Archivi

REGGIO CALABRIA. I Bronzi della discordia.

bronzi_di_riace
Non c’è pace per i bronzi di Riace. Le statue recuperate nel mare della Locride nel 1972 da Stefano Mariottini attualmente si trovano, pro tempore, nel palazzo del consiglio regionale della Calabria, a Reggio, e non nella loro sede “naturale”, che dovrebbe essere il Museo Nazionale della Magna Grecia. Motivo: manca l’allestimento, perché mancano i soldi.

MUSEO CHIUSO A REGGIO CALABRIA. La commemorazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia avrebbe dovuto portare almeno un gesto simbolico a Sud: il restauro del museo progettato dall’architetto Marcello Piacentini tra il 1932 e il 1941, e l’esposizione, finalmente, delle statue in un contesto adeguato. Ma mancano 11 milioni di euro per finire i lavori, mentre i costi complessivi sono cresciuti, passando dagli 11,2  milioni preventivati ai 29 di oggi.
Il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) deve circa sei milioni di euro alla Cobar, l’impresa pugliese che sta portando avanti i lavori e che già nel dicembre 2011 stava facendo i bagagli. Il sito del museo segnala la chiusura «fino a fine lavori», senza indicare un termine. E i bronzi sono rimasti provvisoriamente ospitati nel palazzone fuori dal centro di Reggio Calabria. Ai margini anche della memoria.

MENO VISITATORI DEGLI IPPOPOTAMI ALLO ZOO.  La “dimenticanza” per il centocinquantennale ha quasi un valore freudiano: come dire che i bronzi con l’Italia c’entrano poco o niente. Ma a guardare la storia delle statue, dalla scoperta in poi, ci si imbatte in una vicenda paradigmatica di come vengano trattati i beni culturali sotto qualsiasi Governo. I due capolavori greci sono stati quasi sempre oggetto di diatribe politiche e d’immagine. L’affluenza di pubblico è storicamente bassissima: il Corriere della Sera riportava nel luglio 2011 che i bronzi totalizzavano un terzo dei visitatori a pagamento rispetto agli ippopotami dello zoo di Pistoia. I bronzi dovevano essere un vanto e sono quasi sempre finiti a fare da pomo della discordia.
Il penultimo inciampo è dell’estate 2011, quando la regione Calabria presentò uno spot (del costo di 2,5 milioni di euro) in cui le statue apparivano come vacanzieri piuttosto volgarotti, e che suscitò le ire, tra gli altri, dell’archeologo di chiara fama Salvatore Settis. Altri parlarono di stile alla Cetto la Qualunque. Insomma: le due sublimi statue sembravano due tamarri.
Ma la tragicommedia non finisce qui. Nel febbraio 2009 ci furono polemiche sull’idea dell’allora premier Silvio Berlusconi di trasportare i bronzi alla Maddalena per il G8. Il segretario della Cgil Reggina Francesco Alì denunciò una «trama sotterranea» del governo per spostare le statue, fatto che secondo alcuni avrebbe comportato dei rischi per i fragili reperti. La questione aveva messo sulle spine l’allora sindaco Giuseppe Scopelliti, berlusconiano in quota Maurizio Gasparri, che però non poteva dirsi favorevole allo spostamento senza rischiare il linciaggio nel suo territorio. Alla fine si soprassedette, perché dopo il tragico sisma dell’Aquila, il G8 (e le polemiche) vennero spostati in Abruzzo.

Clonare i preziosissimi reperti
Nell’ottobre dello stesso anno ci fu il sì del consiglio di stato alla “clonazione” delle statue. La vertenza andava avanti dal 2004. Dopo che c’erano stati diversi “no” al trasferimento dei bronzi all’estero in occasione di manifestazioni internazionali, per esempio, per le olimpiadi di Atene, era stata suggerita la duplicazione delle statue.
L’operazione, grazie alla tecnologia laser, non avrebbe comportato rischi per gli originali. Ma anche in questo caso molti in Calabria avevano denunciato il pericolo di una “svalutazione” dei capolavori clonati.

LA COPIA “FANTASMA” DEI BRONZI. Per la buona pace dei timorosi le copie ufficialmente non sono ancora state realizzate. Ma c’è un ma. L’archeologo Paolo Moreno ha dichiarato che già esitono delle copie delle statue, realizzate dallo scultore Dino Morsari di Rieti ed esposte dal 2004 a Tebe, in Grecia. La questione delle copie dei bronzi comincia ad assomigliare a quella del Necronomicon, il libro fantasma di cui parla lo scrittore horror H.P. Lovecraft, che avrebbe cominciato a esistere da quando qualcuno ha cominciato a nominarlo.
Chissà cosa penserà della questione bronzi il neo ministro della Cultura Lorenzo Ornaghi. Tra siti archeologici che cadono a pezzi, fondi che vengono tagliati ovunque, faide sulle nomine alle istituzioni culturali il clima non è certo favorevole a dirimere una questione quarantennale. I magnifici bronzi non si possono spostare e non si possono clonare, pena un’altra rivolta di Reggio Calabria. Il museo chissà quando sarà pronto. Nel frattempo, gli impiegati del consiglio regionale della Calabria godono, nella loro sede, di ornamenti insuperabili.

Autore
: Bruno Giurato

Fonte: Lettera43.it, 21 Gennaio 2012

Segnala la tua notizia