò per primo.
È una tomba di tipo “a semidado” (o “finto dado”), caratteristica tipica delle tombe etrusche rupestri: presenta una facciata scolpita a forma di dado, con uno spazio intermedio — il vano di sottofacciata — ed infine la camera funeraria vera e propria.
Ai lati della facciata principale si distingue uno sperone di roccia con scolpite due porte finte, sebbene ormai un po’ sbiadite. Inoltre, nel vano di sottofacciata sarebbero incisi alcuni numeri in scrittura etrusca, probabilmente ad indicare l’area di rispetto intorno alla tomba.
La camera funeraria è sorprendente per la sua lunghezza: circa 17 metri, risultando la più ampia accessibile nella necropoli. All’interno, le deposizioni erano distribuite secondo uno schema definito “a spina di pesce”: si contano 62 sepolture su due banchine laterali, alcune riservate a bambini ed altre, più ampie, per adulti. Il soffitto è basso e sinuoso, creando un’atmosfera suggestiva che può risultare claustrofobica per alcuni visitatori.
La tomba fu utilizzata dal 250 al 150 a.C., vale a dire durante la tarda epoca etrusca ed i primi decenni della repubblica romana .
La Tomba Orioli unisce monumentalità ed intimità: uno spazio lungo e protetto, ricco di dettagli simbolici e funebri, che racconta la storia di una comunità etrusca che praticava riti funerari complessi e duraturi.
Il contrasto tra la forma imponente della facciata e la profondità quasi domestica della camera rende la visita un’esperienza intensa e toccante.
Autore:
Alessandro Barcherini 17 agosto 2025













