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CUNEO. Decifrata la lingua del Minotauro.

Sei mesi di ricerche, analizzando centinaia di reperti antichi su un archivio informatico, poi la teoria: “Re Minosse e il Minotauro parlavano il Greco antico”.
Ne sono più che convinti i professori Duccio Chiapello e Laura Bellani, 43 e 28 anni, lui docente di Storia e Filosofia al liceo scientifico di Fossano, lei insegnante di Lettere al “Soleri” di Saluzzo. Grandi appassionati e studiosi di Grecia antica, hanno pubblicato un libro “tascabile” di 146 pagine bilingue (italiano e inglese), intitolato “La decifrazione della Lineare A”. Edito da Aracne e già disponibile in libreria (9 euro), presenta i risultati innovativi per riuscire a tradurre l’antico sistema di scrittura utilizzato nell’isola di Creta tra il 1900 e 1800 avanti Cristo, prima del sistema greco-miceneo detto Lineare B.
Entrambe scoperte dall’archeologo inglese Arthur Evans, nonostante presentino simboli in comune, la Lineare B è stata decifrata nel 1952, mentre sulla Lineare A si facevano soltanto ipotesi. Ancora oggi non è stata decifrata, sui libri di studio viene considerata una lingua non indoeuropea, cioè che non rientra nel ceppo linguistico a cui appartengono ad esempio Greco, Latino e (molto più tardi), l’Italiano.
«DI NUOVO IL GRECO PRIMA DEL GRECO»
Secondo Chiapello e Bellani, invece, è “indubitabilmente” riconducibile al Greco. “La geniale intuizione è arrivata applicando il valore fonetico dei sillabogrammi della Lineare B sulla Lineare A – spiegano -: con pochissime sostituzioni in modo coerente sistematico, è comparso il Greco antico. Il minoico, quindi, è una lingua greca”.
Prove inconfutabili di questa teoria sarebbero emerse analizzando le iscrizioni di Lineare A sui reperti (armi, vasi, gioielli, spille per capelli, tazzine).
“Le parole, tradotte con il nostro sistema, sono del tutto coerenti con la natura dell’oggetto – proseguono i due studiosi -. Ad esempio: su un vaso per il vino risulta la scritta “versami”, o “dammi il vino”, mentre su un’ascia bipenne il significato dei sillabogrammi è “uccidi”, oppure “slanciati”, “infuria”, a sottolineare il gesto che si compie in guerra”.
LA DEDICA AL PROFESSORE
E tutto corrisponderebbe.
“Si può ricostruire un mondo che sembrava perduto – concludono -. Tante cose che oggi si attribuiscono ancora alla Grecia classica, possono essere retrodatabili addirittura di mille anni”.
Rimandando gli approfondimenti ad una prossima pubblicazione più dettagliata, hanno dedicato questa prima opera al professore del liceo classico “Silvio Pellico” di Cuneo, Claudio Casasso, “forse l’ultimo degli antichi, grandi maestri del Greco”.

Autore: Matteo Borgetto

Fonte: www.lastampa.it, 26 set 2018

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