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TORINO. Apre al pubblico il Museo di Anatomia.

«L´edificio è come una cattedrale della scienza: tre navate, colonne in granito che sostengono volte a crociera, vetrate retroilluminate, cappelle laterali con i ritratti degli anatomisti e naturalisti del passato. Era così nel 1898, quando è stato inaugurato. Così lo ritroviamo oggi, è come se in tutti questi anni si fosse cristallizzato. Certo porteremo qualche novità, ma solo sul piano della comunicazione».
Il professor Giacomo Giacobini, ordinario alla Facoltà di Medicina, presenta con un certo orgoglio il Museo di Anatomia. Questa sua «creatura» (ne segue da anni i lavori e le ricerche, ne sarà il responsabile) verrà svelata per la prima volta al pubblico il 12 febbraio, dopo 3 anni di lavori e restauri e 750 mila euro investiti da Università, Città e Regione. Avrà sede nel Palazzo degli Istituti Anatomici, in corso Massimo d´Azeglio 52.
«È il primo tassello del Museo dell´Uomo, un nuovo polo dedicato alla tradizione scientifica torinese, sancito da una convenzione creata nel 2001 tra Università e Regione – continua Giacobini – Il prossimo anno inaugureremo il Museo Lombroso, seguirà quello dedicato alle collezioni di Antropologia ed Etnografia dell´Università».
Lo stesso giorno aprirà anche, in quel palazzo, il Museo della Frutta. Presenta la collezione di più di mille «frutti artificiali plastici» modellati dal «ceroplasta» Francesco Garnier Valletti a fine Ottocento e il patrimonio storico della «Regia Stazione Chimica Agraria», confluita nel 1967 nell´Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante (oltre ai frutti, ci saranno gli arredi originali della stazione con i suoi uffici e una biblioteca ricca di più di 19 mila volumi). Ancora esempi di quella cultura scientifica che tra anatomisti e naturalisti, tra fisiologi e zoologi, tra psichiatri e antropologi criminali (un nome per tutti, quello di Cesare Lombroso), portò Norberto Bobbio a definire Torino «la capitale del Positivismo italiano».
Ma, se il Museo della Frutta nasce oggi dall´unione di diverse collezioni, quello di Anatomia ha una lunga storia. Iniziata nel 1739, quando nasce il Museo Accademico delle Scienze, il più antico di Torino, nel Palazzo dell´Università di via Po. Al 1898 risale il trasferimento delle collezioni anatomiche in corso Massimo d´Azeglio, a opera di Carlo Giacomini, professore di Anatomia e studioso del cervello. Il museo chiuse però pochi anni dopo, per riaprire ora, così com´era.

Giacomini morì dopo avere portato a termine il trasloco dei suoi modelli e manichini: lasciò in eredità al museo il proprio scheletro e cervello, entrambi esposti con tanto di nome e cognome di appartenenza. Ma non è certo questa l´unica «curiosità» di collezioni straordinarie che annoverano più di 200 modelli in cera, preparati anatomici a secco e in liquido, cartapesta e legno. E poi feti ed embrioni, reperti che interessano l´antropologia e la primatologia ma anche la storia dell´arte, strumenti e documenti.

«C´è da una parte la volontà di tutelare il patrimonio scientifico in quanto bene culturale, come sancisce il Codice dei beni culturali, e dall´altra di lanciare un messaggio scientifico, per recuperare un´importante tradizione – continua Giacobini – Con l´intento di impedire che venga data una lettura errata di questi reperti umani, tendente magari all´horror e al noir: esiste un codice deontologico internazionale che lo vieta».

Tra i pezzi più pregiati, un manichino di «donna di ordinaria grandezza gravida di sei in sette mesi solo nel ventre aperta» e quello dell «Uomo di Auzoux». Era questa una statua scomponibile in cartapesta realizzata a Parigi da Louis Jérome Auzoux, assai utile per le esercitazioni. Pare costasse tantissimo, circa 3000 franchi, la metà dello stipendio annuale di uno scienziato. Luigi Rolando, medico di corte dei Savoia, chiese un aiuto e Carlo Felice finanziò l´acquisto. Tra i pezzi che si vedranno in mostra, la sagoma di Giacomo Borghello, un gigante da circo alto 2 metri e 20, morto nel 1830, ma anche quella di un nano. Poi un modello in cera di testa appoggiata su un supporto lastronato, del 1780, accanto a un cervello in legno e avorio realizzato nel 1864 da un tecnico del museo. Non mancano gli omaggi all´arte, come la rara serie colorata della «Grande Anatomia» di Paolo Mascagni, realizzata tra il 1823 e il ´31. Con l´evolversi degli studi anatomici, dai preparati in cera si passò alle collezioni di organi veri e all´allestimento di preparati di «anatomia naturale», anch´essi esposti nelle bacheche.

«Questo è un museo che presenta un prezioso patrimonio ma anche se stesso, in quanto esempio di struttura ottocentesca rimasta immutata – conclude il professor Giacobini – Con un´attenzione particolare alla comunicazione della sua storia ai visitatori».
Ci saranno tre aree video, nell´atrio di ingresso, al centro della prima sala e all´inizio della seconda. Dopo più di un secolo di chiusura (solo negli ultimi anni erano previste alcune visite guidate su prenotazione), il museo non avrà dunque più segreti.
Il pubblico potrà entrare dal 13 febbraio, da lunedì a sabato 10-18, mentre il portone resterà chiuso la domenica.

 


 


Fonte: La Repubblica 30/01/2007
Autore: Marina Paglieri
Link: http://www. torinoscienza.it/anatomia

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