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Carlo FORIN. La lingua è un fiume sporco.

Che cos’è la lingua?

Sarei portato a rispondere con l’idea di Brera sul calcio: la lingua è un ‘mistero senza fine bello’!

Fin qua non dovrei aver obiezioni in questo Paese dove il sì suona: più di 300.000 parole fanno un ‘insieme di vocaboli italiani rubricati’ che adombra il mistero, se è vero che una persona colta ne padroneggia solo 50.000.

Mi pongo la domanda storicamente per cogliere il contesto di cinquemila anni!: che cos’è la lingua nella Saturnia tellus? Quanti idiomi hanno convissuto e si sono succeduti in questa tellus, magna parens frugum, grande genitrice di messi, per tutto il tempo, e in che maniera sono stati messi in folio? L’italiano moderno viene parlato dalla maggioranza degli Italiani solo da quando si è diffusa la TV, circa cinquant’anni fa, ed i dialetti furono.

Furono, o sono rimasti, un po’, in minoranza e,… terra terra, per tellus?

Direi che la lingua parlata è un fiume sporco, immundus!

Io lavoro a ripulire l’espressione quando mi metto a scrivere, e dunque la mia lingua di tutti i giorni è sporca di gergalismi, dialettismi etc.; è netta, munda, negli scritti dei Tomasi De Lampedusa, Verga, Manzoni, Petrarca, Dante (che però hanno speso la vita a ripulirla in folio)… e si sporca via via retrocedendo nella storia, fino a cambiar lingua.

Io non sono un purista. Mi esprimo cercando di farmi capire e per evitar dubbi, DUB SAR ‘chiarire i dubbi’ in sumero [si osservi la sillaba DUB identica], scalo via tanti ‘dialettismi’ e ‘barbarismi’, ma non tutti, temo. Da popolano, cerco di pulire quando vado a scrivere. Tolgo la tuta veneta e cerco di nettarmi.

Manzoni andava a pulire i panni del suo capolavoro in Arno, e da ‘Renzo e Lucia’ nasceva ‘I promessi sposi’.

Era un cisalpino, così come dice di esser diventato l’amico pisano Claudio Di Scalzo dopo il passaggio del Po: nell’800 non riconosceva la sorgente per pulire la lingua nel Po –nella Padania, come dicono i nuovi barbari, che parlano di ministro del welfare–, ma nel linguaggio toscano.

Ovvio –si dice– il padre della nostra lingua è Dante e lui era un toscano!

Questa risposta mi dà un po’ di quiete. Ma non mi basta! È solo l’autorità di Dante a far del toscano una lingua modello per gli Italiani? Ovvero: è stata la gente toscana a far Dante o Dante ha inventato l’italiano ed il toscano moderno?

Concorderete, credo: Dante ha raffinato la vulgata toscana, da tellus ha messo su in folio il dolce stil novo!

Si dice che il nome Dante venga da Durante, che io leggo DUR AN TE, ‘incontro il perdurar del Cielo’. Il nome di Dante, risporcato, porterebbe lontano, …fino agli Etruschi.

La Repubblica Cisalpina, con Bonaparte nel 1797, era la dodecapoli etrusca esterna ai tempi degli Etruschi–occupava tutta la ‘Padania’-, simmetrica alla dodecapoli interna, l’Etruria. Se il maestro di Dante, Virgilio, fu Tusco de sanguine vires, nato a Mantova, ‘capitale di popoli, il nerbo di sangue etrusco’ (Eneide X, 203) allora il fiume sporco della lingua racconta molte più cose di quelle che abbiamo imparato finora! Racconta che il Maestro di latino fu un etrusco di nerbo!

Ovvero: la lingua italiana pulita è una fantasia, un ideale, raffinato dalla sporcizia del fiume uscito dalla storia. Non nego che in questo fiume sia scorso il latino che, di conseguenza, permea la lingua parlata neolatina. Sarebbe un negare documenti neolatini di un mille anni. Nego una fonte pulita.

Nego anche che il nerbo originario dei popoli assoggettati a Roma con forza e con amore, come dicono al Palio di Siena, fosse latino.

(tratto da http://www.tellusfolio.it/index.php?prec=%2Findex.php&cmd=v&id=4486)


Autore: Carlo Forin

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