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BORGIA (Cz). Museo e Parco archeologico nazionale di Scolacium.

Quando si arriva a Scolacium, ci si ritrova in un luogo scenografico, con vista mare sul golfo di Squillace, dove tra ulivi centenari spiccano i monumentali resti di una basilica bizantina.
Quello che rimane oggi di Scolacium sono soprattutto i resti di una colonia romana, ma in realtà ha una lunghissima storia, prima e dopo il momento della sua fondazione nel I secolo d.C.
Precedentemente nota con il nome greco di Skylletion, era una colonia di antichissima e leggendaria fondazione (attribuita a Ulisse oppure a Menesteo, eroi della guerra di Troia).
scolaciumPer la sua posizione strategica sul mare ha avuto grande importanza all’interno degli equilibri della Magna Grecia, trovandosi tra Crotone e Locri Epizefiri, che si contendevano il primato dei commerci marittimi. In un primo momento legata a Crotone, passò poi sotto la dominazione di Locri nel IV secolo a.C. La città fu coinvolta anche nella Guerra del Peloponneso, alla fine del V secolo, e dunque ebbe un ruolo non solo nelle vicende magno greche, ma anche in un contesto più ampio che riguardava tutto il mondo greco.
I romani recuperarono la città proprio per la sua posizione strategica e la trasformarono: l’imperatore Nerva la ribattezzò colonia Minerva Nervia Augusta Scolacium, e ne riformò l’assetto urbanistico e il territorio agricolo circostante.
La città prosperò in ricchezza in epoca romana, e vide anche la nascita di Cassiodoro uno dei più importanti autori della tarda romanità, personaggio importante per il recupero della cultura antica in questi anni di decadenza.
Dal VII secolo d.C. in poi la città iniziò a passare da una dominazione all’altra, tra cui quella Bizantina e quella Normanna e a perdere pian piano di importanza.

Parco archeologico di Scolacium
Il Parco racconta la storia di Skylletion, città della Magna Grecia, che divenne una prospera colonia romana, Scolacium.
L’area, oggi espropriata, faceva parte dei possedimenti dei baroni Mazza e, prima ancora, dei Massara di Borgia, proprietari di un’azienda per la produzione di olio.
I ritrovamenti nell’area del Parco testimoniano una frequentazione fin dal paleolitico inferiore e superiore.
La leggenda racconta che fu Menesteo, re di Atene, l’ecista di Skylletion; in realtà la fondazione risale al VI-V secolo a.C. a opera di coloni greci provenienti da Atene o da Crotone. Il luogo prescelto, posto lungo la rotta dell’istmo, sulla costa ionica ed a presidio del Golfo di Squillace, era strategico per il controllo dei percorsi terrestri e fluviali e per i commerci con tutto il bacino del Mediterraneo.
La colonia romana di Scolacium, con i suoi imponenti resti, è la protagonista del percorso di visita e rappresenta un unicum nel panorama archeologico calabrese. Dedotta nel 123-122 a.C., fu interessata da interventi di sistemazione della parte urbana e dell’intero territorio attraverso la divisione delle parcelle coltivabili (centuriazione).
Essa prosperò fino alla rifondazione da parte dell’imperatore Nerva, quando assunse il nome di Colonia Minervia Nervia Augusta Scolacium e venne ulteriormente monumentalizzata.
Oggi è possibile visitare il Foro, con la sua singolare pavimentazione in laterizio che non ha eguali in tutto il mondo romano e i resti di alcuni edifici, tra cui la Curia, il Cesareum e il Capitolium.
Di Skylletion greca ci sono poche tracce, perché i Romani hanno completamente rivoluzionato l’assetto urbanistico, in modo invasivo, costituendo il reticolato di strade, delle quali si può osservare parte del rivestimento lastricato. Oltre a delle opere edilizie funzionali, come un acquedotto, l’impianto fognario, e le mura, sono visibili alcuni degli edifici principali risalenti prevalentemente al periodo della deduzione romana, I secolo d.C.
Nell’area del foro, i resti del Capitolium, una basilica, un impianto termale, mentre più spostato, con la cavea appoggiata su una collina, si trova in buono stato di conservazione un teatro che poteva ospitare 5000 spettatori. Adagiato, alla maniera greca, su una collina naturale ed i resti dell’unico anfiteatro romano in Calabria, la città era anche dotata di terme, due acquedotti, fontane e necropoli.
Dal teatro provengono molti resti tra cui fregi e statue che sono conservate al museo del sito archeologico, che è compreso nella visita, insieme a dei ritratti storicamente rilevanti di personaggi della famiglia Giulio Claudia come Agrippina e Germanico, sempre legati al sito di Scolacium.
Meno conservati l’anfiteatro e una necropoli, mentre diversi elementi della città devono ancora essere scavati.
La vita della colonia terminò intorno al VII-VIII secolo d. C., quando la popolazione si spostò, prima sulle alture del teatro e poi fino all’odierna Squillace, a causa di fenomeni di impaludamento che rendevano l’area inospitale.
In età bizantina dette i natali a Cassiodoro (487-583 d.C.), uno dei grandi autori della grecità tarda, cui si deve una messe di opere di carattere teologico ed enciclopedico. Il declino cominciò con la guerra greco-gotica del VI sec. d.C., e si concluse con l’abbandono della città nell’VIII sec. d.C. da parte degli abitanti, che, ripetendo una pratica comune in quell’epoca sul suolo italico, trasferirono il loro insediamento sulle alture circostanti.
Il nuovo insediamento fu comunque conquistato dai Saraceni nel 902 d.C., che vi insediarono una roccaforte che fu poi presa dai Normanni.
Il Parco conserva resti architettonici che testimoniano la frequentazione del sito fino al XII secolo: l’imponente basilica normanna, che accoglie e stupisce i visitatori e che suggerisce l’importanza del luogo, nodo cruciale per le vie di comunicazione e per i rapporti con il territorio, anche in epoca medievale.

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Scolacium, dal foro, statua acefala femminile di Fortuna I sec. d.C.

All’interno del Parco è il Museo dove sono esposti i risultati delle campagne di scavo con un allestimento che ripercorre la storia della città attraverso reperti che documentano la vita antica sotto ogni aspetto.
Il museo conserva un importante ciclo statuario e di ritrattistica romana. Si segnala, infine, uno straordinario manufatto: l’avambraccio colossale in bronzo.
La visita si conclude con un interessante percorso di archeologia industriale: ancora intatto, difatti, il Frantoio, costruito nel 1934 dalla famiglia Mazza.
La storia della Roccelletta del Barone Mazza – come è scritto su due targhe di marmo poste sugli stipiti del cancello di ingresso, lungo la S.S. 106 jonica, e di come essa è sempre apparsa nell’immaginario collettivo dei residenti, dei catanzaresi e di chi è capitato in queste contrade – non può essere separata dalla maestosa mole rossa della Chiesa, la cui sagoma appare e scompare ancor oggi a chi passa vicino al folto uliveto fatto di piante ormai secolari, disposte razionalmente attorno all’asse del viale di ingresso.
Dapprima proprietà della Mensa Vescovile di Squillace, apprendiamo che il fondo, passato in proprietà alla Famiglia Massara, fu acquistato nel 1891 ad un’asta da Emanuele Mazza capostipite della Famiglia che l’ha detenuta sino al 1982 anno in cui si è concluso l’esproprio da parte del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. La storia recente del fondo con uliveto, case nobili e rustiche, fa perno sulla figura di un nobiluomo, Gregorio Mazza, che incarna il tipico proprietario terriero di Calabria, padrone assoluto del proprio dominio e che, come ogni buon possidente, amava governare in modo totalmente autonomo le sue cose nella sua proprietà, dove era assai difficile entrare se non si fosse stati invitati. Nonostante le apparenze e l’anneddotica, fu proprio Gregorio Mazza ad aprire quel cancello, intorno alla metà degli anni Sessanta, per accogliere Ermanno A. Arslan, giovane studioso, che Giuseppe Foti aveva invitato dal Nord per rimettere in luce quanto quelle piante d’ulivo avevano ricoperto per lunghi anni.

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                                   Il teatro

Che la terra della Roccelletta sia in rapporto con quelle antiche presenze è da sempre noto non solo a chi in questa zona ha sempre vissuto, ma anche a chi da qui è passato, dal semplice viandante ai tanti studiosi che all’area della Roccelletta e a quella di Scolacium hanno dedicato le loro migliori energie. Dapprima proprietà della Mensa Vescovile di Squillace, apprendiamo che il fondo, passato in proprietà alla Famiglia Massara, fu acquistato nel 1891 ad un’asta da Emanuele Mazza capostipite della Famiglia che l’ha detenuta sino al 1982 anno in cui si è concluso l’esproprio da parte del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Dopo anni di scavi affidati alle cure di Ermanno A. Arslan, che riuscì a riportare nel rigore della ricerca quanto era stato raccolto a volte con ingenuo entusiasmo da cultori e appassionati studiosi di storia patria, l’area dell’antica Scolacium è stata oggetto di attenzione costante da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici, che ha proseguito a piccole tappe il percorso segnato dalle ricerche dell’Arslan, tenuto conto degli esigui finanziamenti erogati nel tempo. Con vari aiuti è stato possibile restaurare quasi tutti gli edifici presenti nella proprietà, restituendo a quello che è ora divenuto il parco archeologico di Scolacium la fisionomia ed il decoro consoni all’importanza del contesto storico e monumentale rinvenuto e da rinvenire, ma anche con attenzione alle cose più recenti per non cancellare gli originali tratti della tenuta agricola, esemplare per come era stata concepita e conservata dai suoi proprietari. Così è stato recuperato il bel frantoio elettrico della fine degli anni Quaranta dello scorso secolo, altre piccole entità rustiche quali una porcilaia, una colombaia, una “cebbia” per la conserva dell’acqua, una piccola masseria per le raccoglitrici delle olive, altri edifici rustici fino alla cappella gentilizia. Il primitivo progetto del parco fu concepito ed elaborato da Renato Bazzoni, segretario del FAI, che aveva pensato di rispettare con grande equilibrio i tratti originari della proprietà, trasformando contemporaneamente la destinazione d’uso degli immobili, residenze della Famiglia Mazza, in spazi per l’esposizione, lo studio, il restauro, il deposito dei materiali rinvenuti. I progetti hanno trovato compimento in diversi lotti con vari finanziamenti erogati in massima parte dallo Stato, ma anche dalla Regione Calabria e dall’Amministrazione Provinciale di Catanzaro.
Nel frattempo, tra il 1988 e il 1991, una fortunata mostra documentaria, illustrata con le splendide immagini di Aldo La Capra, avrebbe fatto conoscere la realtà del parco di Scolacium in Italia e in Europa. L’ultimo finanziamento con fondi CIPE si è appena concluso (2003), ma non la ricerca che, esaurito il primo programma, avviato alla fine degli anni Sessanta, deve proseguire con nuovi ambiziosi progetti, estendendo scavi ad altre aree dell’abitato, della necropoli o del territorio, tenendo conto che il proliferare di oggetti molte volte ingombranti e protervi non può né deve soffocare il grande patrimonio antico emerso e divenuto ora con il piccolo mare di olivi l’unico freno al dilagare della diffidente ignoranza.

Vedere anche: Borgia Scolacium

Vedere anche: Potere antica Roma

Info:
BORGIA, via Scylletion – 88021
POLO MUSEALE DELLA CALABRIA
Ingresso: 5,00 €; Riduzione 2,00 €
Giorni e orario apertura: Martedì-Domenica: 9.00-16.00 Chiusura settimanale: Lunedì ; Orario biglietteria: 9.00-15.30;
Telefono: +39 0961 391356 – Fax: +39 0961 391356
Email: pm-cal.scolacium@beniculturali.it – Sito web: http://musei.calabria.beniculturali.it/

Fonti: www.beniculturali.it, 2 gen 2020 – sitiarcheologiciditalioa.it, 2 gen 2020 – altre fonti.

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