Archivi

SAN NICANDRO GARGANICO (Fg). Devia e la grotta dell’Angelo: dal paleolitico al Medioevo sulle tracce dell’Arcangelo.

Sul Monte Devio (o d’Elio), in contrada Pennacchio, una grande fenditura, quasi fosse la bocca di un antico drago pietrificato, si contrappone alla sagoma rilucente del lago di Lesina, rivolta verso ovest, lungo una profonda forra che incide il versante occidentale della montagna.
Si tratta della cosiddetta Grotta dell’Angelo, posta a circa 150 m sul livello del mare, che un tempo apparteneva al territorio dell’antico borgo di Devia e che oggi è ufficialmente situata nell’agro della vicina città di San Nicandro Garganico.
Pochi sanno che, tra tutti i luoghi di culto dedicati all’arcangelo Michele, questa Grotta dell’Angelo è uno dei più importanti del Gargano e dell’intera regione Puglia, dopo il ben noto Santuario di Monte Sant’Angelo e la Grotta di San Michele, della vicina città di Cagnano Varano.
Una leggenda religioso–popolare vuole, infatti, che qui l’Arcangelo Michele, diretto a Monte Sant’Angelo, vi si sia fermato per una sosta.
Si tratta, a tutti gli effetti, di un luogo estremamente suggestivo, dove la conformazione della grotta stessa sembra richiamare la testa di un enorme rettile, una sorta di lucertolone o, come anzidetto, di una specie di drago, con la bocca spalancata, il naso ed un solo occhio, chissà, magari ammansito dallo stesso Arcangelo Michele e lasciato, in situ, come guardiano di uno dei luoghi a lui più caro.
Di certo il vasto panorama, ammirabile dalla grotta, è tra i più belli dell’intero promontorio garganico: ad ovest, giusto di fronte alla cavità, una serie di curve e parabole di terra disegnano le forme di specchi d’acqua che sembrano essere separati tra loro, dando così l’impressione di osservare una sorta di bassi fiordi garganici, ma che appartengono ad un unico corpo salmastro, qual è il lago di Lesina; a nord-ovest, agri verdeggianti precedono un lungo litorale dorato che introduce all’azzurrità corale dei flutti armoniosi, come tonalità composte di un’unica voce, il mare Adriatico, che avvolge, verso nord, le forme tanto inconfondibili delle Isole Tremiti, impronte leggendarie di tempi antichi.
Infine, al di sotto della grotta, adiacente alla strada asfaltata, un balconcino di terra battuta permette di osservare due antiche torri d’avvistamento: Torre Mileto, bella ed imponente, forte del suo restauro si mostra facilmente agli occhi dell’osservatore; Torre Calarossa, verso est, diroccata ed isolata, difficilmente osservabile.
Il visitatore si ritrova davanti ad un ingresso molto ampio; sulla destra enormi massi testimoniano un’antica frana, mentre giusto all’imbocco della cavità sono presenti i resti di un muro in pietra (eretto nel Medioevo?), quando la grotta fu deputata a luogo di culto, probabilmente per sostenere un cancello.
L’interno si presenta di forma abbastanza regolare, con un ambiente iniziale lungo circa una ventina di metri, al termine del quale si incontra un trivio.
A est, frontalmente, ed a sud, sulla destra, la cavità, in breve, termina con alcuni angusti cunicoli, mentre verso nord, sulla sinistra, è possibile percorrere una galleria di dimensioni più modeste, che si sviluppa, in modo regolare, per un’altra quindicina di metri dove, attraverso uno stretto passaggio, si conclude il percorso in una piccola camera situata più a lato.
È interessante notare, proprio nel punto in cui la galleria principale si divide, un’antica cisterna, sulla destra, probabilmente adibita alla raccolta delle acque stillanti dalla roccia. La presenza dell’acqua è un elemento ricorrente e molto importante nel culto dell’Arcangelo Michele. I fedeli ritenevano miracolosa per la vista l’acqua originata dallo stillicidio continuo. Essi, infatti, intingevano le dita nel sacro liquido e si bagnavano gli occhi.
La Grotta dell’Angelo risulta menzionata, allo stato attuale della documentazione, sin dal 1043. In tale data venne rogato un atto di compravendita di un appezzamento di terra, sito lungo una «via que pergit ad ipsa Grotta Sancti Angeli».
Alcuni anni dopo, nel testo di una donazione rogata a Devia nel marzo del 1054, viene menzionato un certo percorso «per ipsam viam de grutta et ecclesia Sancti Michaelis archangeli» o, più semplicemente, «in ipsa via Sancti Angeli», mentre tra le quattro chiese, sempre in territorio di Devia, confermate da papa Alessandro III al monastero di S. Maria di Tremiti, troviamo anche S. Angelo de Rocca.
Si può ipotizzare che per un certo tempo è perdurato un sacro culto dell’angelo guerriero e, fino a non molto tempo fa, vi era una statuetta di San Michele posta su una sporgenza rocciosa della caverna, secondo il racconto dei locali.
Va qui ricordato, inoltre, che il culto micaelico, originariamente, fu essenzialmente naturale e ristoratore, e che solo dopo essere giunto a Siponto, a contatto con i Longobardi, accentuò quelle caratteristiche di culto guerriero, presentando l’Arcangelo Michele come capo delle milizie celesti, nemico del drago.
Tutta la zona del Monte Devio presenta tracce di antiche popolazioni che fin dal Paleolitico abitavano queste contrade.
Fu il valente studioso Squinabol a trovare sul pendio, verso la Torre Calarossa, antichi resti umani. Un cranio umano, interpretato come neandertaloide, venne successivamente ritenuto meno antico dal prof. Masali dell’Istituto di Antropologia dell’Università di Torino, che lo collocò in un periodo forse posteriore al Paleolitico.
Lo stesso Squinabol eseguì numerosi altri scavi nell’agro di San Nicandro Garganico, come nelle contrade di Pian della Macina, di Calarossa ed in quella di S. Andrea, rinvenendo così, in diverse antiche tombe, numeroso materiale osteologico, depositato in seguito nel Museo di Antropologia di Torino. Purtroppo di questi reperti si hanno scarse notizie e non sempre attendibili.
Il Rellini, che visitò la Grotta dell’Angelo già negli anni ’30, notò tracce di capanne, forse eneolitiche, nel fondo di Nicola Palma, nella contrada Perazzola e, nello stesso tempo, rinvenne strumenti di selce ed un mazzuolo di pietra levigata.
Venne anche fuori una necropoli di età ellenistica, nel fondo di Nicola Murano, detto Giacchetta. Nei pressi, infatti, notò una grotta con un loculo incavato nella parete e davanti all’entrata portò alla luce un solco lungo una ventina di metri, con numerosi scheletri depositati in fila.
Nella Grotta dell’Angelo, a partire dal 1967-1968, vennero condotti scavi sistematici eseguiti sotto la direzione di Mara Guerri, dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria di Firenze, che hanno portato ad individuare un livello con vari strumenti litici del tipo gravettiano, risalenti al Paleolitico superiore.
Sopra questo strato, compreso fra m 1.50 e 2.60 di profondità, sono stati individuati reperti dell’età del Bronzo, molto simili a quelli rinvenuti sul pianoro sovrastante la grotta ed in altre località vicine. Un raschiatoio di selce rinvenuto incrostato sulla parete, a circa m 1.60 dall’attuale piano di calpestio, indica come la grotta sia stata sterrata, probabilmente per adibirla ad un uso cultuale precedente a quello di S. Michele.
Più in superficie, sopra i livelli preistorici, strati di epoche dauna, romana e medievale custodivano tavelloni, ceramiche a vernice nera e dello stile di Gnathia, qualche frammento di ceramica sigillata di età imperiale, un pezzo di colonnina con un’incisione a forma di palma stilizzata, di età tardo-antica, e tre tombe altomedievali, orientate sull’asse est-ovest, coperte da lastroni calcarei disposti a embrice.
Sulla parete destra, a circa 5 m dall’ingresso della grotta e all’altezza di circa m 3.40 dal piano di calpestio attuale, si possono osservare alcune forme geometriche parietali che sono profondamente incise nella roccia calcarea e che richiamano, secondo alcuni studiosi, analoghe manifestazioni a scopo rituale e magico, praticate dalle genti paleolitiche della cultura romanelliana.
La prima incisione è rappresentata da tre coppelle, a formare una sorta di motivo serpeggiante, mentre la seconda incisione parietale, a circa 80 cm dalla prima, verso l’interno della caverna, è composta da tre tratti rettilinei leggermente convergenti verso il basso.
In questo intreccio di pietra e silenzio, la Grotta dell’Angelo continua a custodire, oltre ogni tempo, l’eco profonda di presenze umane e divine, sospese tra il visibile e l’invisibile come se, a distanza di millenni, non avesse ancora finito di raccontarci tutti i suoi segreti.

Fotografie: G. BARRELLA e A. GRANA.

Fonti:
– “Note di archeologia e topografia”, V. Russi.
– “Il Gargano”, V. Russi.
– “Grotte del Gargano”, C. Fusilli (Edizioni del Parco).
– “Culto e santuari di San Michele nell’Europa medievale”, a cura di P. Bouet, G. Otranto e A. Vauchez (BIBLIOTHECA MICHAELICA).
– “Gargano Antico”, M. Mazzei e A. M. Tunzi (CLAUDIO GRENZI EDITORE).
– “Il Gargano tra medioevo ed età moderna”, a cura di P. Corsi (Quaderni del Sud).
– “Pellegrinaggi, pellegrini e santuari sul Gargano”, a cura di P. Corsi (Quaderni del Sud).
– ”San Nicandro Garganico ed il suo territorio”, G. Crisitno (Tesi di laurea, Dattiloscritto, 1970).
– “Fascino di storia sulla rupe garganica”, A. Gaeta (Tipolitografia Irpina).
– “S. Nicandro. Ieri e Oggi”, E. Lordi (Gioiosa Editrice).
– “Il popolamento del Gargano dal paleolitico alla fine dell’eneolitico”, A. Palma Di Cesnola (Atti I Conc. Interdistr. Scol. del Gargano, Edizioni Levante).

Autore: Franco dell’Aquila luglio 2025

Segnala la tua notizia