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Speranza AMBROSIO. No a una Pompei di cartone.

Da alcuni giorni si parla sempre più della possibilità, da parte di privati, di costruire nel territorio tra Pompei e Torre Annunziata una riproduzione molto vicina al reale di quella che era la cittadina pompeiana all’indomani della fatale eruzione del 79 d. C.
Dopo che Della Valle ha finanziato i lavori di restauro a Roma per il Colosseo, a Pompei si è pensato bene di impiegare l’eventuale capitale nella realizzazione di un’altra Pompei, da visitare con le sue case e i suoi edifici prima di entrare nella città antica vera e propria.
Questo però non è piaciuto a molti studiosi che ritengono, invece, prioritario impiegare i fondi per il restauro dell’antica città, per la tutela di quanto ancora non è stato vittima dell’incuria e del degrado, soprattutto alla luce dei crolli che si sono susseguiti nei mesi scorsi.
Pompei, secondo studiosi del calibro di Zevi e Giardina, non ha bisogno di una ricostruzione in scala o di effetti speciali per ricordare l’eruzione, ma di analisi approfondite e di studi che permetterebbero di recuperare le antiche strutture qualora un terremoto o un qualche altro evento, distruggesse quanto invece il tempo ha voluto conservare e, forse la ricostruzione della Schola Armaturarum, dopo il crollo, sarebbe stata più semplice.
Sicuramente la multimedialità potrebbe aiutare a ricordare, a capire com’era la vita in una cittadina dell’impero romano, ed ecco che una realtà come il Mav di Ercolano può venire in aiuto.
Di certo non serve a Pompei una gemella di cartone come quelle che si vedono a Cinecittà, perché le sue rovine sono ancora forte testimonianza del suo splendore. Non serve fare di Pompei un circo di luci ed effetti speciali e chiudere un occhio sui crolli, sugli affreschi che si staccano oppure dimenticare che servono fondi, fondi e ancora fondi, ma soprattutto servono persone, uomini e donne, capaci di gestire il più importante patrimonio archeologico del mondo.

Autore: Speranza Ambrosio, speranza.ambrosio0@alice.it

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