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NAPOLI: Il degrado dei siti archeologici dell’AREA FLEGREA.

Nell’area occidentale di Napoli si riscontrano ogni giorno mille disagi molti dei quali hanno origine dall’inquinamento provocato dalle industrie: l’impossibilità di fatto della balneazione – che dovrebbe essere vietata – nell’acqua di Coroglio dove il cemento e gli scarichi dell’ILVA prima, e dell’Italsider poi, hanno provocato gravi danni ambientali; le case piene di topi nell’area di Bagnoli.

Tra questi problemi, che ogni giorno ci appaiono nitidissimi, ce ne sono altri che vengono assecondati troppo spesso: cioè quello del degrado dei siti archeologici di tutta l’Area Flegrea. Per la cui (tentata) riqualificazione sono stati anche compiuti una serie di sprechi. Nell’Acropoli romana a Pozzuoli sono stati spesi dal comune milioni per costruire un gabbiotto per i biglietti ma, essendo il sito perennemente chiuso, esso non è mai stato utilizzato.

Le terme di Baia sono anch’esse abbandonate all’immondizia gettata all’interno degli scavi, nei cunicoli e nelle piccole grotte che collegano i vari luoghi termali. Non c’è pulizia né controllo. Si possono facilmente prelevare pezzi architettonici o artistici (molti mosaici sono stati staccati dai capitelli e dal pavimento e presi dai turisti.altri pezzi sono dispersi a terra senza una minima custodia). All’interno degli scavi sono collocate anche delle abitazioni. Quindi c’è da chiedersi se l’inquinamento dell’area non crei problemi igienici e di salute anche agli abitanti.

Nel sottosuolo dell’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli si possono trovare barre d’acciaio (per le impalcature), all’interno di quelli che, due millenni fa, erano i gabbiotti delle belve. Per non parlare dell’esterno dell’Anfiteatro, dove statue, sarcofagi, documenti epigrafici sono abbandonati senza alcun ritegno. Anche qui, naturalmente, non c’è alcun controllo.

Se questo è quello che dobbiamo mostrare ai turisti, forse sarebbe meglio chiudere i siti che sono una delle nostre più grandi fonti di ricchezza (materiale e culturale) e far capire a chi lavora che non è messo lì solo per andare al bar con il collega, ma anche per preservare, custodire o semplicemente tenere un po’ più pulito e decente il patrimonio non solo della città, ma dell’intera umanità. Forse così, rimanendo senza lavoro per un po’, essi capiranno davvero qual è il loro (ed il nostro) compito: il rispetto dovuto a coloro che ci hanno costruito il futuro.

Autore: Silvia Vacca

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