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CAGLIARI. Tuvixeddu. Il Colle della pace? Non c’è da decenni.

Il presidente del Tar chiede al consulente della Regione dove fosse il Monte della pace, ma viene appurato che è stato spianato ed edificato. La giustificazione: «La commissione ha operato su toponimi».
Nella proposta della Regione per il Parco archeologico della necropoli di Tuvixeddu c’è un luogo, tra i tanti, citato spesso. Si chiama Colle (o monte) della pace. Non,è altro che il monte Is Mirrionis. Negli atti che hanno determinato il blocco dei cantieri -la proposta di dichiarazione di area di notevole interesse pubblico dell’area formulata dalla Commissione regionale del Paesaggio e nella delibera successiva della Giunta regionale di agosto 2007 -è citato più volte come sito da preservare.
Durante il sopralluogo nell’area vincolata del Tribunale amministrativo regionale, il 20 settembre scorso, Lucia Tosti, presidente del Tribunale amministrativo regionale, ha chiesto al consulente della Regione, l’architetto Franco Masala, dove fosse situato. Impossibile rispondere: il Monte della pace non esiste da decenni. È stato spianato, sfruttato, edificato. «La commissione ha operato su toponimi», si è giustificato Masala.

«La commissione regionale vi ha mai chiesto di accedere all’area?», ha chiesto poi il magistrato del Tar al consulente e ai rappresentanti di Coimpresa, presenti al sopralluogo. «No», è la risposta.

«La visione d’insieme sembra si sia avuta dall’alto attraverso l’accesso all’area soprastante la zona di Is Mirrionìs». La rettifica arriva 25 giorni dopo con alcune osservazioni al verbale. «Il sopralluogo c’è stato».

IL SOPRALLUOGO. È’ uno dei passaggi del verbale redatto durante il sopralluogo in via Maghas disposto dal collegio che sarà chiamato a sentenziare sui ricorsi presentati da imprese, Comune e alcuni proprietari privati contro ì vincoli nel colle di Tuvixeddu-Tu-vumannu. Al sopralluogo sono presenti 18 persone: la presidente, il consigliere relatore Rosa Pannunzio, il consigliere Francesco Scatio e la verbalizzante Maria Rosaria Vallascas. Per Coimpresa ci sono gli avvocati Pietro Corda e Antonello Rossi, il rappresentante legale della società Giuseppe Cualbu e il consulente Giuseppe Piras; per la Regione partecipano i legali Paolo Carrozza e Gian Piero Contu e Masala in qualità di consulente tecnico; per il Comune di Cagliari partecipano gli avvocati Marcello Vignolo e Massimo Massa e il capo dell’area tecnica Paolo Zoccheddu; per l’impresa Raimondo Cocco (cui vennero bloccati i lavori per la costruzione di una palazzina in viale Sant’Avendrace) lo stesso Cocco, il socio Michele Cocco e gli avvocati Benedetto e Stefano Ballerò.

IL PLASTICO. Dopo la visione del plastico che illustra l’intervento, inizia il sopralluogo. Il presidente chiede se ci sono stati rinvenimenti archeologici in tempi recenti nella zona dove è prevista l’edificazione. La riposta è che nonostante la zona sia stata esplorata scrupolosamente anche su richiesta della sovrintendenza archeologica non è stato trovato nulla. Zoccheddu chiarisce che per effetto dell’atto impugnato sono state sospese costruzioni, interventi di urbanizzazione e l’asse viario Cadello-San Paolo e che l’altezza delle villette singole non avrebbe superato il colmo della parente che segna il confine dell’area. I tecnici illustrano il progetto, la Regione ribadisce che la proposta della commissione opera «su un piano diverso di tutela». Un «piano diverso» che sarà una costante nel sopralluogo.

L’ACCORDO DEL 2000. Da una parte Coimpresa e Comune che difendono l’accordo di programma siglato nel 2000 da Comune, Provincia, Regione, Coimpresa, sorelle Sotgiu, eredi Mulas che metteva fine a un contenzioso legale tra Comune e privati (che rinunciarono a un credito di 80 miliardi nei confronti del Comune per espropri illegittimi) che durava dal 1982 spianando la strada alla costruzione di 250 metri cubi di palazzine, ville, edifici universitari, un parco archeologico di 20 ettari, una strada che collega Tuvumannu a via San Paolo passando per il canyon di Tuvixeddu. Dall’altra la sopravvenuta esigenza della Regione di tutelare paesaggisticamente il colle nonostante il diritto acquisito dai firmatari e nonostante i lavori fossero ampiamente iniziati dichiarando l’area «di notevole interesse pubblico» e apponendovi un vincolo.

L’AREA ARCHEOLOGICA. Il «diverso modo di intendere la conservazione di beni paesaggistici identitari» viene richiamato dal consulente della Regione anche quando il gruppo arriva nella zona della necropoli, constata che il 60% dei lavori è stato realizzato secondo le indicazioni progettuali (senza cemento, con gabbie imbrigliate destinate al rinverdimento) e Lucia Tosti chiede quali sono le zone da preservare e quali da edificare. Risposta dell’impresa: le case non sono visibili dall’area archeologica. Quando arrivano al confine tra il Parco (con un edificio già realizzato) e la zona depressa di Tuvixeddu l’impresa fa notare che «il cono visuale» (concetto importante per i paesaggisti) tra Tuvixeddu e Tuvumannu e Monteclaro è stato preservato. Arrivati dalla parte opposta, Tuvumannu, il collegio annota che i lavori dell’asse di scorrimento sono in parte stati realizzati, tunnel compreso e che la zona è «brulla» e circondata da edifici che ostacolano la visuale verso San Michele e Monte Claro. Pochi metri indietro, in via Castelli, i giudici notano che da lì Tuvixeddu si vede davvero poco.

IL CANYON. Poi arrivano al canyon, lo percorrono (società e Comune ricordano che i costoni sono stati bonificati) arrivano dietro il palazzo della Regione di viale Trento. In auto percorrono via Is Maglias sino a viale Merello e quando giungono all’incrocio con via Liguria, in corrispondenza del muro di cinta di Monte Claro, verificano i “coni visivi” verso le aree vincolate e tentano di individuare Tuvumannu. Non si vede nulla. Con l’obiettivo fisso dei “coni visivi” arrivano nella zona tra via Campania, via Cadello e Is Mirrionis, poi arrivano a Sant’Avendrace, nell’area sequestrata. Si tenta anche lì di individuare un “cono visivo” verso il parco archeologico, i legali della Regione obiettano che il “cono” è estraneo alla controversia. Dopo quattro ore e quaranta il presidente del Tribunale amministrativo dichiara terminato il sopralluogo. Che evidenzia un fatto scontato: Comune e Coimpresa richiamano diritti acquisiti che la Regione ha scavalcato agilmente in nome del paesaggio. Dove sta la legge?

Non rispettare un accordo di programma ha un prezzo. E ce l’ha anche la tutela del paesaggio.

Nuova iniziative Coimpresa e Gecopre l’hanno quantificato: 26 milioni di euro, a tutto ottobre. È la somma dei 6 milioni di euro di penali (600 mila al mese) che il Comune di Cagliari dovrà pagare all’impresa che stava realizzando il primo tratto dell’asse viario Cadello-San Paolo più i venti milioni (due al mese) di costi addebitati dalla società che aveva aperto il cantiere di Tuvixeddu. Effetti collaterali di un vincolo paesaggistico cui è seguito un enorme contenzioso davanti al Tar e al presidente della Repubblica.
Paradossalmente il conto è stato presentato al Comune, che pure non ha alcuna responsabilità, diretta nel blocco dei lavori avendo dovuto adempiere a un vincolo regionale. Ed è anche per questo, oltreché per l’inadempienza contrattuale, che l’amministrazione di via Roma si è tutelata contro la Regione. Se i giudici giudicheranno illegittimi i vincoli, sarà il Comune a dover rifondere i danni e a sua volta dovrà chiederne conto a viale Trento.

LE PERPLESSITÀ SULLO STUDIO. Non si placano, intanto, le polemiche sullo studio sul Parco archeologico della necropoli di Tuvixeddu che il noto paesaggista Gilles Clément ha realizzato per conto della Regione. Finanziato dalla Fondazione Banco di Sardegna, costato 150 mila euro, è stato consegnato al Comune all’inizio di ottobre, se realizzato costerebbe, secondo una stima dei progettisti, 21,5 milioni di euro. A suscitare perplessità, anche di parte del mondo ambientalista, è stata soprattutto la scarsa aderenza tra l’obiettivo enunciato da Renato Soru di salvaguardia della cupezza della necropoli e il progetto complessivo.

Dove c’erano palazzine e ville ci saranno isole alberate connesse tra loro da un sistema di passerelle, le tombe sarebbero reinterrate e mostrate ai turisti nel museo con proiezioni in tre dimensioni.

Perplessità anche sulla piazza dove si può giocare a calcio, basket, skateboard, hockey. Riserve sul palco mobile sospeso sul canyon, mentre il suggestivo Fiume di papaveri ha suscitato il sarcasmo del centrodestra.

 


Fonte: L’Unione Sarda 08/11/2007
Autore: Fabio Manca
Cronologia: Arch. Italica

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