Archivi

Alessio BIAGIONI. I segreti del Lago di Albano.

Ninfeo Dorico
Primo sito che s’incontra scendendo da Castel Gandolfo verso il lago, il Ninfeo Dorico è collocato in una posizione più alta rispetto agli altri monumenti che, viceversa, vengono lambiti dal lago Albano. Originariamente inglobato nell’estesa residenza domizianea che si sviluppava tutt’attorno al lago, oggi il ninfeo appare isolato e perfettamente conservato in tutta la sua bellezza e maestosità. Scavato all’interno del cratere lacustre esso è rivolto verso il monte Cavo, l’antico mons Albanus (sede politica e religiosa della Lega Latina). Scoperto casualmente all’inizio del XVIII sec., il ninfeo è generalmente attribuito all’epoca di Domiziano (I sec. d. C.), ma molti studiosi sono del parere che per l’architettura severa e per la monumentalità potrebbe essere identificato con uno dei “sacella” (sacrari), descritti da Cicerone ed eretti da Clodio sulle rovine dell’antica Alba Longa che, molto probabilmente, si ergeva sulla porzione di territorio che oggi ospita Castel Gandolfo. Le dimensioni sono m. 11 x 6, con un’altezza massima del soffitto voltato a botte di m. 8.
Il ninfeo è rivestito all’interno in opus reticolatum. La varietà degli stili decorativi spazia dal cornicione dorico e ai capitelli ed alle mensole dei pilastri in fattura ionica. Le teorie di nicchie che scorrono lungo i lati dell’ambiente, comprese le due sulla parete di fondo sotto un timpano spezzato, lasciano supporre che ospitassero statue. Sotto al timpano vi era il vero e proprio motore dello stupendo gioco d’acqua ottenuto tramite cascate e cascatelle, canali e canalette che venivano alimentati da uno degli acquedotti che solcavano il cratere Albano e da una serie di cisterne e condotti idrici posti dietro alla parete centrale di fondo. In epoca medievale, l’area antistante il ninfeo fu probabilmente fortificata, ma sono poche le testimonianze archeologiche che possono aiutare a comprendere questa fase.

Ninfeo Bergantino.
Conosciuto anche come Bagni di Diana, il ninfeo Bergantino si colloca si colloca a metà strada tra il ninfeo Dorico e l’Emissario Albano, sulla riva occidentale del lago rivolto verso il mons Albanus. Assorbito dalla maestosa villa imperiale di Domiziano nel I sec. d. C., il Bergantino venne riscoperto a metà dell’800 durante scavi clandestini. Il ninfeo presenta una forma piuttosto irregolare poiché in origine nacque come “cava di pozzolana”. Sviluppato in più ambienti, il più grande è il salone centrale, che presenta una vasca circolare scavata nel terreno di ca. m. 17 di diametro, e conserva ancora tracce di decorazioni musive. Sulla sinistra ed in fondo a questo ambiente vi sono degli spazi che assecondano l’andamento tondeggiante di quelle che dovevano essere le “direzioni di scavo” per l’estrazione della pozzolana. Numerosi indizi testimoniano come ad un certo punto questo monumento dovesse avere assunto una funzione termale, con Domiziano prima e con papa Alessandro VII Chigi poi, nonché la funzione di ricovero per quelle imbarcazioni utilizzate nelle naumachie dall’imperatore o per discendere le acque del lago dal pontefice. Dalla corruzione dialettale di “Brigantino” dovette avere origine il termine Bergantino.
La maggior parte dei reperti rinvenuti nel ninfeo durante gli scavi del cardinale Giustiniani, sono conservati ed esposti nell’antiquarium della villa Barberini, altri invece sono andati “dispersi”.

Emissario albano.
L’area compresa tra i Colli Albani ed il mar Tirreno è percorsa da una moltitudine di strutture di servizio atte alla raccolta, alla canalizzazione ed alla distribuzione delle acque. Madre di tutte queste opere di meccanica dei fluidi, l’Emissario del lago Albano presenta caratteristiche tecniche ed accortezze degne della moderna ingegneria idraulica, realizzato nell’omonimo lago per trasportarne e regolarne le acque fino al mare.
La sua origine leggendaria è tramandata da autori classici quali Livio (V, 19), Dionigi (XII, 8) e Plutarco (in Camillo, c. III). Vuole la tradizione che già nel IV sec. a. C. quest’opera fosse già realizzata. Se fu Domiziano (I sec. d. C.) a sfruttare al massimo le capacità dell’Emissario fornendo d’acqua buona parte della grandiosa villa imperiale che letteralmente “abbracciava” il bacino lacustre, prima di lui fu Lucio Cornelio Silla, agli inizi del I sec. a.C.,  a dare un aspetto scenografico all’entrata della galleria.
L’Emissario è composto da un cunicolo rettilineo lungo più di 1,5 Km e con una larghezza media di cm. 80 in direzione S-O, verso il mare. Lo sbocco è situato in località “Le Mole”, sempre nel comune di Castel Gandolfo, presso la cui uscita furono allestite, nel corso dei secoli, strutture di servizio che sfruttavano il fluire dell’acqua quali mulini, acquedotti, peschiere, lavatoi e vasche di raccolta. La grandiosa monumentalità dell’opera solleticò la fantasia di famosi artisti come, per citare solo il più famoso, G. B. Piranesi. Fino al 1990 l’Emissario era perfettamente attivo e funzionante, ma l’inesorabile fenomeno dell’abbassamento del livello del lago lo ha portato all’attuale stato di abbandono; tuttavia, grazie alla collaborazione tra esperti del settore ed l’amministrazione comunale, oggi può essere ammirato e apprezzato in tutto il suo fascino.


Mail: associazionetablinum@interfree.it
Autore: Alessio Biagioni
Cronologia: Arch. Romana

Segnala la tua notizia