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VULCI (Vt): L’architettura della Tomba Francois.

Ubicato nel settore di Ponte Rotto nell’ambito della necropoli orientale, l’ipogeo dei Saties, o Tomba François, ha l’ingresso rivolto a nord-est, quindi visibile dalla città di Vulci. Il dromos di accesso, lungo m. 31,5 in linea d’aria e largo m. 1,70, penetra all’interno della collina in cui venne ricavato l’ipogeo fino a raggiungere la profondità di m. 15 ca. allargandosi in fondo in un vano (ambiente I) provvisto di due banchine laterali e coperto da uno sperone della roccia.

Lo stesso dromos raggiungeva, a quota superiore, una precedente tomba a camera (m. 7,90 x m. 6 ca.) della stessa famiglia dei Saties, ricavata in un friabile e permeabile strato di ghiaia ed arenaria soggetto a crolli, che ne determinò l’abbandono, con la traslazione nel sottostante nuovo ipogeo monumentale delle spoglie degli antenati prima ivi deposti.

Sulla parete destra del dromos è scolpita un’edicola funeraria intonacata con timpano decorato da una rosetta tra serpenti.

L’impianto architettonico dell’ipogeo si contraddistingue per l’assialità e la simmetria degli ambienti; è stato anche sottolineato che i vani lungo l’asse longitudinale sono tagliati su di un modulo ricorrente (10 piedi attici). L’ambiente centrale ha la forma di una T rovesciata, il cui braccio trasversale presso l’ingresso della tomba viene comunemente definito atrio, e la porzione in asse con la camera di fondo tablino. Sulle pareti di tale ambiente, per cui si accede a sette camere funerarie, si estende la complessa decorazione pittorica comprensiva delle scene figurate, il cui distacco fu avviato nel 1863 da Pellegrino Succi su incarico del Principe Torlonia, proprietario del fondo. La fruizione da parte dei vivi del sontuoso ambiente centrale sarebbe testimoniata da ganci sul soffitto, utili alla sospensione di lucerne. Il tablino (ambiente III) ha un complesso soffitto cassettonato con lacunare centrale decorato dal volto di Caronte in rilievo; l’atrio (ambiente II) un soffitto a doppio spiovente con columen e saettoni rilevati. Dello stesso genere è il tetto della camera di fondo (cella VII), la principale del complesso, concepita come “cella aperta”, luogo in cui “la memoria della coppia più antica e illustre della dinastia e il culto di quella sovrana dell’oltretomba – Ade e Persefone – volevano proporsi inestricabilmente assimilati” (F. Roncalli). All’interno di questa camera, che si differenzia dalle altre per via del trattamento pittorico (decorazione a finta opera quadrata) e della pianta rettangolare anziché trapezoidale, si trovano anche due banchine monumentali per doppie deposizioni ed un bancone disposti ad U, di contro alle più basse banchine presenti nelle altre celle.

Dalla disposizione complessiva delle banchine all’interno dell’ipogeo si evidenzia comunque l’esistenza di un progetto architettonico volto a far sì che i singoli ambienti costituissero i frammenti di un unico vano quadrato, saldati idealmente in uno spazio unitario. Sulle pareti e sugli architravi delle celle si trovano titoli funerari dipinti, in nero o in rosso, sempre redatti da destra verso sinistra come già le didascalie del ciclo pittorico. Tra quelli all’interno della cella VII figura l’iscrizione relativa a Vel Saties, il fondatore del sepolcro raffigurato nel ciclo pittorico e qui sepolto insieme ai personaggi di maggior prestigio della famiglia.

Le camere funerarie laterali hanno soffitti con spioventi arcuati e travi maestri a rilievo, salvo la cella V, evidentemente non rifinita in quanto venne subito occupata dalle salme traslate dalla camera superiore prima degli interventi di impermeabilizzazione (con uno strato di cocciopesto) che interessarono gli altri ambienti e prima dell’esecuzione del ciclo pittorico dell’ipogeo che venne esteso, solo in questo caso, anche allo specchio della porta già tamponata.

Fasi successive dell’utilizzo dell’ipogeo vedono la graduale occupazione dell’ambiente centrale con nuove sepolture certamente non programmate in origine, la realizzazione di un muro posticcio che separò le camere IV, V e VI dal resto della tomba, con la conseguente mutilazione del ciclo pittorico in una delle sue parti più significative, e infine l’apertura lungo il dromos di tre camere secondarie (XI, XII, XIII), quattro loculi per inumazioni e forse un altro per incinerazione.

La tomba, rinvenuta intatta, restituì un ingente numero di materiali spettanti ai diversi corredi funebri e oggi dispersi in vari musei del mondo. Quelli più antichi (tra essi un’anfora attica a figure rosse del 480-470 a.C.) sono da assegnarsi alle deposizioni traslate dalla precedente tomba dei Saties all’ipogeo sottostante, gli altri sono cronologicamente inquadrabili tra la fine del IV e il II sec. a.C.

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