Archivi

Giuliano CONFALONIERI. Antichi recuperi sub.

Vecchie testimonianze cartacee – talune da verificare – si riferiscono ai primi recuperi di navi affondate per incidenti vari: incendi, battaglie, naufragi.
Si riporta che nel XVI secolo venivano disposti un paio di bastimenti ai lati del relitto, uniti e riempiti parzialmente d’acqua. Sul fondo, abili nuotatori subacquei (solitamente indigeni pescatori di spugne) facevano passare sotto la chiglia della nave massicce gomene e quindi si provvedevano a svuotare con le pompe a mano i due vascelli affiancati, portando poi il relitto verso fondali accessibili; lentamente lo scafo immerso veniva staccato da questa forza idraulica riuscendo ‘a riveder le stelle’. A quel tempo il legname era abbondante perché le foreste non erano state ancora sfruttate come al giorno d’oggi; interessavano invece i cannoni poiché il metallo e la sua manipolazione ponevano notevoli problemi manifatturieri. Perciò, oltre al richiamo delle stive cariche talvolta di preziosi, erano i cannoni a ingolosire la marineria dell’epoca. Gli sforzi e le idee si rivolsero dunque al modo di ricuperare almeno quel naviglio raggiungibile sia per la profondità che per l’interesse: ‘attrezzature atte a stare sott’acqua ogni volta che si vogliano sollevare pezzi di artiglieria o svolgere qualche altra attività in immersione’. Già allora si usavano le campane subacquee per valutare la situazione sul fondo, tanto che anche qualche alto dignitario si faceva calare per curiosità nel mondo liquido. Non sono mancati clamorosi fallimenti per lo scafo marcito dalla lunga permanenza in acqua, tuttavia molti tentativi hanno portato al ricupero di barre d’oro e argento, forzieri con monete di ogni tipo, palle di piombo con le relative bocche da fuoco montate sugli affusti ormai sgretolati. L’utilizzo della campana risale a tempi molto antichi perché sfruttava il principio del ricambio ossigeno-anidride carbonica in maniera naturale anche se per periodi limitatissimi.
Leonardo nel suo ricchissimo Codice Atlantico descrive l’uso di apparecchiature per permettere all’uomo di immergersi e su questo progetto Guglielmo di Lorena nella prima parte del Cinquecento riuscì ad identificare due galere di Caligola; la tecnica si è poi evoluta fino agli esperimenti scientifici del comandante Cousteau e di Piccard. Qualche esempio di esplorazione-ricupero riferibile ai secoli passati.
Alla fine del Cinquecento un galeone della Invincibile Armada esplose nei pressi della costa scozzese. Protetto da 20 metri di acqua gelida non permetteva l’avvicinamento alle stive cariche d’oro. Fu il proprietario delle terre vicine a tentare il ricupero di parte del carico, costretto però a lasciare il compito incompleto agli eredi della dinastia. Malgrado curiosità e interesse stuzzicarono per anni, fu solamente l’intervento della marina britannica nel 1950 a fare riprendere le ricerche, comunque senza alcun risultato rilevante.
Nel XVII secolo un gruppo di indiani particolarmente esperti nelle immersioni, guidati da un inglese appassionato di ricerche sottomarine, portò in superficie in due mesi di lavoro, sulla rotta dei galeoni, un preziosissimo tesoro nascosto dalle concrezioni: lingotti d’oro e argento, monete, armi e vasellame per un totale di oltre 20 tonnellate  
Nel 1799 la Lutine a causa della nebbia si arenò su un bassofondo del mare del Nord per essere poi distrutta da tempeste e cumuli di sabbia. I cacciatori di tesori tentarono in ogni modo di asportare il carico ma i mezzi a disposizione ancora non lo permettevano; solamente decenni più tardi le nuove tecniche come la sorbona lasciarono intravedere alcuni reperti ma il relitto rimase testardamente sepolto.
Nel 1917 il Laurentic – un transatlantico usato per trasportare armi e munizioni tra le due sponde dell’Atlantico – venne silurato al nord dell’Irlanda. A 35 metri di profondità nascondeva il segreto di un carico di 40 tonnellate d’oro che fu ricuperato quasi interamente a cura dei palombari della Marina inglese; sette anni di lavoro che ripagarono ampiamente gli sforzi e le spese sostenute.    

Autore
: Giuliano Confalonieri, giuliano.confalonieri@alice.it
Segnala la tua notizia