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NAPOLI. Carandini boccia il museo archeologico.

«Il Museo Nazionale di Napoli ha una capacità di raccontare storie drammaticamente scarsa».
Una bocciatura secca quella di Andrea Carandini, archeologo e presidente del Consiglio superiore per i beni culturali. Lo studioso settantaquattrenne ha rilasciato un’intervista a Vittorio Zincone sul Magazine del Corriere della Sera in edicola ieri. E tra i tanti temi trattati il discorso è caduto anche sull’Archeologico napoletano: «Ci sono stato recentemente con i ministri Ornaghi e Cancellieri. Li ho portati pure a Sing Sing».
«Dove, scusi?», ribatte l’intervistatore. E il presidente: «E il nomignolo con cui vengono chiamati i sottotetti del museo, dove sono ammonticchiati tutti i tesori di Pompei». Carandini spiega poi che ogni museo ha una sua Sing Sing e che il problema sarebbe mettere a frutto quei tesori nascosti. Eppure Mario Resca, nelle stesse pagine qualche mese fa, aveva esaltato la bellezza e l’unicità del museo napoletano. Ma che cosa c’è nelle «celle» dell’arte nel Museo Nazionale, che occupano una superficie di circa seimila metri quadrati? Un po’ di tutto. C’è chi giura che nemmeno i vertici del museo siano a conoscenza della reale entità di questo patrimonio in giacenza. Ma la direttrice dell’Archeologico, Valeria Sampaolo, smentisce decisamente: «Che sciocchezza, sappiamo benissimo che cosa c’è a Sing Sing».
E sono in corso progetti di restauro e catalogazione? «Certo, ma ci vorrà un pezzo a terminarli. E inoltre, una volta finiti, non ci sarà comunque spazio per esporre i reperti. Nonostante ciò, i pezzi che giacciono nelle celle hanno una loro vita».
Sarebbe a dire? «Sono quelli che viaggiano più spesso. Ormai la tendenza è quella di prestare ai musei stranieri proprio i reperti non esposti nelle sale. Perché bisogna considerare che se alcuni pezzi dell’Archeologico sono davvero unici, molti altri hanno dei loro “doppioni”». A che cosa si riferisce? «Per esempio al vasellame pompeiano in bronzo, di cui conserviamo diverse serie a Sing Sing, del tutto uguali a quelle esposte in sala».
Dunque nessuno scandalo, allora, se ci sono tante giacenze nel depositi? A Carandini la direttrice risponde che «certo si potrebbero fare altri due musei con tutto quello che possediamo. Ma un conto è costruire un museo, un altro conto è mantenerlo e soprattutto far arrivare i visitatori».
Per quanto riguarda l’Archeologico, la stagione passata non è stata delle più facili. «Ora», aggiunge Valeria Sampaolo, «stanno tornando le scolaresche e l’America’s Cup ha avuto un certo effetto. Stiamo andando meglio dopo lo stallo dell’anno scorso. Aprile è stato un ottimo mese e il primo maggio ha fatto registrare uno straordinario successo».
Intanto al Nazionale si lavora (sia pure a rilento e con sempre più scarse risorse) per il riallestimento di alcune sale e per i necessari lavori di consolidamento. «Saranno allestite prossimamente la parte topografica e la Magna Grecia, dove verranno esposti gioielli e armi e tutto ciò che proviene dalle civiltà preromane. Poi si lavorerà al piano terra, in particolare al lato occidentale del piano terra».
E verranno fuori questi famigerati tesori segreti? «Macché!» risponde secca la direttrice. «Non ci sono segreti all’Archeologico, basti pensare che fino a metà Novecento era tutto esposto, in sale strapiene, con una logica espositiva molto diversa da quella attuale. Questo però vuol dire che tutti i capolavori del Museo sono stati visti, almeno in passato».
Dagli affreschi ai mosaici, tutta l’arte «prigioniera» nei sottotetti ha avuto o ha (per brevi periodi di prestito) un periodo di libertà dalla sua Sing Sing. Che tra l’altro è solo uno dei cinque depositi del museo e ospita i materiali più leggeri e i «ritorni», ovvero i pezzi rubati e poi ritrovati dai carabinieri. Resta comunque il paradosso, non solo napoletano ma italiano, delle collezioni negate al pubblico per mancanza di fondi. Potrebbero intervenire i privati a risollevare la situazione? Un esempio è quello del notaio stabiese Ferdinando Spagnuolo che partecipa al progetto «Restoring ancient Stabiae». «Magari…», replica la direttrice Sampaolo. «Quello è un progetto varato con la sovrintendenza e non con il museo, ma ben vengano iniziative di questo tipo. Per ora non abbiamo però alcun sostegno privato».
Forse solo così Napoli potrebbe riuscire ad avere un secondo — e altrettanto bello — Museo Archeologico.

Fonte: Il Corriere del Mezzogiorno, 04-05-2012

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