Archivi

ROVIGO. Reperti minacciati da asfalto e cemento.

Stiamo camminando su un gigantesco giacimento archeologico. L’area mediopolesana in un raggio di una quindicina di chilometri intorno a Rovigo verso Pontecchio, Gavello e Crespino, a sud est verso Grignano, Arquà e Fratta e ad est tra San Martino e Pettorazza raccoglie un estesissimo – forse uno dei più vasti d’Europa – bacino di reperti archeologici dell’Età del Bronzo e del Ferro, di epoche etrusca, romana e altomedioevale.

Un “forziere” di conoscenza sotto metri e secoli di sedimenti e che, per uno strano destino della modernità, rischia di andare perduto a causa della stessa “forza” che lo sta involontariamente portando alla luce. Già, perché il galoppante sviluppo economico e l’incombente infrastrutturazione del territorio, da una parte con scavi e movimentazione di terreno contribuiscono a localizzare e svelare nuovi siti, peraltro già in gran parte teorizzati dagli studiosi locali, dall’altra, sordi alla necessità di regolari e tempestivi interventi di bonifica archeologica chiesti dalla Soprintendenza e dal mondo scientifico, potrebbero far seppellire sotto colate di cemento e asfalto una delle fette più antiche del Polesine delle origini.
Un’emergenza, come l’ha chiamata Alessandro Grigato, vicepresidente del Gruppo archeologico di Villadose diretto da Enrico Maragno, che sta facendo accorrere gli “Indiana Jones” locali da una parte all’altra del Mediopolesine. L’ultimo allarme nell’area intorno alla Transpolesana nei pressi del centro “13” dove recenti lavori di spostamento terra e un radicale intervento agricolo hanno portato alla luce diverse testimonianze protostoriche dell’Età del Bronzo.

Il punto sulle nuove scoperte archeologiche intorno alla città lo si è fatto ieri al museo dei Grandi fiumi, dove il direttore Raffaele Peretto ha invitato esperti e ricercatori per illustrare le ultime tappe dell’intenso lavoro di studio e catalogazione. Basti pensare che si sta parlando di un’area estesa su 18.400 ettari con non meno di 740 siti già localizzati.

«La collaborazione con la Soprintendenza, il gruppo archeologico di Villadose, il Centro di studi archeologici e etnografici, l’associazione “Barbujani” e l’università di Ferrara è fondamentale – ha sottolineato Peretto – I siti di Zanforlina a Pontecchio, Larda a Gavello e Saline a San Martino confermano che la presenza etrusca nell’entroterra adriese era molto consistente. La città aveva i suoi attracchi marittimi a San Basilio e Contarina, ma la campagna ad ovest fino a Balone (Arquà) forniva il sostentamento con coltivazioni di cereali, armenti e zone di caccia».

Il problema ora è bonificare i siti che potrebbero essere interessati da ampliamenti di aree produttive e tracciati di nuove strade come per esempio la futura autostrada Nogara-mare.

«La Soprintendenza impone le bonifiche a spese di chi realizza le opere – ha risposto Peretto – Con interventi rapidi e tempestivi si recupera tutto e i lavori non registrano intralci». Insomma non deve accadere come con la Transpolesana, che tra Arquà e Fratta ha “coperto” almeno sette od otto tombe etrusche.

 


Fonte: Il Gazzettino on-line 17/12/2006

Segnala la tua notizia