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NAPOLI. La tomba della Sibilla a Cuma.

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A pochi metri dal moderno ingresso degli scavi archeologici di Cuma, dimenticata dalla Soprintendenza e coperta dai rovi, c’è la cosiddetta «tomba della Sibilla». In realtà, si tratta di un ambiente termale risalente al II sec a. C., lasciato al più completo abbandono.
I resti del complesso antico, identificati erroneamente nei primi del Settecento come il sepolcro della profetessa greca, sono oramai quasi del tutto invisibili, ricoperti da un’enorme coltre di rovi e sterpaglia. La struttura, da tempo senza protezione, è spesso usata come rifugio di tossicomani e clochard, come raccontano alcuni residenti nella zona.
NESSUNA PROTEZIONE
sibilla_2«Tempo fa c’erano delle reti metalliche ad impedirne l’accesso, ora non c’è più nulla». È il commento amareggiato dei residenti di via Vecchia Licola, la strada che costeggia l’antico monumento romano lasciato senza alcuna protezione. «Dappertutto è degrado – commenta un abitante della zona -. Spesso notiamo qualcuno che s’introduce nella struttura abbandonata, non sappiamo cosa facciano lì dentro, ma crediamo siano tossicodipendenti o clochard in cerca di un rifugio».
IL SITO
sibilla3«La “tomba della Sibilla” è un sito di notevole interesse storico, come del resto l’intera zona della città bassa dell’antica Cuma» spiega Filomena Costigliola, archeologa dal 2006 impegnata nelle campagne di scavo per conto del Centro Jean Berard di Napoli.
«Nello specifico, l’opera è stata edificata tra la fine del III e gli inizi II a.C. con rifacimenti successivi. Da ricerche condotte in passato è stata ritrovata anche una base marmorea con incisa una dedica osca sulla facciata superiore che collocherebbe l’edificio ad un’epoca precedente, quale sede del Gymnasium (palestra) della città osco/sannita».

Autore: Antonio Cangiano

Fonte: Corriere del Mezzogiorno.it, 02/02/2011

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