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Giuliano CONFALONIERI. Archeoliguria (seconda parte).

I Liguri, popolo bellicoso e marinaro stanziato lungo l’arco appenninico settentrionale fra Marsiglia e Luni, furono notevolmente coinvolti in molte vicende. La successiva riconquista della penisola per merito delle vittorie riportate dagli eserciti romani al comando della dinastia guerriera pose le basi per una capillare riorganizzazione amministrativa. È probabilmente dell’epoca la trasformazione dell’economia agricola del territorio: anche se le aree coltivate erano ancora limitate in rapporto alle vaste estensioni boschive nelle quali selvaggina, acque pescose, frutti spontanei e legname rappresentavano una ricchezza da sfruttare, si passò dalla coltura del grano, poi importato massicciamente dall’Africa e dalla Sicilia, a quelle più ricche della vite e dell’ulivo. Lo testimoniano i frantoi (‘gumbi’) rimasti e le documentazioni che indicano nella frangitura una delle importanti risorse economiche locali, soprattutto dopo il 1300: secondo una statistica del 1531, sotto la Repubblica di Genova, la produzione di olio superava abbondantemente il fabbisogno locale per la massiccia sostituzione delle coltivazioni a vigneto con gli uliveti.
Per fare girare le macine si usavano asini o muli legati al giogo, un sistema che funzionò fino all’inizio della seconda guerra mondiale. Gli orti addossati alle casupole o alle capanne dei villici fornivano legumi ed erbe aromatiche, rape, cavoli e cipolle; la loro dieta poteva comprendere, quando vessazioni, tasse o guerriglia lo permettevano, i prodotti della pesca e della caccia di frodo, gli animali da cortile e i frutti di bosco.
È essenziale notare, per lo stretto collegamento con il grave problema dei giorni nostri, come i boschi solitamente di proprietà del Signore esponente del clero o della nobiltà fossero protetti da leggi severe, diverse da zona a zona, contro i colpevoli di taglio indiscriminato o di incendi; in particolare le ‘bandite’ erano aree protette da sorveglianti che potevano comminare ai trasgressori delle norme statutarie severe sanzioni.
Nella Val Maremola, nei pressi della biforcazione stradale che da Pietra Ligure conduce a Tovo e Giustenice (località Corti o Corte), qualche anno fa sono stati rinvenuti manufatti che potrebbero riferirsi ad una stazione romana per il cambio dei cavalli (per protezione i reperti sono stati nuovamente ricoperti).
Il ponte romano rimaneggiato in epoca medioevale sul Torrente Scarincio, il cippo militare e la pietra sulla quale, per tradizione, sedeva il magistrato mentre ‘teneva giustizia’ (jus tenens), sono ancora visibili.
Scavi nella Grotta dell’Edera e quella di Ponte di Vara nel Comune di Giustenice ed il Monte Trabocchetto in territorio pietrese, hanno evidenziato l’interesse archeologico e storico della valle.
Tutto ciò testimonia la presenza di insediamenti umani già dal Paleolitico superiore per poi attraversare l’Età del Bronzo e del Ferro fino ai ritrovamenti d’epoca romana (strati dal I sec. a.C. all’alto medioevo, appunto nella piana Corti citata in un documento del 1200).
Il ponderoso volume edito a cura della Soprintendenza Archeologica della Liguria ‘Dalla villa al villaggio’ riporta accurate documentazioni delle ricerche eseguite in occasione della posa in opera del lungo metanodotto che collega le province di Savona ed Imperia: “L’area di scavo ha la forma di una lunga e stretta trincea di 200 metri circa di lunghezza e di larghezza variabile da due a nove metri… Nella parte più centrale dello scavo, tra le murature venute in luce, sono emersi i resti abbastanza ben conservati di una vasca interamente rivestita  in cocciopesto databile al I sec. d.C. del tipo utilizzato per la decantazione dell’olio d’oliva…”.

Autore: Giuliano.confalonieri@alice.it

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