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ROMA. La statua del Pugile torna a casa.

Ritorna dopo tre mesi al Getty Museum di Los Angeles, prima era rimasto un mese e mezzo a Palazzo Strozzi nella mostra “Potere e phatos”, la scultura del “Pugilatore”, un bronzo con intarsi in rame della prima età ellenistica, uno dei pochi bronzi greci conservati per intero. E’ arrivato martedì 10 novembre con un aereo cargo Lux, imballato in una tripla cassa di massima sicurezza, provvista di un sistema interno di controllo di umidità, temperatura e vibrazioni che ha registrato minuto per minuto le condizioni di viaggio.
La stessa cosa è avvenuta per l’andata, preceduta da un’accurata campagna fotografica che è stata ripetuta al momento dell’arrivo. Ad accompagnare il preziosissimo carico e stare attenti che tutto filasse alla perfezione, la restauratrice Ida Maria Rapinesi. Una volta in America, anche per ragioni di allestimento, la scultura è rimasta qualche giorno dentro la cassa, quasi per acclimatarsi, prima di mostrarsi ai visitatori che sono stati più di 170mila.
In realtà l’avrebbe voluta anche la National Gallery of Art di Washington, terza tappa della bellissima mostra sui bronzi del mondo ellenistico apertasi in primavera a Firenze, ma doveva essere “una sola sede”, per evitare stress continui e per motivi conservativi, precisa Rita Paris, direttrice di Palazzo Massimo. “Ma quando torna?” le hanno chiesto in tanti. Il pugilatore non è una delle tante bellissime opere del museo, ma una delle più significative, che “ha sfidato anche il tempo” come è scritto nella gigantografia sulla facciata del palazzo. Quasi un’icona del Museo. E molto sotto controllo, curatissima.
L’ultimo restauro degli anni ’80 è stato eseguito da Olimpia Colicicci, seguito nel 2005 da un intervento di manutenzione. “Abbiamo in programma per il prossimo anno un nuovo allestimento, volto in particolar modo a migliorare la luce e gli aspetti conservativi della sala”, annuncia Paris.
Ad assistere all’apertura della cassa e far festa, insieme con il responsabile dell’archeologia romana Francesco Prosperetti, la direttrice Paris, funzionari e personale, una folla di giornalisti e fotografi e il pugile Nino Benvenuti, campione olimpico e campione mondiale dei pesi medi. “Sono estasiata, essere vicino al Pugilatore è la cosa più bella che mi sia capitata – dice – Rappresenta uno sport stupendo, amatissimo perché è lo sport del coraggio che ti fa vedere le cose in modo diverso”. E si inchina per rispetto e gli gira intorno, indicando le incisioni sull’orecchio, le ferite provocate dai colpi, tocca il naso schiacciato tipico del pugile, le protezioni attorno alle mani, sulle nocche.
“Il pugilatore”, scoperto nel 1885 durante dei lavori di scavo sul versante Sud del colle del Quirinale, vicino alle Terme di Costantino (costruite secoli dopo), è tornato finalmente a fare compagnia al “Principe ellenistico”, rinvenuto un mese prima nella stessa area. In un’immagine d’epoca compare accanto a pale e picconi, seduto, come in attesa di essere scoperto. Era stato infatti depositato con cura tra le fondamenta di un edificio antico che doveva ospitare forse il santuario di Semo Sancus, coperto e protetto da una sabbia finissima.
Ma altro non è dato sapere. E’, come ricorda Paris, una statua avvolta da un’aura di mistero. Il contrario del Discobolo che tutti sanno è una copia romana dell’opera di Mirone. Invece del Pugilatore non sappiamo nulla. Non si sa quando è venuto a Roma, non ci sono copie se non una piccola immagine che guarda un volatile su una gemma. Eppure per la statuaria classica era normale realizzare repliche.
L’unico dato certo riguarda il ritrovamento vicino alle Terme di Costantino insieme al “Principe ellenistico”, di cui invece si conosce qualcosa perché Adriano La Regina ha decifrato le lettere incise sulla pancia che costituiscono un’antica catalogazione. Anche la datazione del “Pugilatore” ha suscitato un vivace dibattito fra gli studiosi che vanno dal IV al I sec. a. C. Ma quando ha attraversato il mare, dove era prima delle terme, in quale santuario o luogo pubblico greco è stato esposto, resta un mistero. L’unica certezza è la sua bellezza. L’atleta nudo, di età matura, a grandezza superiore al naturale, siede dopo lo scontro su una roccia con i gomiti poggiati sulle ginocchia, indossa guantoni protettivi di cuoio bordati di pelliccia, stretti da sottili stringhe e corregge e una sorta di sospensorio inguinale tipico dell’attività agonistica. La schiena e le spalle ricurve, volge il viso in alto, verso sinistra. Un volto che porta i segni del combattimento, il naso rotto, gli occhi cavi gonfi, cicatrici, lividi, tumefazioni resi evidenti dalla lavorazione del bronzo con intarsi in rame per simulare ferite e sangue e leghe diverse per riprodurre la colorazione di un ematoma. Di rame sono anche i capezzoli e le labbra. A contrasto col realismo del viso, la perfezione dei capelli e della barba e la raffinata concezione classica del corpo illeso e ancora in tensione.
L’opera venne realizzata a cera persa, la lega principale è costituita da rame, stagno e piombo. E’ formata da diverse sezioni fuse in getti separati e poi saldati. A freddo sono state rifinite unghie, barba, capelli, e peluria nella zona del petto e del pube, incise a bulino. Gli occhi erano di avorio e pasta vitrea.
Una scultura che ha grande capacità attrattiva, ricorda il soprintendente Prosperetti. E che negli ultimi anni ha girato il mondo, Francoforte, New York, Berlino, Los Angeles. Il fatto che abbia riscosso grande successo di visitatori negli Stati Uniti dimostra che si può lavorare in termini di comunicazione per far conoscere meglio un museo come Palazzo Massimo, uno scrigno di capolavori che non ha tutti i visitatori che meriterebbe.

Autore: Laura Gigliotti

Info: Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo – Roma, Largo di Villa Peretti 1. Orario: 9.00-19.30, chiuso il lunedì. Tel. 06-39967700 – www.coopculture.it

Fonte: www.quotidianoarte.it, 12 nov 2015

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