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Aniello LANGELLA, La casa pompeiana come luogo di culto. Prima parte: Faux, limen, ianua, vestibulum

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Il luogo di culto era quello spazio della casa o della città, dove ciascun cittadino poteva esercitare in maniera esplicitga e anche privata la propria vicinanza a dio. Poteva essere quello spazio riservato e spessissimo privato, dove ognuno poteva professare la medesima fede in maniera celata, senza necessariamente manifestarlo e renderne partecipi gli altri.
Il dio della Roma vesuviana non era dissimile a quello delle tante province dell’impero: immanente, etereo, lontano e vicino allo stesso tempo alla terra, pure sempre supremo e ultimo nel giudizio e superiore ad ogni mortale. Pubblici erano i luoghi dove ci si poteva riunire e professare assieme il medesimo credo e consumare comunitariamente lo stesso rituale. Ma fondamentale nell’antica Roma era la professione e la consumazione del rito, tra le mura domestiche. Era spessissimo la casa il luogo della prima preparazione e dell’organizzazione del rituale ed erano sempre le mura domestiche ad accogliere i componenti del nucleo familiare che al dio e agli estinti si rivolgevano per ottenere favori, che oggi più comodamente definiremmo grazie.

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