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Thomas Allocca. White Oak Arkitecture alla ricerca degli insediamenti fortificati in legno longobardi nel Parco Nazionale del Cilento.

winnili

Al loro arrivo in Italia nel 568, i Longobardi costruivano in legno. Discendenti del popolo scandinavo Winnili che migra dal sud della Norvegia o della Svezia verso l’Europa continentale all’inizio del I secolo, i Longobardi sono un popolo fondamentalmente di guerrieri, abilissimi artigiani del legno e dei metalli, con un’alimentazione basata soprattutto su caccia, pesca e allevamento, poca agricoltura. Con un’economia basata fondamentalmente sul legno e le risorse forestali, e una dieta proteica fatta soprattutto di carne, pesce, latte e uova, pochi legumi e cereali, è chiaramente un popolo degli alberi, che preferisce piantare foreste piuttosto che disboscare per farne campi agricoli. Una cultura albero-centrica che ne hanno fatto un popolo dalle incredibili abilità di lavorazione e costruzione in legno.
In realtà, tutte le popolazioni di origine norrena avevano questa visione albero-centrica della vita, della religione e della migliore economia, ed è da tale cultura che nascerà nel VII secolo quella dei Vichinghi, i più abili costruttori in legno del medioevo europeo, per certi aspetti ancora insuperati, se si pensa alle loro soluzioni a scopo antisismico, e di resistenza ai carichi di neve e alle spinte dei venti polari. E’ dalla tradizione costruttiva norrena che l’Europa medievale ha imparato a costruire in legno, ed è con i Longobardi che questo straordinario know-how arriva in Italia.

Il Progetto Winnili è un progetto di ricerca privato, finanziato e sviluppato da White Oak Arkitecture, per la ricerca degli insediamenti fortificati in legno altomedievali nel Parco Nazionale del Cilento, con l’obiettivo di raccogliere informazioni sufficienti per la creazione di un fondo privato per la ricerca e lo studio dell’architettura in legno medievale, e la fondazione di un parco archoelogico nel Cilento con la ricostruzione in scala reale di un villaggio fortificato in legno altomedievale longobardo. Il progetto di ricerca è partito a luglio 2023 ed è tutt’oggi in corso.

In Cilento, i Longobardi si insediano a seguito della conquista di Benevento intorno all’anno 570, capitale dell’omonimo ducato. Nella sua massima espansione, il ducato di Benevento fu il più grande ducato longobardo, e fu anche il più longevo, resistendo fino alla conquista normanna nella seconda metà del secolo XI, quando tutti gli altri ducati longobardi erano stati smantellati da Carlo Magno già da tre secoli, nel 774, anno in cui l’Italia diventa territorio del Regno dei Franchi.
Per i Longobardi del ducato di Benevento, il Cilento era un territorio strategico d’importanza non marginale ma primaria nelle politiche di controllo ed espansione verso sud. Sulla costa del mar Tirreno, da Salerno a Policastro, le terre cilentane erano dotate di porti ben strutturati e di lunga storia, collegati a vie greche e romane che consentivano di passare dal Tirreno all’Adriatico e allo Ionio per via terra. Nel Cilento interno, uno dei nodi di maggior importanza, quello che poi diventerà il cuore longobardo del Cilento, era l’area tra Monte Pruno e il Vallo di Diano, passaggi obbligatori, sia in entrata che in uscita, da una costa all’altra. Erano dunque aree ricche di insediamenti militari e doganali, da cui possiamo dedurre una straordinaria ricchezza di potenziali siti archeologici ancora inesplorati, e dal punto di vista del progetto Winnili, siti che potrebbero conservare ancora moltissime tracce dell’architettura in legno del periodo longobardo altomedievale.

A partire da luglio 2023, quest’area è oggetto di studio da parte del progetto Winnili con ricerca storica e analisi urbanistica e architettonica degli insediamenti di origine longobarda, o che abbiano avuto un insediamento longobardo in continuità storica con insediamenti di più antica origine, al fine di individuare precise aree di potenziale scavo archeologico, alla ricerca dell’architettura longobarda delle origini, quella tra VI e VIII secolo, che non era ancora di pietra ma esclusivamente in legno.
Ad oggi, le ricerche e le analisi hanno riportato già numerosi indizi da far pensare ad un Cilento pregno di know-how longobardo, ancora tutto da scoprire, con la formulazione di teorie affascinanti che iniziano a colmare vuoti di storia completamente ignorata solo perché non documentata. Indizi sempre più chiari e riconducibili ad un processo di incastellamento capillare, sono sempre più la conferma di una storia altomedievale di un Cilento longobardo che non fu terra marginale, né abitata da semplici pastori e contadini, ma tra le storie protagoniste della Langobardia Minor, un vastissimo territorio che comprendeva il ducato di Benevento e il ducato di Spoleto.
In tale contesto, l’area tra Monte Pruno e il Vallo di Diano fu tra le prime ad essere incastellata dopo la conquista di Benevento, dando continuità alla sua storia enotra, greca, romana, e gota, senza arrestarsi nell’alto medioevo.
Ma altrettanto sorprendente, è stata la consapevolezza che la carenza di fondi pubblici non è la sola, né la vera ragione, di una lenta, quasi immobile attività accademica e archeologica altomedievale, in un Cilento che pare interessato alla ricerca archeologica solo di greco e romano. Trascurando i secoli altomedievali, si trascurano le pagine di storia che sono state il vero e più fervente incipit della ristrutturazione post-romana dell’intera Italia. Non è un caso che dopo il greco ed il latino, la terza componente dominante nella lingua italiana è quella longobarda. La ragione della carenza di ricerca altomedievale è soprattutto politica, perché i fondi ci sono e sono anche molti, ma un Cilento spopolato non ha potere di voto, e i fondi pubblici vengono deviati verso le attività di ricerca dei centri a maggiore attrazione elettorale, e non turistica. Il turismo è una conseguenza dell’investimento. Si tratta dunque di un problema complesso, ma dal confronto con la Sovrintendenza ne è emersa una considerazione di incoraggiamento. Che ben vengano progetti di investimento privato, perché su quelli la politica non può decidere, e se si tratta di investimenti per cantieri altomedievali, la Sovrintendenza non può che esserne contenta e darne pieno appoggio, perché anche in Sovrintendenza la consapevolezza è la stessa. Carenza di personale e di fondi non consentono di distrarre verso ambiti di ricerca come quello altomedievale, ma che ben vengano progetti come il Winnili perché il Cilento ha un potenziale incredibile ancora inesplorato. Sarebbe proprio quella la ricerca accademica che potrebbe fare la differenza, incentivando interesse e attrazione mediatica accademica internazionale, attirando investitori privati, muovendo il mercato immobiliare, e questo riattiverebbe l’interesse politico nazionale verso il Cilento più trascurato.

Quando si parla di Cilento, bisogna ricordare che si parla di cinque patrimoni UNESCO, di cui uno è il Parco Nazionale. Si tratta di un territorio vastissimo, uno dei più grandi Parchi naturalistici d’Italia, ma si trascura il fatto che la sua bellezza naturalistica e la sua struttura territoriale sono eredità soprattutto longobarda. I Longobardi erano un popolo conservatore e miglioratore del territorio, non devastatore, abituato a concepire la protezione e la ottimizzazione delle risorse forestali come la più intelligente ed efficace forma di economia, ed è da tale cultura che è nato ogni presupposto per portare poi il Cilento ad essere patrimonio UNESCO. I Longobardi operarono una straordinaria politica di investimento nella riqualificazione ambientale e delle infrastrutture. Dopo la caduta della Roma imperiale e delle devastazioni portate dalla guerra tra Goti e Bizantini, l’Italia intera era un disastro. Il Cilento non da meno. Fu grazie all’incastellamento e alle bonifiche longobarde che l’Italia tornò unita, ripulita, rigenerata, e uno dei territori più appetibili dai sovrani d’Europa. Non è pensabile che in una tale opera di rigenerazione territoriale, così sistemica e mirata, quando abbia interessato aree di importanza strategica come quella tra Monte Pruno e il Vallo di Diano, non abbia significato una inimmaginabile fervente attività edilizia, la cui prima fase fu esclusivamente in legno. Ed è questa architettura che il progetto Winnili sta cercando.
Si tratta degli insediamenti fortificati longobardi di prima generazione, quelli costruiti tra i secoli VI e VIII, interamente in legno, e che nessuno cerca, sia per mancanza di progetti di archeologia altomedievale da parte della Sovrintendenza – per le ragioni spiegate – sia perché le ricerche storiche sono fatte per lo più da storici che si basano solo sull’evidente, su quanto è documentato, per cui partendo dal basso medioevo non possono che intendere l’architettura longobarda come una architettura di pietra.

Il progetto Winnili ha ricevuto appoggio istituzionale anche dalla direzione del Parco Nazionale del Cilento, che ha riconosciuto nel tema di ricerca una straordinaria potenzialità di sviluppo di progetti naturalistici associabili, venendo a conoscenza con meraviglia che il Parco è custode ancora inconsapevole di uno straordinario patrimonio architettonico e archeologico tutto da scoprire, e che in modo particolare lo è l’area tra Monte Pruno e il Vallo di Diano, un’area che il progetto Winnili ha definito il cuore longobardo del Parco Nazionale del Cilento.
Esempio su tutti, è il sito archeologico di Monte Pruno, un insediamento che dalle analisi del Winnili project è stato longobardo non più tardi del 570-580 fino ad almeno il 650, ma nessuno scavo ne ha mai cercata traccia. Ne ho parlato con la Sovrintendenza a gennaio 2024, e quando ho detto dove scavare, c’è stata sorpresa, come se stessi parlando di una location mai presa in considerazione perché lì non poteva esserci nulla. Ed ho precisato che era proprio quello il problema, si cerca dove ci si aspetta la pietra, ma i Longobardi furono costruttori esperti di legno prima di diventare maestri anche nella pietra. E così, un po’ per disinteresse politico, un po’ per mancanza di fondi, un po’ per mancanza di esperti altomedievisti anche in Sovrintendenza per carenza di fondi e dunque di personale, la conoscenza di una delle pagine di storia dell’architettura più emblematiche del medioevo europeo, di cui il Cilento potrebbe essere inestimabile campo di esplorazione, si lascia nel medioevo che deve restare buio, inesplorato, da dimenticare, tanto non farebbe alcuna differenza in un mondo accademico concentrato soprattutto sull’architettura di Greci e Romani. Ma un popolo evolve non solo quando arricchisce sempre più di parole una storia già scritta, ma anche quando scrive nuove storie, ne recupera di perdute. Ed è questo che il progetto Winnili ha in obiettivo.

Ad oggi, il Winnili project ha effettuato ricerche storiche e toponomastiche, ispezioni visive e analisi degli impianti urbani e architettonici in diversi comuni intorno a Monte Pruno, con scoperte sorprendenti, e la formulazione di ricostruzioni storiche che si useranno per sviluppare un primo progetto di investigazioni strutturali e archeologiche da presentare alla Sovrintendenza di Salerno ed Avellino. In modo particolare, le analisi hanno fatto emergere quanto segue.

(1) Roscigno Vecchia fu un centro longobardo fortificato completamente ignorato dagli storici, la cui chiesa altomedievale in legno, con fondazioni in pietra, fu da modello alla chiesa in pietra tardo longobarda di Sacco Vecchia, che dunque non è precedente ma successiva quella di Roscigno Vecchia. Dai rilievi e la restituzione grafica in sovrapposizione, secondo la nostra ipotesi di sedime, la chiesa di Roscigno Vecchia doveva essere anche orientata in modo opposto a quella attuale del XVIII secolo, sotto la quale giace quella longobarda. La differenza con quella di Sacco Vecchia è risultata di appena 5 cm, la tipologia edilizia ed i canoni geometrici erano dunque gli stessi.

(2) L’area di Monte Pruno e del Vallo di Diano fu fortemente incastellata in epoca longobarda, con un controllo del territorio molto più capillare di quello attuale, cioè gli insediamenti altomedievali longobardi erano in numero maggiore di quelli oggi esistenti. Questo vuol dire che se si sa dove investigare, si potrebbero trovare gli insediamenti fortificati in legno, poiché essendo in aree poi disabitate, la stratificazione strutturale sarebbe quasi inesistente. E’ il caso di Roscigno Vecchia, dove le ipotesi hanno spostato il nucleo medievale nella parte alta del pianoro, contrariamente a quanto raccontato dagli storici. Ed è lì che abbiamo trovato tracce altomedievali. Stesso caso vale per le valutazioni fatte per Sacco Vecchia, che dallo studio dei toponimi crediamo di aver individuato l’area in cui fu eretta la prima fortificazione in legno, e non era il promontorio dove oggi sono visibili i resti della fortificazione in pietra. Non è il caso di Corleto, dove la fortificazione in legno fu certamente sostituita e ampliata in pietra sullo stesso promontorio.

(3) La maggior parte delle date di fondazione medievale e lo studio dei toponimi, sono risultati errati, o poco convincenti poiché basati su analisi di traduzione più che di translitterazione. Ad esempio, dall’analisi dei toponimi intorno a Monte Pruno, mediante uno studio di translitterazione inversa, abbiamo formulato nuove ipotesi sulle parole di origine da cui sono nati i nomi dei comuni Roscigno, Sacco, Corleto, Bellosguardo, e le località Monte Motola, giungendo addirittura alla frazione Vatolla nel comune Perdifumo, e tutte le parole sono risultate longobarde, consentendo di fare ipotesi di datazione precisa sulle fondazioni dei rispettivi insediamenti in epoca longobarda.

Il progetto Winnili è certamente ambizioso, non solo occupandosi di un tema di nicchia, l’architettura in legno medievale, ma partendo da un territorio difficile e in via di spopolamento senza attrazione politica di rilievo. “Una sfida coraggiosa, in una terra lenta a recepire, ma affamata e meritevole di riscatto – in via confidenziale da un dirigente della Sovrintendenza – ma andate avanti e la Sovrintendenza non potrà che aiutare il progetto, una risorsa anche per noi che sappiamo il valore dell’alto medioevo ma non abbiamo risorse per potercene occupare”.

Per collaborazioni, scrivere a info@whiteoak.it esponendo il proprio progetto di ricerca. Se approvato, il progetto verrà finanziato da White Oak Arkitecture con il fondo privato del Winnili project.
Thomas Allocca – www.whiteoak.it/winnili
Tel. +39 339 536 8672
info@whiteoak.it | www.whiteoak.it

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